La guerra dal convento
La guerra dal convento
La tragica estate del 1943 nelle Cronistorie della Parrocchia e del Convento dei Cappuccini di Sant’Anna di Foggia
Grazie al compianto Savino Russo un giorno ricevo questo opuscolo “La guerra dal Convento” del Cenacolo “Contardo Ferrini” edito da Studio Stampa – luglio 1993, al quale aveva collaborato lo stesso Savino. Questa pubblicazione è un’altra triste testimonianza di tutto quello che Foggia subì nei terribili giorni del 1943:
Presentazione
Con la prima incursione aerea e relativo sganciamento di bombe sul campo di aviazione, alle ore 12,15 del 28 maggio 1943 ha inizio la più tragica stagione di morte che Foggia abbia dovuto conoscere.
Cinquant’anni , da allora.
Tutto l’orrore della guerra si è rovesciato indiscriminatamente su perversi e innocenti, tributo di morte inumana pagato all’orgoglio ideologico.
Due date sopratutte: 22 luglio e 19 agosto 1943.
L’umile cappuccino del convento-parrocchia di Sant’Anna, incaricato di scrivere la cronistoria, accompagna giorno per giorno Foggia nella sua salita al calvario.
Nessuna pomposità nello stile.
Nessuna invettiva contro gli uomini.
Gli sbagli tragici della storia degli uomini si commentano da sé. Eppure quelle parole scritte in contemporaneità con gli eventi conservano una intrinseca forza revocatrice: si rifletta ad una pioggia assordante di bombe che dura per un quarto d’ora circa, abbattendo edifici, aprendo buche sulle strade e assordando le orecchie. Si aggiunga il rombo di numerosi apparecchi, i quali, sicuri del fatto loro non cercano l’incolumità nell’altezza, ma rasentano i tetti, facendo traballare il suolo oltre che tremare le case… così per sette volte, e si potrà immaginare a quale scuotimento, a quale spavento l’organismo sia andato soggetto”.
La Parrocchia, nelle sue case e nei suoi abitanti, è seguita con trepido amore: si dà un numero preciso alle case crollate e alle vite umane. La partecipazione affettiva del frate cronista si evidenzia con la famosa semplicità francescana: ”verrebbe voglia di piangere piuttosto che di scrivere”.
Si ripropongono oggi queste pagine scritte più con lacrime che con inchiostro; e questo, non per riaprire una ferita dolorosa, ma proprio perché la ferita non più si riapra!
E il pericolo c’è e lo vediamo oggi in episodi di deprecabile razzismo e nei riguardi nazi-fascisti.
Riproporre la lettura di eventi dolorosissimi può essere veramente un atto di amore per l’uomo, un augurio sincero per i suoi giorni da vivere nella giustizia e nella pace.
Padre Giancarlo Giannasso (cappuccino)
1943
28 maggio: L’A.C. Femminile ha festeggiato l’onomastico del Parroco in fraterna fusione di iniziative col Terz’Ordine Femminile. La Messa in musica è stata cantata dalle socie. Numerosa la Comunione. L’assemblea del pomeriggio con dialoghi e discorsivi non è stat troppo animata, ma è stata una bella prova di affetto e di gratitudine verso il festeggiato, perché si è tenuta nonostante ci fosse stata – per la prima volta – l’incursione aerea.
Alle ore 12,15 si è avuta la prima incursione aerea con sganciamento di bombe sul campo di aviazione. Fra le vittime – che sono parecchie – vi è anche un uomo della nostra parrocchia. (CP 49)
30 maggio: Alle ore 13, seconda incursione. Il nemico ha sganciato bombe sul campo di aviazione. Grazie a Dio, non si lamentano vittime fra i connazionali. (CP 49)
31 maggio: Oggi alle 12,40, notevole numero di aerei nemici ha fatto la terza incursione sulla città, sganciando grande quantità di bombe sul campo di aviazione e sulla stazione. Danni ingenti. Numerose vittime (circa 82), e numerosi feriti. Fra questi, vi sono tre della nostra Parrocchia e il Segretario della “Pia Unione di Sant’Anna”, Nicola Fariello.
