Palazzo Dogana
La Dogana ebbe sede inizialmente a Lucera e poi a Serracapriola (sede destinata però solo alla conta delle pecore ) ; nel 1468 si trasferì a Foggia, in un edificio che si affacciava sulla “strada maestra di Pozzo Rotondo” (Piazza Federico II), nello stesso sito probabilmente occupato nell’epoca sveva e angioina dal Palazzo dei Cambi.
L’edificio aveva muri di spessore considerevole, a doppia fodera in tufo al piano superiore e nei cantinati, mentre le volte, che nel piano terra erano anch’esse in tufo, erano coperte da solai in legno al primo piano ; il secondo piano era coperto dal tetto.
Al piano terra trovavano posto le scuderie e la rimessa della carrozza del Governatore, il Corpo di Guardia e le carceri (carcere criminale, nuovo carcere dei locati, carcere della corsea , carcere delle donne, carcere di S. Francesco e carcere di Sant’Antonio).
Un cortile, tramite diciassette scalini portava al “passetto bislunco” del primo piano, attraverso cui si accedeva direttamente alla Sala delle Udienze del Governatore, a destra, e al grande Salone dei locati o del teatro, a sinistra.
Il primo piano ospitava, oltre all’alloggio del Governatore e ai servizi di cucina e dispensa, la segretaria e il libromaggiore, la percettoria, il Tribunale, con cui comunicavano la stanza della Ruota (sorta di camera di consiglio), la stanza della Corda (dove gli inquisiti venivano “energicamente” interrogati) e la cappella.
Al secondo piano erano sistemati, in due camere, gli archivi della Dogana, mentre i vari locali sottotetto venivano adibiti a granai.
La distruzione del 1731
Il violento terremoto che dal 20 marzo al 7 maggio sconvolge Foggia non risparmia il Palazzo della Dogana, che viene gravemente danneggiato.
Lo stesso Presidente Governatore, marchese don Carlo Ruoti, è costretto a trovare un alloggio di fortuna in una baracca sistemata nei pressi della Chiesa di Gesù e Maria, mentre l’Uditore del tempo trova la morte tra le macerie.
Sono incaricati di verificare la statica del vecchio Palazzo e di suggerire i rimedi per il suo ripristino i regi ingegneri Giuseppe Stendardo e Nicolò Tagliacizzi-Canale i quali, con due diverse relazioni, propongono notevoli varianti e modifiche allo stabile, con una spesa così notevole che suggerisce, piuttosto la completa ricostruzione del palazzo.
Di fronte a cifre considerevoli la Corte di Napoli esita a lungo, tanto che alla fine, si invia un certo ingegnere, Giustino Lombardi, il quale non può fare altro che associarsi al parere dei due colleghi che lo hanno preceduto.
Si decide, comunque, per la ricostruzione dello stabile, ma proprio quando già fervono i lavori, il 23 Aprile 1733, il Presidente Governatore marchese Ruoti acquista da Mons. Giovanni Pietro Faccolli, vescovo di Troia, il seminario, sito in località Madonnella, appena fuori da porta Reale.
Il nuovo Palazzo della Dogana
Monsignor Cavalieri, santo vescovo di Troia, zio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ha avuto in dono dall’Universitas quel sito, per l’edificazione di un “Collegio oppure casa di residenza” dei Padri della Compagnia di Gesù.
Purtroppo egli muore quando la nuova opera è appena iniziata.
Non sono stati tirati su che i locali terranei, affittati subito come magazzini o botteghe – com’è consuetudine per ricavare una fonte di reddito – e una chiesa con atrio, salone e tenaglia e pochi altri ambienti. Al primo piano sono ubicate una grande libreria (donata da mons. Cavalieri assieme a quattro quadri del Solimena ed altri oggetti di valore) e le stanzette dei seminaristi.
Il corpo principale di fabbrica si affaccia sull’attuale Via Schiraldi.
