I fratelli Biondi
E’ in questo quadro che i fratelli Vincenzo e Luigi Biondi, nati a Foggia, rispettivamente il 28 agosto 1924 e il 7 gennaio 1927, la cui madre, Cupo Antonietta è prematuramente morta nel cuore della loro infanzia, decidono di prendere la via del Nord, pare, senza una meta precisa, non altrettanto per lo scopo che si prefiggono. Non è dato sapere con precisione quando partono, come viaggiano e come si sostengono in un’Italia spezzata in due, con vie e mezzi di comunicazione ridotti al minimo. Le notizie più datate, forse le uniche e poche, che li riguardano più direttamente ce le ha lasciate, racchiuse in due pubblicazioni, il Sig. Aldo Pedretti, socialista foggiano, che conoscevo personalmente e che ho visto sfilare, finchè è vissuto, orgoglioso e impettito alla testa dei cortei cittadini del 25 Aprile, o della commemorazione dei Caduti in guerra, con al collo il fazzoletto dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). E proprio da questi scritti si rileva che i due fratelli, Vincenzo e Luigi Biondi, “ironici e beffardi, sono pronti a fischiettare “Bandiera rossa” quando i giovani fascisti si recano a prendere il loro fratello maggiore, Peppino, che si rifiuta di osservare all’obbligo della premilitare o delle adunanze del partito fascista”.
Vincenzo e Luigi, componenti di una modesta e numerosa famiglia, un’infanzia poco felice, partono non certo per motivi di studio o alla ricerca di lavoro, i tempi non sono certo ideali, lasciano la loro città natale, certo disastrata, ma prossima alla liberazione, in quanto Foggia è uno degli obiettivi principali dell’operazione Avalanche (Valanga) da parte degli alleati. Infatti, l’occupazione tedesca avrà fine il 27 settembre 1943 con l’ingresso in città dell’ottava armata inglese al comando del Generale Bernard Law Montgomery.
Foggia è avara con i propri figli, poi questi, Vincenzo e Luigi Biondi, popolani, quasi adolescenti, addirittura Partigiani.
Ascoli Piceno 12 settembre 1943
Una colonna di soldati tedeschi entra nella città e subito viene fatta segno a colpi di fucile da alcune guardie forestali. Per tutta la giornata si avranno scontri fra i tedeschi e le truppe italiane di stanza in città, oltre che con gruppi di civili armati. Le alterne vicende portano i più temerari, soldati, civili, sbandati, a risalire le pendici del Colle San Marco per difendersi e attendere l’arrivo degli alleati che ritengono imminente.
Chi preme e organizza per questa soluzione è il sottotenente Spartaco Perini, figlio di un noto comunista, anch’egli comunista, in licenza-convalesceza dalla campagna di Russia, dove è arrivato dopo essere stato in Grecia. Qualcuno dirà di lui: “è tornato con le pezze, tanta sofferenza e rabbia”.
Vincenzo e Luigi Biondi, nel loro viaggio, sicuramente avventuroso, raggiungono Ascoli Piceno, circa 300 chilometri da Foggia, e lì, racconta il Pedretti “trovano ospitalità e comprensione”.
Gli sfollati non si allontanano tanto dalle loro città bombardate, c’è il desiderio di riunirsi con il resto delle proprie famiglie, Vincenzo e Luigi hanno ancora il padre ed alcuni fratelli, l’interesse per le proprie cose ed i propri beni, li porta a ritornare con una certa frequenza per verificare se la casa è ancora in piedi, se non è stata oggetto di atti di sciacallaggio. Ascoli Piceno, peraltro, non è sulla direttiva adriatica, è internata di circa 30 chilometri.
Non è stata una casualità quella che ha portato i due fratelli ad Ascoli Piceno, ci deve essere stato qualcosa per forza: un parente sul posto! Poco probabile. Delle amicizie! Troppo giovani loro. Forse una notizia, una informazione carpita chissà come durante il viaggio circa i preparativi che si facevano nella zona di Ascoli Piceno per opporsi e resistere ai tedeschi. Non lo sapremo mai, allora diciamo che l’orologio della storia aveva fissato per loro quell’appuntamento, e loro non si sono sottratti neanche quando “conoscono” il quadro della situazione.
“Gli avvenimenti dell’8 settembre li trovano lì”, ad Ascoli Piceno, racconta il Pedretti. Ma questa data, forse, è solo indicativa; le ricerche sul vasto mondo di internet permettono solo di abbozzare una cornice intorno alla decisione maturata dai due fratelli Biondi, al loro coraggio e sacrificio finale.
Colle San Marco (AP) fine settembre 1943
La formazione partigiana “Bande Colle San Marco”, sottovalutando la potenzialità numerica e d’armamento delle forze tedesche, fa alcune puntate alla periferia di Ascoli P. ingaggiando combattimenti a fuoco e ferendo alcuni soldati tedeschi.