… il 31 non vi erano in Chiesa neppure dieci persone!…
– Mamma nostra bella, a quando il sorriso della pace?… (CP 50)
Giugno. Il mese del S.Cuore che usavamo celebrare con predica e canti festosi ogni sera, lo celebriamo alla meglio possibile, per i motivi suaccennati. Il numero dei fedeli, però, è discreto, perché molti di quelli che si erano allontanati sono ritornati, o per una certa tranquillità subentrata al primo panico, o per necessità di vita. (CP 52)
21 giugno: alle ore 0,30 si è avuta ancora un’incursione. Il nemico ha sganciato qualche bomba e tirato colpi di mitragliatrice sulla stazione.
Grazie a Dio, non vi è da lamentare nessuna vittima, anzi neppure un ferito. (CP 52)
23 giugno: All’una (diciamo all’una, non alle 13) vi è stato un allarme durato un’ora.
La contraerea è entrata in azione con pochi, ma forti colpi.
La gente, per ripararsi, è saltata nel fossato scavato per fabbricare il paraschegge…, il quale, dopo mesi, è sempre di là da venire. (CP 53)
26 giugno: Anche questa notte, allarme dall’1 alle 2,20.
L’incursione è avvenuta alcuni chilometri lontano dalla città. (CP 53)
15 luglio: Esattamente dopo un mese e mezzo dall’ultima incursione, oggi se n’è avuta un’altra alle 14,36. E’ stato gravemente danneggiato il “Parco Militare”. Le fiamme sprigionatesi da questo hanno investito dei carri di benzina ed altri di munizioni, che si trovavano sulla vicina linea ferroviaria e che sono esplosi con detonazioni spaventose. Moltissimi vetri sono andati in frantumi. L’allarme è durato circa quattro ore. (CP 54)
22 luglio: Alle 9,30, allarme; subito dopo, incursione, la più tremenda avuta finora. Nelle altre quattro il nemico avevo preso di mira solamente obiettivi militari; ma questa volta non ha rispettato che un principio barbaro: seminare strage e rovina. Quanto a Foggia, si debbono registrare morti e feriti a centinaia e centinaia e un migliaio di famiglie senza tetto.
E’ il non plus ultra.
Danni ai vetri si sono avuti anche in Chiesa ed in Convento. Fra le abitazioni colpite vi è una casa antica della nostra Parrocchia.
Dopo la prima ondata, il Parroco – M.R.P. Emilio da Matrice – è uscito per la Parrocchia per recare una parola di conforto; ma ha dovuto rifugiarsi in una casa. Tra i feriti vi è un nostro figliano, De Filippo Antonio, dimorante in Via Sant’Antonio. (CP 54)
… La zona edilizia moderna è stata devastata. Sono rimaste senza tetto un migliaio di famiglie. Di più, anziché di meno. Nei pressi dei palazzi INCIS le vie erano disseminate di cadaveri. Il nemico ha agito, senza distinzione, su tutto e tutti, con bombe, mitragliatricie cannoncini. Di un battaglione di soldati, rifugiatosi nella Villa, con a capo un maggiore, non ne è rimasto uno vivo. E i morti che stanno sotto le macerie? A distanza di 12 giorni, scavando in una delle zone colpite, sono stati ritrovati 24 cadaveri. I bombardieri nemici sono piombati sulla città in modo fulmineo ed improvviso e troppa gente non ha potuto raggiungere i rifugi.
Alla stazione poi si sono avuti danni incalcolabili. Ogni binario era occupato da un treno. Vi erano due treni pieni di tedeschi e contro di essi si è sfogata l’ira del nemico. Ma si capisce che hanno pagato anche quelli che comunque si trovavano nella stazione, come – per esempio – un treno viaggiatori, proveniente da Roma, pieno di gente che sfollava in seguito dell’incursione del 19 luglio sulla Capitale. I binari e i treni sono saltati in aria, formando poi una montagna di ferro contorto. Per un calcolo approssimativo, riferiamo che di carri merci ne sono stati distrutti o messi fuori usa circa cinquecento. Molta gente si era rifugiata nei sottopassaggi, dove trovarono la salvezza quelli che si rifugiarono il 31 maggio. Ma il 22 luglio si è verificato un caso straziante, raccapricciante, per cui verrebbe più voglia di piangere piuttosto che di scrivere.
Le sei uscite di uno dei sottopassaggi sono rimaste ostruite, parte dal crollo del lato destro della stazione, parte dal crollo di muri di tufo eretti a protezione delle uscite. Quindi, tutta la gente che si trovava lì, si è presto trovata alle prese con la mancanza di aria.