La struttura muraria è a doppia fodera, in tufo all’interno, in mattoni all’esterno ; struttura che non verrà modificata con la costruzione del nuovo Palazzo della Dogana.
L’urgenza di trovare altra sede alla Dogana spinge il regio ingegnere Giustino Lombardi, presente a Foggia per il ripristino del vecchio edificio nel sito di Pozzo Rotondo, ad accelerare i lavori sull’ex Seminario : in un primo tempo si ricavano gli ambienti per le carceri e l’archivio (febbraio 1734) e, nell’estate del 1735, si completano i lavori del primo piano : Nel suo primo nucleo il palazzo ospita al piano terra le carceri, la cappella e il corpo di guardia, serviti da un portone e, al primo piano, l’archivio, il tribunale con annessa cappella, la segretaria, la percettoria, il libromaggiore, la stanza della corda e il Salone dei locati, tutti accessibili da un secondo portone.
La facciata appare semplice nella parte inferiore, graziosamente mossa nella parte superiore dai fregi dei balconi, di impronta tipicamente barocca.
Ma il nuovo Palazzo non è ancora finito che già se ne scopre la limitatezza degli ambienti : nel 1740 il Tribunale è costretto a trasferirsi nel Palazzo Belvedere , nei pressi della Chiesa di S. Tommaso ; nel 1743 si dà inizio ai nuovi lavori, eseguiti dal mastro muratore Francesco Delfino e successivamente da mastro Leonardo Romito, sempre su progetto del Lombardi.
Tra ampliamenti e rimaneggiamenti
Col 1749 iniziano i grandi lavori di ampliamento che, pur rifacendosi all’originario progetto del Lombardi, metodicamente se ne discostano, con una serie di aggiunte, ripensamenti, ridistribuzioni degli spazi, demolizioni, ricostruzioni dettate dalle volubili esigenze del momento e di chi a turno le esprimeva.
E’ anche per questo motivo che il 26 febbraio del 1775 il Re, da Torre Guevara, annuncia al presidente Governatore l’invio del Regio ingegnere don Luigi Vanvitelli, col compito formale di esaminare l’eventualità di una nuova progettazione.
Per la verità, il Vanvitelli si limita a fornire indicazioni e suggerimenti, ma oltre non va, anche se poi saranno in molti ad attribuire proprio ad un presunto progetto del Vanvitelli lo scenografico scalone d’onore dell’edificio.
Nel 1762 il regio ingegnere Felice Bottiglieri procede ad una stima delle opere realizzate in tredici anni di lavoro, che hanno portato l’edificio alla sua volumetria pressoché definitiva.
Il palazzo si sviluppa su tre corpi di fabbrica continui, è il quarto interrotto da un giardinetto.
Della primitiva facciata sullo stradone del Salvatore (ora Corso Garibaldi), Palazzo Dogana si è andato sviluppando con un nuovo prospetto principale su Largo Palazzo (l’attuale Piazza XX Settembre) ; la terza facciata insiste su Vicolo del Sale (vico Palazzo), mentre il quarto corpo, il più consistente nell’originario Seminario, dà su Via Schiraldi.
Nel piano interrato hanno trovato posto la “pagliera” del Presidente Governatore mentre alcune “grotte” sono desinate alle esigenze dell’Avvocato fiscale e dell’Uditore.
Al piano terra, nella nuova facciata principale su largo Palazzo, improntata già nel Neoclassico si apre il portone principale in castagno e, alla destra, l’ingresso privato del Presidente.
Tutt’intorno al cortile maggiore, da cui si accede dal portone principale attraverso un atrio coperto, e nel cui centro è un pozzo, corrono stalle, magazzini, pagliere, depositi, vari bassi o fondaci.