Vincenzo e Luigi sono già inseriti, a tutti gli effetti , nella formazione partigiana “Bande Colle San Marco” al comando del Capitano Tullio Pigoni e del sottotenente alpino Spartaco Perini.
COLLE SAN MARCO (AP) 3-5 ottobre 1943
Nella mattinata del 3 ottobre, “Era una giornata di nebbia, una nebbia terribile, che non si riusciva a vedere niente”, racconta William Scalabroni, partigiano combattente a Colle San Marco, in un frammento di intervista rilasciata (Archivio della Resistenza), le truppe tedesche, fra i 400 e i 600 uomini, sferrano l’attacco ai partigiani che presidiano il colle, e che costituiscono una spina nel loro fianco. Meno di 200 sono i partigiani presenti in quel momento: militari, sbandati e civili, un gruppo di una trentina di prigionieri angloamericani liberati andrà via verso il Sud, incontro alle linee alleate, alle prime cannonate. I combattimenti, preceduti da un rastrellamento, si inaspriscono verso le 13, ma continuano fino al giorno 5 allorchè la formazione partigiana viene completamente dispersa.
Vinacenzo e Luigi Biondi cadono entrambi il 3 ottobre 1943 sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. Forse il luogo più preciso è in località Pagliericcio, comune di Civitella del Tronto alle pendici della Montagna dei Fiori.
COLLE SAN MARCO (AP) 6 ottobre 1943
Si contano i morti.
Partigiani caduti in combattimento: Serafino Cellini, Luigi Biondi, Vincenzo Biondi, Ignazio Cossù, Luigi Ferri, Pietro Marucci, Giacinto Neri, Alberto Paci, Alessandro Panichi, Francesco Paliotti, Adriano Rigante, Emilio Rozzi, Salvatore Spataro.
Partigiani catturati e poi fucilati: Carlo Grifi, Mario Carucci, Silvio Angelini, Dino Angelini, Emidio Bartolomei, Paolo Cagnetti, Nino Giabattoni, Natale Ciampini, Marcello Federici, Narciso Galliè, Marcello Giovannielli, Attilio Lelli, Pietro Pagliacci, Antonio Pagliacci.
“E’ con l’animo addolorato che in questo momento vi annuncio la morte dei vostri cari congiunti Luigi e Vincenzo Biondi, entrambi caduti il 3 ottobre 1943 sul Colle S. Marco di Ascoli Piceno mentre partecipavano volontariamente alla lotta contro i tedeschi. Li ammirai subito per il loro coraggio, per il loro elevato spirito di amor di patria e per le loro doti morali che li fecero distinguere tra i migliori partigiani del gruppo Bande “Colle S. Marco”. La loro attività in quel periodo fu senza soste, attivissimi, sempre pronti ad ogni prova, di esempio ai compagni che amavano. Si arrivò al 3 ottobre in cui fummo attaccati da forze rilevanti tedesche appoggiate da artiglieria e mortai. La lotta ineguale ma accanita si protrasse per tre giorni ma ormai le nostre posizioni erano state accerchiate, nei combattimenti durissimi più volte vedemmo l’indimenticabile Luigi incitare con l’esempio i compagni prodigandosi senza risparmio nella lotta in cui già i tedeschi avevano subito perdite gravi. Ma mentre più si accendeva la battaglia Luigi e Vincenzo cadevano da Eroi per la Patria che tanto avevano amato”.
Spartaco Perini fu insignito in vita della medaglia d’argento al valor militare.
Non sappiamo come e quando la notizia dell’olocausto dei fratelli Biondi arrivò a Foggia, la riproduzione della lettera di Spartaco Perini non porta data, ma le ricerche del Pedretti evidenziano che solo a distanza di circa tre anni, 9 aprile 1946 per Vincenzo e 10 aprile 1946 per Luigi, avverrà la registrazione della loro morte nei registri comunali di Foggia; mentre, alla loro memoria viene concesso “Diploma di medaglia Garibaldina”, dati in Roma l’8 settembre 1947 a firma del Commissario Generale Secchia e del Comandante Generale Longo della Brigata d’Assalto “Garibaldi”.
Il racconto del Pedretti, oltre che toccante, è più preciso, sicuramente per testimonianza diretta, circa il rientro a Foggia delle salme dei due giovani, richiesto al Comune di Ascoli Piceno dai familiari.
FOGGIA 20 ottobre 1947
Giuseppe Imperiale Sindaco, “è il tardo pomeriggio del 20 ottobre 1947. Il cielo plumbeo avvolge la città di Foggia di malinconia. Ai lenti rintocchi delle campane del Duomo, due carri ammantati dal tricolore, si muovono in mezzo alla folla che, silenziosa e mesta, fa ala al passaggio. Le salme dei due Caduti si avviano all’ultima dimora. Apre il corteo il glorioso Vessillo della Brigata Garibaldina Colle S. Marco scortato dal valoroso comandante Spartaco Perini, dal Gonfalone della città di Foggia, da un folto gruppo di autorità civili e militari di Ascoli Piceno e della Daunia”, così nei ricordi trascritti dal Pedretti.