Ma ecco sopravvenire un tormento indescrivibile. In stazione si trovava anche un treno carico di benzina. Colpito il treno, la benzina si è riversata dalle enormi botti in fiotti di fiamma ed è penetrata nel sottopassaggio.
Quale morte atroce hanno fatto quei poverini!…
Dopo quattro giorni si voleva liberare le uscite, ma bisognò desistere, perché vi erano ancora fiamme. Solo il 7 agosto – ossia dopo 16 giorni – è stato possibile penetrarvi e non si è trovato altro che cenere. Quei poverini, dunque, sono morti cremati. (CC 78)
23 luglio: Dall’alba fino alle 13 non si è avuto un po’ di calma. Sette allarmi! (CP 55)
26 luglio: La festa di Sant’Anna è passata come una data comune. Si è fatta la novena (era stato invitato il P.Giulio da S.Giovanni Rotondo, ma questi ha stimato più sicuro non muoversi da S.Marco La Catola), si sono celebrate 3 messe piane e una Messa parata; ma la gente è stata soltanto quella di tutti i giorni. (CP 55)
Ieri alle 22,30, la radio annunziò la caduta di Mussolini e del suo partito e la nomina – a capo del Governo – del Maresciallo d’Italia S.Ecc. Pietro Badoglio. (CP 55)
7 agosto: Ieri, S.Ecc. il Vescovo mandava una lettera al Parroco, comunicandogli che le Autorità Militari gli avevano chiesto che, fra le altre, anche la Chiesa di Sant’Anna annunziasse – quando fosse il caso – lo stato d’emergenza col suono della campana. S.Ecc. Mons. Farina faceva sapere di aver dato il suo nulla-osta, raccomandava di non negarsi a quest’opera di carità per la città ed annunziava che sarebbe venuto un ufficiale incaricato a dare spiegazioni e a prendere accordi. Ed oggi è venuto un tenente ed è stato ricevuto dal Vice-Parroco, P. Ambrogio da S.Giovanni Rotondo, perché il Parroco – M.R.P. Emilio da Matrice – si trova a Campobasso per la Congregazione. L’ufficiale, saputo che i cappuccini ben volentieri avrebbero adempiuto a quest’opera di carità e di amor patrio, ha spiegato che il segnale di emergenza sarà dato con sei suonate di campana a stormo della durata di un minuto primo ognuna, con intervallo di un minuto prima fra l’una e l’altra, ed ha precisato che la notificazione ci sarà portata da una persona un’ora o mezz’ora prima che si debba suonare. (CP 55)
16 agosto: Allarme dalle 12,15 alle 13,15 ed incursione su obiettivi nei dintorni di Foggia. (CP 56)
19 agosto: Oggi, dalle 12 alle 15, si è avuta quella che può e deve dirsi la rovina della città di Foggia. Lo scopo dell’incursione è chiaro per il fatto che oggi sono stati risparmiati proprio gli obiettivi militari. Sette sono state le ondate devastatrici e terrorizzanti.