Sullo stradone del Salvatore, il vecchio portone principale costituisce l’accesso privato dell’Avvocato fiscale, mentre da un altro attiguo portone si raggiunge, oltre un atrio coperto, il corpo di guardia e, attraverso esso, le carceri (criminale, civile, delle donne) e la cappella.
Il piano nobile è per la gran parte occupato, sulla facciata principale e nei due versanti laterali fino alla fine del cortile maggiore, dagli appartamenti del Presidente e dalla sua Sala delle udienze particolari.
Dal cortile maggiore, salito lo scalone d’onore, oltre che alla sala del Presidente si ha accesso al Salone del Tribunale (impreziosita nel 1769 da uno splendido altare in marmo bianco, con riquadrature in verde antico e cornicette in marmo giallo di Verona), all’Archivio, alle stanze della Ruota e della Corda.
Sempre al Salone del Tribunale, attraverso la Banca delle Passate e un corridoio, si giunge agli uffici della percettoria, del libromaggiore, della segretaria e della Banca delle Terre Salde e dei Cambi.
Al secondo piano, sul versante di via del Sale, sono disposti gli undici ambienti dell’Uditore, mentre nella parte opposta, sullo stradone del Salvatore, sono le dodici stanze dell’Avvocato fiscale, collegate da una scala segreta attigua alla cappella del piano nobile.
Il Presidente ha un altro piccolo appartamento, che occupa parte della loggia soprelevata sull’atrio coperto dello scalone d’onore per giungere fino al piccolo cortile con giardino, sulla sottostante stanza della Banca delle Passate.
Il palazzo conserva questo assetto fino al 1776 quando, diventa impellente la necessità di dare maggiore spazio all’Archivio, si decide di rifinire ed arredare tre stanze al secondo piano, collegate con una scala interna al primo piano.
Due anni dopo, mentre le cinque arcate della loggia vengono chiuse con vetrate, si occupano gli ultimi quattro vani del secondo piano non ancora utilizzati : saranno destinati agli scrivani del regio patrimonio.
E’ del 1778 la decisione di Ferdinando IV di Borbone di ridurre in Collegio il Tribunale e di affiancare un secondo Uditore alle autorità doganali, nel tentativi di rimettere sotto controllo un situazione amministrativa e giudiziaria sempre più caotica.
Viene, perciò in tutta fretta, ricavato al secondo piano, sull’area dei sottostanti uffici amministrativi – e, sottraendo qualche stanza al primo Uditore – un altro appartamento, anch’esso servito da una scala indipendente.
Nozze Reali
Diciotto anni dopo (1796) Palazzo Dogana viene di nuovo invaso da muratori, stuccatori, decoratori, fabbri e falegnami : il matrimonio tra il principe ereditario Francesco di Borbone e la principessa Clementina d’Austria.
Il palazzo viene ridipinto a nuovo all’interno e all’esterno, si chiudono porte ed altre se ne aprono, molti soffitti vengono rifatti, si spostano le cucine e si creano una bottigliera e una biscotteria con forno esterno.
Stucchi, decorazioni, dipinti nobilitano e completano gli ambienti.
Al primo piano sono allestiti gli appartamenti reali, quello dello sposo e quello della sposa.
Alle dame di compagnia ed alle cameriere viene riservato il secondo piano, mentre le carceri maschili, al piano terra, sono sgomberate e accuratamente disinfestate per ospitare i granatieri reali.
Le nozze si svolgono il 28 giugno del 1797 e per qualche giorno Foggia diventa capitale del Regno.
Il Salone del Tribunale, dopo la cerimonia religiosa in Cattedrale, è il centro di grandi festeggiamenti, allietati anche dall’esecuzione del melodramma gioioso “Daunia Felice”, composto per l’occasione da Giovanni Paisiello.
Tanto calda e generosa è l’accoglienza di Foggia e delle sue più ricche famiglie (che hanno contribuito generosamente al prestito pubblico lanciato per finanziare i preparativi) che il Re eleva al rango di marchesi i casati di Freda, dei Celentano, dei Filiasi e dei Saggese.
