La visita di Ferdinando II a Foggia
Il 2 maggio 1831 giunge da Napoli notizia che, per visitare la fiera, verrà a Foggia il Sovrano e che lo stesso vi permarrà dal 15 al 19 maggio.
E’ la prima delle ricorrenti e tradizionali visite di Ferdinando alla fiera, e la città, che ha visto l’ultima visita di un sovrano ai tempi di Gioacchino, è colpita come non mai dalla felice notizia.
La cosa è particolarmente lusinghiera per i foggiani in quanto si tratta di una delle prime visite del nuovo Re, da poco salito al trono, compiuta ad una delle sue province.
Tale visita assume particolare importanza per le nostre vicende, in quanto, nella nota della Segreteria di Stato del Re a Napoli, è detto testualmente che il programma della presenza del Re a Foggia dovrà prevedere corse di cavalli, gran festa da ballo, fuochi artificiali e teatro.
Ci furono frenetici preparativi allo svolgimento della visita, dalla mobilitazione delle popolazioni e della classe politica (con i suoi interessi e necessità) a quello degli aspetti mondani e “di prestigio” della società civile.
La mattina del 15 maggio, la città di Foggia presentava un’animazione straordinaria. Malgrado il tempo piuttosto inclemente, tutta la popolazione si è riversata nelle strade, anche se è a conoscenza che il Re arriverà a Foggia solo nel primo pomeriggio.
Infatti il Sovrano si è voluto, nella mattinata, fermare nel Sito Reale di la Cecilia, anche per dare un’occhiata ai suoi cavalli che saranno venduti, sotto il suo attento e competente occhio, il giorno dopo alla fiera.
Alle quattro precise il suono delle campane di tutta la città avverte che il solenne momento è arrivato e i foggiani e le autorità cittadine, tutte in uniforme o in abito di corte, si riversano sulla strada Egnazia, l’attuale via Napoli, per rendere omaggio al Re.
I balconi delle case lungo il percorso reale fino alla Cattedrale e poi a Palazzo Dogana sono stati ricoperti, come d’uso, di broccati e coperte.
La carrozza reale giunge scortata da un drappello di Cavalleggeri della Guardia Reale; ai lati degli sportelli, il comandante la Guardia Reale, Duca di Roccamarana e il colonnello Ciccone, comandante le Armi della Capitanata; alle spalle della carrozza reale una compagnia del Reggimento “Foggia” di stanza nella città.
Il regale corteo si ferma davanti alla Porta di Sant’Agostino, tradizionale limite della città ad occidente, per ricevere l’omaggio dell’Intendente Santangelo, del Sindaco marchese De Luca e di tutte le altre autorità cittadine.
Qui il Sovrano, con atto di squisita degnazione, ospita nella carrozza l’Intendente e il Sindaco.
Il corteo entra in città fra due ali di popolo festante.
Davanti alla Cattedrale, nel piazzale antistante, lo attende, preceduto dal Capitolo, il Vescovo Mons. Manforte in tutta la sua pompa vescovile. Dietro di lui il Pallio sostenuto dai Decurioni.
Il Re ed il seguito entrano quindi nella Cattedrale che offre uno splendido colpo d’occhio con gli invitati di riguardo.
Davanti all’altare il corteo si ferma e si inginocchia per ringraziare dell’avvenuto felice esito del viaggio e ricevere la benedizione del Vescovo.
Dopo la breve cerimonia religiosa, il corteo esce dalla chiesa e qui, riprendendo un gesto di sovrana benevolenza già effettuato dal nonno Ferdinando e dal padre Francesco, durante la loro visita a Foggia nel 1797, il Sovrano compie a piedi il breve tragitto che lo separa dal Palazzo Dogana, dove alloggerà, fra il tripudio della popolazione appena trattenuta dal servizio d’ordine. Qui egli si ritira nei suoi appartamenti, che sono gli stessi occupati dal suo avo trent’anni prima e prospicienti l’attuale corso Garibaldi, ma le invocazioni della popolazione festante lo inducono, segno di grande benevolenza, ad affacciarsi al balcone per salutare la folla.
