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Un ricordo dei giardinetti

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A partire dall’ora crepuscolare sino a notte fonda,inverno ed estate,frotte di ragazzi e ragazze, giovani e meno giovani tutti si davano appuntamento ai giardinetti. Tanta era la gente che vi si assiepava, che veniva invasa anche la sede stradale per tutto il perimetro coincidente con il quadrilatero della Piazza ed i mezzi avevano difficoltà a transitarvi.
I giardini erano poi divisi in zone ben delimitate e tutte ben individuate dalle comitive che le frequentavano.
Così, il lato prospiciente al “palazzo con le colonne” era occupato da quanti venivano dai quartieri periferici,(cep, candelaro ecc.) Questi erano anche i primi ad arrivare con le “circolari”: la numero 9, la 2 e la 8 erano quelle più affollate. Qualcuno,ma pochi,arrivava in motorino: il ciao,il vespino e altri cinquantini in voga a quei tempi.
Il lato sinistro,guardando la caserma “Miale da Troia” era occupato dalle comitive di persone più anziane che passeggiavano avanti e dietro sul marciapiedi (allora si diceva che facevano “le vasche” )
Il lato più ambito e per il quale tutti speravano di conoscere qualcuno delle comitiva che lo frequentavano ( si,perché le comitive erano pressoché a numero chiuso) per potervi accedere, era però il marciapiede di fronte al Palazzo degli Studi. Era,questa, la sede delle comitive formate per lo più da giovani studenti liceali e universitari fuori sede ( obbligati allora mancando l’Università a Foggia) i quali ultimi davano il nome ad uno strano fenomeno detto delle “comitive a fisarmonica” perché erano composte da poche persone, durante la maggior parte dell’anno, mentre nelle maggiori festività il loro ritorno in sede determinava un rapido ingrossamento delle file dei componenti la comitiva ed allora davvero i giardinetti diventavano una vera bolgia umana.
Le persone che sostavano nei pressi dei vari alberi che delimitavano il territorio di loro competenza di questo lato dei giardinetti erano conosciuti e additati come “i fighij d’papà” oppure “quill che ten’n i sold” e qui era davvero difficile entrare in una comitiva se non si aveva una buona amicizia.
Un dato oggettivo che caratterizzava questo lato dei giardini come quello frequentato dalle persone di un certo livello,era dato dalle automobili che erano parcheggiate (per modo di dire, in realtà erano abbandonate con la radio accesa ed i finestrini aperti, sulla sede stradale) e che trent’anni orsono rappresentavano un vero e proprio status simbol .(Paranza si diceva!!) Più le auto erano nuove e accessoriate più saliva il livello di paranza che dava tanti vantaggi tra i quali il più importante e atteso era quello di “carcars a vuaglion”.
E allontanarsi dai giardini sgommando così che tutti potessero notare “il movimento”.
Ma anche tra i cosiddetti ricchi si faceva una differenza: c’erano i “cafoni arricchiti” che erano quelli che più mettevano in mostra le loro cose e i “ricchi perbene” che erano coloro che posteggiavano le loro bmw ,mercedes,ecc verso Via Volta evitando di ostentare in modo troppo appariscente il loro benessere.
Sulla scalinata del Palazzo degli Studi si davano invece appuntamento i più giovani e gli anticonformisti che,insieme al gruppo degli estremisti (di entrambi gli schieramenti politici) che si assiepavano nella rientranza tra il Liceo e Corso Roma, criticavano e,spesso sfottevano le persone di cui sopra si è detto. A volte tra i gruppi di estremisti ci scappava anche la rissa (erano quelli infatti gli anni 70,di lotta e del terrorismo) e allora intervenivano i celerini dalla vicina caserma ed era un fuggi fuggi generale.
L’ultimo lato del perimetro dei giardinetti,quello di fronte all’ingresso della caserma Miale era invece “di transito” e passeggio delle coppiette. Era infatti il lato meno illuminato e meno frequentato e di li poi si partiva, girando per Via A.da Zara, verso i famosissimi “Cavalli Stalloni” le cui cinta murarie, se potessero parlare, ne avrebbero di che raccontare.
Ai giardinetti in genere ci si intratteneva,incuranti del freddo e del gelo,sino a quando trascorrevano le ore necessarie per decidere il da farsi. Si,perché se,nei giorni dal lunedi al venerdi ci si incontrava solo per chiacchierare,il sabato bisognava decidere che fare nella serata. Così giunte almeno.. le undici (ventitré per essere precisi) finalmente si decideva di andare in pizzeria o in qualche altro locale tra i pochi che allora c’erano (la champagnotta, il london pub, ll Brass Lion e pochi altri) o per i più fortunati,tra i quali ringraziando Iddio vi ero anche io,si decideva di comperare la pizza ed altri “mangerecci” da consumare nella villa in compagnia di qualcuno degli amici.
Durante il periodo delle festività natalizie che,come ho già detto, erano numerosissimi i frequentatori dei giardini di piazza Italia per via del rientro in città di quanti studiavano fuori sede,tutti attendevano con trepidazione,in particolare gli studenti,l’arrivo del 20 dicembre che segnava per Foggia l’inizio ufficiale delle feste di Natale e di quelle scolastiche. Si teneva infatti in quel giorno la bellissima e indimenticabile (almeno per noi che l’abbiamo vissuta e gestita in prima persona) festa della matricola.
Se qualcuno leggendo queste parole crede che “la festa della matricola” sia quella che si svolge oggi (ma a proposito si fa ancora..??) beh! Si sbaglia di grosso.
La festa della matricola era un evento atteso e preparato meticolosamente da mesi prima. Si tappezzava la città di manifesti scritti in “Latino maccheronicum” che era una specie di lingua Latina/foggiana nei quali manifesti si pubblicizzava il programma che comprendeva tra le altre cose: Il corteo; La festa alla matricola; il processo alla matricola; la consegna delle chiavi della città e tante altre cose che il comitato organizzatore,tra i quali Peppino La Torre,Franco Roggia,Peppino Baldassarre, Attilio Scarpiello e tantissimi altri, erano maestri nell’organizzare. Il giorno della festa era una vera apoteosi. Centinaia di giovani universitari sin dalle prime ore del mattino adornati con magnifici cappelli a punta ,che per la maggior parte avevamo acquistato dal buon Veccia, al corso, dai colori più sgargianti (secondo la facoltà frequentata: Azzurro, Rosso, Bianco, Giallo,ecc) e sui quali erano apposti, secondo uno stretto regolamento e in base all’anno di iscrizione all’università: gingilli, oggetti, simboli, fischietti e tanto altro ancora, si davano appuntamento davanti alle scuole di Foggia dove giungevano con colonne di auto festanti ed occupavano simbolicamente le scale di accesso e venivano abbracciati e salutati dagli studenti che quel giorno non sarebbero andati a scuola dando cosi inizio alle festività di Natale.
Poi ci si divideva in gruppi di 5 /6 universitari e si andava in giro per i negozi di Foggia per la “questua” che si faceva porgendo il cappello al titolare e chiedendo un contributo per la festa. Altri universitari si portavano invece nei pressi degli incroci stradali più trafficati con analoghe motivazioni. Erano rari i rifiuti di collaborare. Le persone che passavano erano liete di partecipare simbolicamente alla festa.
Poi il raduno davanti al municipio,il corteo,il processo con la relativa scontata condanna della matricola da parte del “triunvirato” con il conseguente pagamento del pegno e per finire grandi mangiate presso i locali dell’epoca.
Questa era la vera e tradizionale festa della matricola. Indimenticabile….