La prima, che è tra le più tremende, è cominciata a metà del terzo sibilo della sirena. Le prime bombe sono cadute sulla centrale elettrica spezzando l’allarme. Non staremo a descrivere l’effetto morale dell’incursione, non diremo su coloro che non hanno un riparo ancora discreto, ma su quelli che stavano nei rifugi rassicuranti. Si rifletta ad una pioggia assordante di bombe che dura per un quarto d’ora circa, abbattendo edifici, aprendo buche sulle strade e assordando le orecchie. Si aggiunga il rombo dei numerosi apparecchi, i quali, sicuri del fatto loro, non cercano l’incolumità dell’altezza, ma rasentano i tetti, facendo traballare il suolo oltre che tremare le case. E dopo circa un quarto d’ora di quiete, mentre i nervi cominciavano a calmarsi, ecco la seconda ondata, uguale alla prima. Poi un quarto d’ora d’intervallo, ed ecco la terza ondata. Così per sette volte, e si potrà immaginare a quale scuotimento, a quale spavento l’organismo sia andato soggetto. Tutti i frati e i pochi borghesi che usavano rifugiarsi in Convento, pregavano fervidamente. I sacerdoti si sono assolti vicendevolmente e hanno assolto gli altri. Il M.R.P. Provinciale ( e tutti lo hanno constatato) è stato – come sempre – esempio di preghiera continua, ininterrotta. Ed un fratello laico – fra Carmine da Vico Gargano – diceva al Cronista e al P. Bernardo da Pietrelcina: “Io dico che siamo salvi per le preghiere del Provinciale che non si è distratto dalla recita del Rosario neppure nei momenti più terribili”. E veramente, tralasciando a chi debba ciò attribuirsi, la salvezza del Convento e dei frati ha del prodigioso. Bombe ne sono cadute attorno a breve distanza con schianto che faceva ogni volta paventare il crollo. Una delle prime bombe è caduta dinanzi all’arco delle Croci, e le schegge hanno frastagliato la facciata del Convento dalla parte dei balconi, penetrando nella stanza del Guardiano, fortunatamente vuota. Un’altra bomba è caduta innanzi al cancello di Sant’Eligio. Un’altra in piazza Sant’Eligio. Una bomba abbatteva una casa tra via Corona e vico Giglio al punto dove finisce via S.Nicandro. Il Convento ne è stato così scosso che sono rimaste rovinate tutte le finestre; una lesione si è formata anche nei muri esterni della facciata prospiciente Piazza Corridoni, una scheggia penetrava nella seconda stanza dalla parte del Coro, perforando la parete in corrispondenza di uno stipo a muro.
Non parliamo di vetri: frantumati quasi tutti, anche in chiesa. Per dare un’idea della violenza delle esplosioni, citiamo due fatti. Un autocarro tedesco è stato sbattuto, dallo spostamento d’aria della bomba caduta davanti all’arco delle Croci, contro lo spigolo della casa di Generoso. I due militari che si trovavano sull’autocarro – poverini! – ne hanno avuto le viscere fuoriuscite. Il Vicario è acorso e ha loro impartito l’assoluzione sub conditione, non sapendo se fossero cattolici o no. Un risucchio d’aria ha portato la colonnetta della stanza del Guardiano – da vicino al letto – presso una delle finestre. Delle chiese, è stata colpita la Cattedrale, che ha avuto rovinata la crociera, e propriamente il braccio a sinistra di chi guarda l’altare maggiore; e San Giovanni di Dio, che ha riportato danni al tetto per violenta precipitazione di tufi e pietre di un’abitazione vicina colpita in pieno. La città, rovinatissima, è stata subito evacuata. Le vittime sono numerosissime. Quanto ai frati, il M.R.P. Provinciale, ad incursione finita, ha dato piena libertà di recarsi in altri Conventi. (CC 82)
La Parrocchia ha subito i seguenti danni:
- a) via Freddo, crollate 4 case e un portoncino; morti 10.
- b) vico Zoccolo, crollata una casa.
- c) via Corona, crollate 7 case e un portoncino.
- d) Traversa Occidentale, crollate 2 case.
- e) vico Giglio, crollate 2 case.
- f) piazza F.Corridoni, seriamente danneggiate 2 case.
- g) vico Fosco, crollate 2 case.
- h) via della Grazie, crollate 4 case; morti 4.
