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La battaglia e la strage dell’8 marzo 1528

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La Capitanata in particolare non cessava d’essere vista con cupidigia dai Francesi che, come gli antagonisti Spagnoli, vedevano in tanto fertile territorio dalla felice ubicazione motivi di ricchezze inestimabili. La popolazione, comunque, memore delle precedenti vessatorie imprese dei Francesi, che pochi decenni prima s’erano macchiati di sangue anche in imprese banditesche, parteggiava apertamente per gli Spagnoli, ai quali forniva ogni appoggio e persino ricetto tra le proprie mura.

Ma, a causa della successione al regno di Napoli, il meridione d’Italia era tutto un campo di battaglia tra eserciti stranieri.

L’otto marzo 1528, dodici anni dopo l’ascesa al trono di Carlo V, durante una delle fasi della lunga guerra, si trovarono gli Spagnoli presso Foggia, dalla parte della porta Picciola (porta Troia od anche Ecana), e i Francesi dalla parte opposta, verso porta Grande.

Le turrite mura e le massicce porte non valsero a salvare la città, che divenne in breve tempo terribile campo di battaglia, calpestata da cavalli e da soldati che nulla più avevano di umano, tesi com’erano nello spasmodico sforzo di superarsi.

Entrati gli uni e gli altri da bande opposte, si azzuffarono con inaudita ferocia strada per strada e perfino in tante case; finchè i Francesi non ebbero fiaccato le ultime resistenze degli accaniti rivali.

Quali e quanti furono i danni subiti dalla città e dal territorio durante le varie fasi della guerra non risulta da alcun documento e restano, pertanto, solo nell’immaginazione dei posteri. In città, tra non molto, si noterà un gran vuoto nella zona di nord-ovest, proprio presso porta Grande, ma non è possibile affermare che la sparizione degli antichi canalini e di altre costruzioni in detto settore sia stata causata dagli avvenimenti appena narrati.

V’è un altro documento del 1533 che fornisce un’idea più chiara delle condizioni della città durante i torbidi anni della guerra

Prostrata e immiserita la popolazione dalle tante soldatesche straniere, l’Università molto opportunamente si rivolse all’imperatore per gli aiuti più immediati con una supplica:

Item supplica essa Università Vostra cesarea Maestà facendoli intendere come detta Università, et Terra di Fogia avanti la invasion del regno ultimamente fatta per francesi abitava circa seicento fochi scariati li francesi de la obsidione di Napoli vennero in detta Terra diverse sorte de soldati de Vostra Cesarea Maestà, et prima alemanni demum el Coloneloo del Signore Pietro Luize fernese, e del signor Cavaliere Calotta, li quali stettero in detta Terra circa un anno in el qual tempo in primis consumorno da doi mila carra di grano de li poveri cittadini di detta Terra e poi che ebbero consumato tutto quello che trovorno in essa Terra, se posero a roinare le case ardendo ogni cosa, che trovavano in detta Terra non ne ristorno alerta de venticinque, in trenta, e questo non solum cum danno de’ poveri cittadini, ma ancora con detrimento de la detta Regia Corte per la functione fiscale, et focolari che essendo le case rovinate non viene ad havere quasi emolumento alcuno de detta Terra. Però supplica Vostra Maestà Cesarea se degna commetter al Vicerè Generale pigli veridica informatione delle cose narrate, e ritrovandosi esser così Vostra Cesarea Maestà se degni commettergli che faccia gratia de ducento carri de tratta l’anno per cinque anni acciò che con questo adiuto la Terra piglia alcuno subsidio li cittadini se vengono a rianimare a la reparatione de essa, e redurla nel pristino stato…

I cittadini erano, dunque, prostrati e affamati. La città era molto mal ridotta, parzialmente distrutta e contandosi, prima dei tremendi eventi, seicento fuochi, ossia tremila abitanti.

E’ facile, altresì immaginare il pauroso depauperamento delle campagne, di continuo attraversate da migliaia di esigenti e scatenati uomini in armi e dai loro quadrupedi e mezzi bellici.

 

(fonte: Foggia – Città, territori e genti – Vincenzo Salvato)