E sarà lo stesso Pedretti, nel 1963, con una lettera pubblicata da “La Gazzetta di Foggia” a “far osservare, a chi di competenza, che, mentre in Italia tutta si celebra la ricorrenza del XX Anniversario della Resistenza, Foggia che annovera antifascisti convinti, patrioti ed eroici Caduti, fa passare, pressocchè inosservata questa storica ricorrenza”.
L’Amministrazione comunale di Foggia, Sindaco Avv. Carlo Forcella, Vice Sindaco il prof. Salvatore Imbimbo, accoglie l’appello e nella seduta del 30 settembre 1963, “sono le 19,30, i Consiglieri Comunali sono in aula, lo spazio riservato al pubblico è gremitissimo” ricorda il Pedretti, continuando con le parole introduttive del Sindaco “all’inizio di questa seduta di Consiglio credo doveroso ricordare che in questi giorni ricorre il ventesimo anniversario dell’inizio della Resistenza. In questi giorni ricorrono sopratturro le 4 Giornate di Napoli….>” (interruzione).
Le interruzioni e le rimostranze ostruzionistiche saranno più di una decina, fino a che i Consiglieri del MSI (Movimento Sociale Italiano) e del PDIUM (Partito Democratico di Unità Monarchica) non abbandonano l’aula e il Sindaco può riprendere la commemorazione così concludendo “…. ma abbiamo anche un avvenimento interno, nostro. Noi in quel momento avevamo abbandonato la nostra città a causa dei tremendi bombardamenti bellici, i tedeschi andarono via da Foggia velocemente, ci fu qualcuno di noi che diede il suo sangue in quei giorni in nome di questi ideali, di questa Resistenza, ed è stato ricordato un poco qua e là dalla stampa, si tratta dei fratelli Vincenzo e Luigi Biondi…. (vi sono applausi) in quel momento a Civitella del Tronto ……. omissis ……. Io credo che il Consiglio ha doverosamente fermato per un attimo la propria attività per ricordare questo sacrificio forse ignorato da tanti …… omissis ……. io credo che sia doveroso che ai due fratelli Biondi e alla loro famiglia vada ancora oggi il tributo della riconoscenza del Consiglio Comunale, come sarà opportuno che nel nome di questi due fratelli sia intestato un cippo, in modo che il loro sacrificio sia ricordato, come abbiamo fatto in altri casi e come sembra doveroso fare in questo caso proponendolo al Consiglio” (applausi)
(Dal verbale del Consiglio comunale – Seduta del 30 settembre 1963)
ll Sud non può conoscere la Resistenza per ragioni politiche e militari, se non per alcuni atti, come quelli sopra citati, individuali o collettivi a cui gli storici danno più la valenza di sommossa popolare; peraltro solo di recente su queste storie e micro-storie si è appuntato un interesse maggiore. E chissà quante rimarranno nell’oblio. Ma non è così per la gente del Sud, la sua presenza nel fenomeno resistenziale del Centro e Nord Italia è stimata nell’ordine del 20-40%. Troppa la gente non tornata a casa dai vari fronti di guerra esterni ed interni, dai lager, dal lavoro coatto nella Germania nazista, dai campi di prigionia sparsi per il mondo, troppi i “dispersi” che non potranno mai raccontare la loro storia.
Vogliamo esprimere su questi aspetti, per astratto, un giudizio di sufficienza, se questo fosse possibile rispetto al sacrificio di una sola vita umana? Insufficiente, resta comunque il riconoscimente che si ha nei confronti dei resistenti, in generale e dei nostri in particolare, nel perpetuare il ricordo della memoria e del sacrifiicio per un Paese migliore e diverso. Abbiamo un “debito di riconoscenza” nei loro confronti.
Il Comune di Foggia si ricorderà dei suoi figli, Vincenzo e Luigi Biondi, con un altorilievo in bronzo su pietra di Apricena, dal 1964 collocato nella Villa Comunale, opera dello scultore Salvatore Postiglione (San Severo 1905 -Foggia 1996) anch’egli deportato nei campi di concentramento nazisti a causa del suo rifiuto di aderire, dopo l’8 settembre, alla Repubblica di Salò, autore anche del monumento ai Caduti dei lager tedeschi (Cimitero di Foggia). Una targa, più tardi posta al lato dell’altorilievo, ricorda gli eroici fratelli Biondi, descrive l’opera e parla dell’autore. Tutto il complesso risulta da tempo imbrattato, se pur già restaurato, “la madre dei cretini non finisce mai di partorire”.
Più di recente, una via cittadina è stata dedicata ai fratelli Biondi, morti combattendo il 3 ottobre 1943 alle pendici della Montagna dei Fiori (AP). Non sono gli unici partigiani foggiani, ce ne sono stati altri, si conoscono i nomi.
(Raffaele De Seneen)