- i) via Cesare Oddone, crollate 2 case; morti 1. (CP 57)
26 agosto: Il 20 rimanevano qui soltanto il M.R.P. Provinciale, il Segretario M.R.P. Ignazio da Jelsi e fra Leone da Tora. Stamane anch’essi – poiché la Parrocchia è completamente deserta – si sono recati: i M.RR. a San Giovanni Rotondo, dove sta quasi tutto il resto della Comunità, e fra Leone a S.Marco La Catola. (CP 57)
8 settembre: alle 19,30 si è avuta la bella notizia dell’armistizio separato dell’Italia con gli anglo-americani e con i russi. Deo gratias! Il popolo, dapoco uscito dalla Chiesa, vi è subito ritornato, per effondere con grida e lacrime il cuore grato alla SS.Vergine. Ma, fin dall’indomani, la gioia diventa tristezza e dolore. La severcheria tiranna dei tedeschi, già ben nota, ha trovato degli alleati in molti fascisti che – apparentemente o celatamente – collaborano con essi; ed in molti comandanti di truppe, i quali, per viltà o tradimento, hanno fatto deporre le armi ai propri soldati per consegnarle a quello che si diceva nostro alleato. Soprusi, estorsioni, rappresaglie senza misura, distruzioni: ecco il regalo che ci stanno lasciando i tedeschi. Per ora non è più possibile muoversi, senza andare incontro a pericoli. D’altra parte, molte strade sono interrotte (CC 89)
30 settembre: il 28 sono entrati in Foggia gli Inglesi. Oggi da Cerignola è tornato il Parroco, M.R.P. Emilio da Matrice. La notizia è stat accolta con gioia dai filiani residenti nelle masserie viciniori ed il venerdì del mese di ottobre sarà domani celebrato in unione con Gesù Eucaristico (CP 58)
1 ottobre: Il M.R.P. Provinciale, P.Ambrogio e fra Amedeo rientrano da S.Giovanni. La Parrocchia si ripopola rapidamente e a mano a mano si ripiglia la vita religiosa. (CP 58)
4 ottobre: La festa del Serafico Padre viene celebrata con tutto l’affetto filiale; ma con quella solennità che è possibile. (CP 58)
A margine
Nelle cronistorie del convento e della parrocchia di Sant’Anna di Foggia non si fa storia per la storia ma, piuttosto, si scrive un diario di famiglia; un diario scritto dai frati per i frati che verranno.
Una storia di casa intima e discreta che, attraverso la scrittura del cronista di turno (che, pure, per quanto si sforzi di non farlo, qua e là lascia affiorare personali pensieri e valutazioni), tende sempre e comunque a presentare vere e continue prove che la Pace e il Bene – il Regno di Dio – vanno diffondendosi e progrediscono con il sacrificio di ciascun frate della comunità.
A coloro che verranno – a coloro per cui le cronistorie sono scritte – è chiesto di portare “oltre” il testimone.
Un po’ a disagio, dunque, sentendoci in qualche modo degli … intrusi, ci siamo sforzati di cercare in quelle pagine quanto ci interessava: giorno dopo giorno, a volte ora dopo ora, abbiamo ritrovato la cronaca puntuale dei terribili giorni dell’estate ’43.
Cronaca quasi decantata, filtrata – anche quando il fatto è accaduto un attimo fa – attraverso le finestre del convento. E, tuttavia, niente viene taciuto: neppure l’umana, fisica paura dei frati.
Troppo facile e molto stupido non provare paura in circostanze come quelle narrate.
I frati di Sant’Anna, nonostante tutto, restano invece al loro posto fin quando è possibile e utile: P.Antonio Maria da Sant’Elia, cappellano dell’Ospedale, spesso coadiuvato da P.Emilio da Matrice (guardiano e parroco di Sant’Anna) e – il 22 luglio – anche da P.Elia da Serracapriola, conforta ed assiste i feriti e dà coraggio a tutti.
I tre frati si adoperano anche nel trasporto dei feriti.
Il bibliotecario del convento, P.Luigi da Nola, offre spesso la sua collaborazione ai confratelli.
Alla “Maternità ed Infanzia” presta la sua opera P.Angelico da Sarno.
I primi bombardamenti di maggio hanno visto all’opera il suo sostituto, P.Evangelista da S.Marco in Lamis.
Il Provinciale, P.Agostino da S.Marco in Lamis (il convento di Sant’Anna all’epoca è sede del superiore e della curia provinciale), resta al suo posto fino al 26 agosto, assistito dal segretario, P.Ignazio da Jelsi, e dal vecchio, fedelissimo fra Leone da Tora, il quale abbandona il convento solo quando è sicuro che tutti siano parititi.
Tutti hanno svolto la loro missione nella semplice normalità: straordinariamente eroica – come quella di tutti i foggiani – se si tiene conto dell’invivibile contesto nel quale si manifestava.
Del resto, alla motivazione dell’eroica normalità, oltre che al terrificante e inerme tributo di vite e di sangue, farà chiaro riferimento il generale Arturo Schettini, comandante del IX Territorio Militare, proponendo la città di Foggia per la decorazione della medaglia d’oro al valor militare, poimutata in riconoscimento al valor civile.
Questa modesta testimonianza è dedicata a tutti gli eroi per caso e per sventura, morti e vivi, di quei terribili giorni in cui “la morte venne dal cielo”
(Il Cenacolo Culturale “Contardo Ferrini”)