A conclusione di questi “scorci di ricordi” vorrei però raccontare a tutti i lettori che conoscono solo ora Piazza Italia,che non sempre i giardinetti sono stati frequentati dalla gioventù foggiana. Prima del boom che sopra ho descritto,ed in particolare sino alla fine degli ani sessanta ed ai primi degli anni settanta,i giardinetti erano altrettanto frequentati ma,forse questa è una sorpresa anche per molti storici di Foggia, da interi e numerosi gruppi famigliari.
Tantissime mamme con i loro figli,nelle calde serate foggiane,da maggio in poi, la sera si davano appuntamento in Piazza Italia e li puntuali arrivavano con i loro figli e prendevano posto sulle panchine, bellissime, in ferro, che adornavano la piazza e mentre tra di loro trascorrevano il tempo discutendo delle cose più varie, noi ragazzi impazzivamo di gioia con le biciclette, giocando a nascondino e..naturalmente a pallone. Allora esistevano ben due campi di calcio nei giardinetti. Quello grande di fronte all’ingresso della caserma che andava da un lato all’altro della piazza e dove c’erano due alberi per parte a fare da pali della porta. Il campo piccolo era invece quello lungo il marciapiede laterale. Tra noi ragazzi si facevano interminabili partite che si interrompevano solo quando diventava buio e nemmeno le luci della piazza erano più sufficienti per vedere la palla.
Ma,in genere, la partita terminava per un altro motivo di tipo “goloso”. Infatti alcune mamme per conto di tutte le altre verso la solita ora (tra le otto e le nove) si portavano presso la famosissima ed indimenticabile rosticceria, sita in via Cirillo,poco prima del “Sottozero”, il “Panzerotto d’oro” senza dubbio il miglior panzerotto che la storia di Foggia ricordi. Fritto ma mai oleoso; croccante al punto giusto,una vera delizia che aveva il potere di richiamare tutti i bambini e ragazzi all’ordine. Molti di noi piccoli aspettavamo poi con le nostre mamme che ritornassero dal lavoro i nostri papà che rientravano la sera presso la caserma Miale che ancora oggi è in Piazza Italia ma che allora era viva e pulsante. Nella caserma vi era infatti anche la sezione della Polizia Stradale nella quale mio padre e moltissimi altri papà dei miei amici del tempo con i quali ci trovavamo la sera ai giardini, lavoravano. Per noi vederli tornare con le moto illuminate vestiti nella loro splendida divisa era una gioia indescrivibile ed allora correvamo ad abbracciarli; poi attendevamo che, sistemate le “cose del lavoro” uscissero dal portone della caserma e tutti insieme facevamo ritorno a casa??
Qui mi fermo,per non annoiarvi troppo e per non essere preso dall’emozione dei ricordi che ancora oggi transitando per quella piazza noi ex ragazzi proviamo.

(Salvatore Aiezza)

(ved.anche Piazza Italia)