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Le fiere e il folclore nel 500

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Dall’epoca federiciana l’attività commerciale in Foggia fu sempre notevole, pur se con alterne fortune. Aveva il suo periodo di maggior floridezza durante le fiere annuali che ,curate dall’Università, si svolgevano con grande concorso di Foggiani e di forestieri.

Non mancarono, in ogni tempo, concreti riconoscimenti e privilegi da parte della Corte che, a sua volta, vedeva in quelle grandiose manifestazioni delle occasioni per incrementare le sue entrate.

Proprio alla metà del ‘500, per un privilegio reale, si ebbe la prima feria franca, esente quindi da gabelle. L’affluenza di commercianti, visitatori e acquirenti dovette essere più che considerevole se l’ordinato svolgimento fu turbato da vari inconvenienti.

Nel successivo 1551 l’Università e vari cittadini rivolsero supplica al re per i provvedimenti del caso, soprattutto al fine di ridurre all’obbedienza quei commercianti che avevano causato i disordini, incuranti delle disposizioni emanate dal Mastrogiurato. Evidentemente, i Reggimentali non erano in grado d’imporre normative proprie, per cui fu necessario il tempestivo intervento regio tramite il Governatore della provincia di Capitanata e Contado del Molise.

E’ quanto emerge chiaramente da un documento di detto anno, dal quale s’apprende anche che:

…L’anno VIII indictionis 1550 che fo mastro iurato lo magnifico Marco Antonio De Braida, et perceptore mastro Angelo d’Atella fo lo primo anno che la Università de Fogia expedie lo privilegio che lo mese d’Aprile fosse feria franca in ricompensa de tre ferie che teneva la Università antiqua, et antiquissima de tanto tempo chi non ce è memoria de homo in contrario dove lo mastro iurato esercitava la iustitia civile et criminale per otto dì per ciascuna feria, et lo Capitano posava la bacchetta della iustitia et dicte ferie erono in questo tempo videlicet lo mese di ottobre alli XI de decto mese quactro dì avante, et po de Sancto Guglielmo, et Pellegrino, et così a li vinti uno de marzo quactro dì avante, et po della Nunciata e tali XXI de agosto quactro dì avante, et po del dì di Sancto Guglielmo et Pellegrino: et dicte tre ferie sonno reduce tucte nel mese d’aprile per vigore di un privilegio de sua Excellentia.

Molte erano le manifestazioni folcloristiche che si svolgevano durante le tre fiere, secondo il medesimo documento:

Item lo palio delli cavalli della sella et de varda… et lo palio della lotta in tempo erano dicte tre ferie in Fogia si correvano il dì della Nunciata alli XXV di marzo, et poi da l’anno VIII inditionis 1550 che si posposero le ferie et bandiere dicti palii sonno ordinati et cossì sonno cursi alli XXV de aprile lo dì di Sancto Guglielmo et Pellegrino et cossì si è ordinato, che se axaquite sempre.

Item lo primo de aprile lo mastro iurato fa ordine et bando che tucti citatini et forestieri però li forestieri non si ponno constrencere ma sta ad loro beneplacito che pigliano le arme, et tucti quelli che hanno cavalli cavalcano et se presentano in la casa del mastro iurato, et dicto mastro iurato una insieme con lo Capitanio, et eletti, et reggimento de dicta terra et tucto lo altro popolo ad piedi, et ad acvallo ordinatamente si partono dalla casa de dicto mastro iurato quale se farà portare la bandiera sopra la staffa del cavallo suo da uno bandoraro che ipso vorre et anderanno per la terra et si presentarrà sopra lo palazzo della iustitia di dicta terra et mecterà la bandiera alla finestra de dicto palazzo, et incontinenti posato dicta bandiera il Capitanio debia per atto pubblico seu in strumento consignar la bacchetta della iustitia a dicto mastro iurato…

Anche a distanza di oltre quattro secoli, non riesce difficile immaginare i lunghi cortei dei Reggimentali e dei cittadini, nei loro variopinti costumi cinquecenteschi, attraversare la grande arteria mediana della città per recarsi al nuovo palazzo del Capitano a porta Grande.

Parte a piedi e parte a cavallo di quadrupedi anch’essi fastosamente agghindati, sfilavano ammirati sia dalle due ali di popolo assiepato lungo tutto il percorso, sia da quelli che avevano la fortuna di godersi lo spettacolo dai balconi e dalle finestre dei palazzotti baronali.

Forse, dall’alto del campanile della Collegiata, la grande campana, con i suoi solenni rintocchi, copriva ad intervalli regolari il delicato scalpitio dei superbi destrieri e lo stesso festoso vociare della gente. Poi, nel silenzio generale, la severa cerimonia della bandiera alla finestra generale del palazzo e, infine, il grande applauso quando il Capitano regio consegnava al mastrogiurato la bacchetta della giustizia.

Erano quelle, forse, le circostanze in cui tra amministratori e amministrati ogni dissapore veniva dimenticato; e così almeno per tutto il periodo della fiera, che doveva avere la sua sede nell’antico piano delle fosse, in quella sorta di special granaio che da secoli alimentava molte popolazioni meridionali, la Repubblica Veneta, Ducati, Principati e Regni vari.

Erano anche, le fiere, i periodi più graditi ai giocatori d’azzardo, ai lestofanti e ai fannulloni, che sfruttavano ogni motivo per ricavare utili illeciti.

C’era, poi, inevitabile come sempre, il ritorno alla normalità, alla vita quotidiana, con i suoi molteplici aspetti.

L’organizzazione dei territori doganali, intanto, per evidenti motivi amministrativi e fiscali, nonché per favorire sempre l’afflusso dei pastori, aveva subito da tempo qualche variazione e integrazione. Le locazioni, inizialmente ventitrè, erano diventate quarantadue.

(fonte: “Foggia – Città territorio e genti” di Vincenzo Salvato)