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I mille anni di Foggia

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Copertina

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“La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzio dell’antichità”. Ho preferito iniziare questo libro con una frase del sommo Marco Tullio Cicerone perché questa volta non ho voluto scrivere un testo che, in un modo o nell’altro, riconducesse a mie dirette esperienze personali ma che riuscisse a raccontare della storia della città che appartiene a me nella stessa maniera nella quale appartiene a voi. Queste pagine sono state scritte dalla storia, non da uno scrittore. Basta fare una passeggiata per Foggia, attraversare vie e vicoli per accorgersi che sono pochi i segni dei tempi, pochi quegli elementi dai quali si evince il susseguirsi dei popoli e delle culture. Avere mille anni e non dimostrarli non vuol dire non avere mille anni. A scuola mi si diceva di studiare la storia dei popoli, degli uomini che avevano fatto grandi cose ed infatti come tanti di voi ho iniziato a sapere dei Sumeri, dei Babilonesi, ho appreso le importanti gesta dei Greci e dei Romani, sono arrivato a comprendere la storia della Germania nazista; nessuno ha mai pensato di sentirsi parte di quegli eventi o si è identificato in qualche pagina che gli appartenesse. Un Foggiano non ha storia? E, se così fosse, cosa è la storia? Andiamo per ordine ed apriamo il vocabolario della lingua italiana alla parola storia: “Indagine o ricerca critica relativa a una ricostruzione ordinata di eventi umani reciprocamente collegati secondo una linea unitaria di sviluppo” Secondo quanto si possa intendere, quindi, se è vero che Foggia è nata intorno all’anno Mille e non si è mai “trasferita” , allora possiamo pensare che sicuramente non è stata sempre così e che l’hanno trasformata eventi il cui susseguirsi ha concretizzato la sua storia? Non possiamo nemmeno appellarci al pensiero di Raymond Queneau che in “Una storia modello” del 1966 diceva: ”I popoli felici non hanno storia. La storia è la scienza dell’infelicità degli uomini” Non abbiamo da raccontare eventi che hanno determinato la nostra situazione di popolazione felice, magari tutt’altro. Partiamo invece dalla considerazione che una città possa essere stata rovinata e segnata dal percorso della storia perché ricercata e desiderata per le proprie bellezze e ricchezze. Le ricchezze di Foggia sono state da sempre la sua posizione geografica ed il suo clima che hanno attirato numerose popolazioni non sempre desiderose di far crescere la città. Foggia è sempre stata ricordata come il granaio d’Italia, laddove un tempo venivano a pascolare le pecore d’Abruzzo: praticamente due primati in antitesi tra loro perché arrivati in periodi diversi ma che riuscirono a tirar fuori l’eccellenza dal territorio; addirittura ancora prima, in terra di Capitanata, Federico II si divertiva ad andare a caccia nelle grandi zone boschive che circondavano Foggia e che oggi identifichiamo con il solo bosco dell’Incoronata. Qualche trasformazione, quindi, fu determinata dalla volontà delle diverse popolazioni che si susseguirono per riportarsi a quello sviluppo di cui parla il vocabolario. Foggia fu al centro di questa natura desiderata che cambiava continuamente e quindi, poiché le conquiste non si fanno con i fiori e con le strette di mano, anche la città subì violente e radicali trasformazioni da parte di conquistatori senza scrupoli che hanno saputo cancellare segni individuati come testimoni della storia. Come non ricordare i terremoti, i saccheggi, le ricostruzioni, i bombardamenti che hanno contribuito a cancellare il trascorrere del tempo dando un aspetto alla città sempre nuovo e ritenuto sempre contemporaneo: purtroppo molto spesso ed in modo alquanto superficiale quest’ultimo aspetto ha sempre legato Foggia a vicende storiche di basso interesse e di poca rilevanza. Ma la storia è storia e va raccontata affinché una comunità possa riappropriarsi della propria identità e possa continuare a scrivere nuove pagine, traendo spunti dal passato per poter continuare a sopravvivere. In queste pagine si è cercato di rievocare date e vicende riportate sui libri di storia cercando innanzitutto di non dare giudizi ma di raccontare., soprattutto alle nuove generazioni, la propria storia, il proprio passato, cercando di narrare anche un certo modo di vivere dei propri antenati. Non sono uno storico, non voglio diventarlo perché non ne ho le competenze o forse le capacità ma questo libro è scritto con la passione di un foggiano attento alle vicende della propria terra e che spera che tutto ciò possa essere tramandato ai figli di questa terra perché si assumano le responsabilità di riportarlo a loro volta ai più giovani, sempre mossi da un sano spirito di appartenenza.

Alberto Mangano