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La storia di Ettore ci fa riflettere

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In una città come Foggia non fa più notizia la rapina al supermercato o lo scippo all’anziana nei pressi dell’ufficio postale nei giorni del ritiro della pensione o ancora la truffa determinata da falsi operai che si intrufolano in casa per sorprendere ingenui vecchietti. Questi sono gli eventi che danno più fastidio in una comunità, sono quegli eventi che alterano la serenità delle famiglie, dei genitori sempre più apprensivi nei confronti delle nuove generazioni che via via imparano a convivere con questi pericoli in un clima di assoluta incertezza.
Senza volerci addentrare in discorsi sociologici e pedagogici, ognuno di noi alla fine cerca di comprendere il gesto, sia pur delinquenziale, riconducendolo magari ad un bisogno, ad una povertà dilagante, alla mancanza di una realizzazione attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro. C’è la necessità di comprendere il perché, di sapere dove riposizionare i paletti, perché anche la logica di uno che si comporta in modo diverso dalla massa, possa avere una sua “etica”, per quanto nalorda, ma che lo possa guidare nel suo modus operandi.
Poi, all’improvviso, conosci, attraverso i notiziari locali, la storia di Ettore, barbiere che attraverso il suo lavoro nella sua bottega in via Arpaia, ha saputo socializzare con il quartiere, ha conosciuto più generazioni tra un taglio e una sbarbata; non capisci subito, cerchi di conoscere meglio la sua storia perchè non vuoi crederci, non puoi crederci.
Ed invece è proprio così: Ettore ha subito il furto degli arnesi di lavoro e delle poltrone che gli davano la possibilità di fare onestamente il suo lavoro. A quel punto cadono anche tutti i discorsi sociologici, non puoi ricondurre tutto alla mancanza di denaro, alla impossibilità di trovare un lavoro perché al danno subito da Ettore non corrisponde il vantaggio di qualcun’altro. È una vicenda irrazionale, impossibile da comprendere.
Non vogliamo arrenderci a considerare che questa è diventata Foggia. Vogliamo credere che sia stata l’azione di qualche buontempone, uno scherzo di cattivo gusto. Solo così potremmo continuare a sperare in un futuro in questa città. Diversamente dovremmo chiudere tutto e andar via.

Alberto Mangano