La sera stessa del 15 maggio Ferdinando si reca al Real Teatro che porta il nome del suo avolo, affollatissimo in ogni suo ordine illuminato a giorno, ricevuto da gentiluomini foggiani fra cui il Sindaco De Luca e il Giudice Regio, portanti torce a cera.
Egli prende posto nel Palco Reale addobbato nel modo più elegante, in compagnia dell’Intendente e del suo aiutante di campo Duca Marulli.
Lo spettacolo ha inizio con una “Cantata” in onore del Sovrano al termine della quale il pubblico festante grida “Evviva il Re”; segue la rappresentazione dell’opera “Gli Aragonesi in Napoli” di Carlo Conti. A metà spettacolo il Re, stanco, si ritira per far ritorno al Palazzo.
La sera seguente, il 16, allo spettacolo teatrale il Re non partecipò a causa del protrarsi della pubblica reale udienza, una delle novità del nuovo modo di governare del giovane Re.
Le sere del 17 e del 18 maggio assistette a teatro al primo atto dell’opera di Donizetti “L’esule di Roma”. Proprio la sera del 18 il Re a dimostrazione della sua benevolenza e familiarità, assistette allo spettacolo nel palco della marchesa Teresa Saggese imparentata col Sovrano in quanto nata Filomarino della Torre.
Il Re tornò a teatro anche l’ultima sera della sua permanenza a Foggia, il 19 maggio, ma questa volta non per lo spettacolo, ma per il gran Ballo di Gala in suo onore.
E’ la prima volta che le sale del Ridotto vengono utilizzate per una tale solenne circostanza e non è difficile immaginare l’importanza e la valenza sociale di tale avvenimento per la città. E’ la consacrazione dell’avvenuta “promozione” della nuova borghesia agraria che vede sotto il felice Regno del giovane Ferdinando, un prospero futuro, sociale ed economico. Il gran ballo scatena pertanto tutta una ricerca di riconoscimenti, di affermazioni e di ambizioni della società foggiana ed infatti per quella sera si assistette ad una corsa frenetica per accaparrarsi un invito.
Il Ridotto venne decorato in maniera lussuosa, e nelle sale laterali venne anche allestito un buffet con “rinfreschi e sorbetterie” e in un angolo, tutta l’orchestra del teatro al completo con un repertorio di valzer, gavotte, mazurche, quadriglie con esclusione della polka, considerata a quel tempo, nel Regno, un ballo “osceno”.
Alle 10 di sera il teatro splendeva in tutta la sua magnificenza per l’elegante e nient’affatto provinciale presenza della buona società foggiana.
Le donne hanno particolarmente curato le loro splendide toilette, ansiose di piacere al giovane Sovrano, che ha solo 21 anni ed è certamente un bell’uomo, bruno, robusto (non ancora grasso, come fra breve sarebbe diventato) con quel suo naso “alla francese” come si diceva allora.
Fra le più ammirate le foggiane “titolate”: la marchesa di Rignano, la marchesa Teresa Saggese, la marchesa Filiasi con la figlia donna Rosina, la marchesina Filiasi, nata Bagnara-Ruffo…
Il Re rimase fino alla fine della festa e cioè fino alle quattro del mattino, mescolandosi agli invitati, affabile con tutti e soprattutto ballando quasi tutta la sera con le elette fanciulle ospiti e sollevando l’entusiasmo degli invitati.
Il giorno dopo, accompagnato dalla malinconia di un’intera città il Sovrano partì da Foggia.
Il Sovrano tornerà a Foggia il 5 maggio del 1833 di ritorno da Bari e Lecce e in quell’occasione viene condotto alla villa comunale, il cui ingresso monumentale in quei giorni è stato completato, per assistere alle corse dei cavalli, sua ben nota passione. La sera di nuovo a teatro per il Gran Ballo in suo onore e decide di ballare tutta la sera con la marchesina Filiasi. Il giorno dopo egli lascia la città.
Il Re tornerà a Foggia ancora il 24 maggio del 1846, per l’ultima volta, accompagnato dalla moglie la Regina Maria Teresa.
Fonte: “A.Vitulli – I teatri di Foggia nei secoli XVIII e XIX -Daunia Editrice”