Non gioiscono più di tanto le autorità della Dogana : il Re si riserva il piano nobile, il Governatore deve trasferirsi nell’appartamento dell’Avvocato fiscale, il Fiscale deve trasferirsi nell’appartamento del Primo Uditore, mentre entrambi gli Uditori devono prendere casa in affitto. Soltanto nel 1799, dopo una breve apparizione dei Francesi che, venuti a saldare i moti delle Repubblica partenopea, occupano il primo piano del palazzo, le autorità doganali possono riprendere possesso dei loro appartamenti.
La fine dell’Istituzione della Dogana
Alla fine del XVIII secolo la Dogana vive stancamente e disordinatamente gli ultimi anni della sua vita. Gli abusi crescenti, l’avvento del brigantaggio, l’instabilità del Governo centrale, hanno ridotto il Tavoliere a terra di frontiera.
Nel tentativo di porre un freno alla decadenza dell’istituzione, Ferdinando di Borbone, nel 1804, dà avvio ad un progetto di riforma attraverso la censuazione e, nell’anno successivo, concede l’affrancazione dei canoni al quattro per cento sulle terre demaniali poste a coltura.
Ma siamo ormai all’epilogo della storia della Dogana : nel 1806 ritornano i Francesi e Giuseppe Bonaparte, il 21 maggio, sopprime la Dogana e il 1 settembre decreta la divisione di tutte le terre demaniali, baronali, ecclesiastiche e comunali e la concessione in affitto – dietro corresponsione di un canone annuo – agli attuali beneficiari, cioè ai locati.
Nel 1808 Gioacchino Murat destina l’ufficio della Dogana a sede del Tribunale criminale ; ma, per contrasti tra il Mastrogiurato e l’Intendente del tempo, si decide, voltasi la disputa a favore dell’Intendente, di trasferire il Tribunale a Lucera.
Mentre il contenzioso presente presso il Tribunale della Dogana passa alla competenza dei Giudici ordinari, si istituisce la Giunta del Tavoliere, col compito di provvedere alla censuazione delle terre.
Il controllo delle procedura di divisione delle terre è affiato ai consigli di intendenza ; i comuni, poi, provvedono ad assegnare le quote ai singoli.
Gli eccessivi oneri posti a carico dei censuari, tuttavia, limitano la portata e gli effetti dei provvedimenti adottati e, al tempo stesso, confinano in una condizione di ancora maggiore di miseria le plebi rurali ed i terrazzani in particolare.
Dopo la parentesi murattiana, Ferdinando I di Borbone riduce a quattro le locazioni e, con vari provvedimenti, aumenta la pressione fiscale sui censuari, col risultato di ricomprimere lo sviluppo agricolo e di far ricadere l’intera economia del territorio in una situazione gravissima.
Palazzo Dogana assume il nome di Palazzo del Tavoliere e poi di Palazzo dell’Indipendenza ; le ristrutturazioni e le varianti distributive continuano e si moltiplicano, volgendo ora a favore dell’Amministrazione del Tavoliere, ora a favore dell’Intendenza.
L’enorme patrimonio di archivio della Dogana viene disperso e trascurato e una tardiva sistemazione non può non evidenziare quali ingenti danni abbia subito.
Dall’unità ai giorni nostri
Con l’unità d’Italia, tra il 1862 ed il 1864, il Palazzo viene “sottoposto” ad ulteriori modifiche, con l’aggiunta di un porticato e di un loggiato che vanno a ridurre il cortile minore con giardinetto.
Il 26 febbraio del 1865 il giovane Parlamento nazionale sancisce la soppressione dell’Amministrazione del Tavoliere, fiscalmente avida e di nessuna utilità per l’economia del territorio.
Nel 1876 l’Amministrazione provinciale di Capitanata acquista dal Demanio il piano terra e il primo piano di Palazzo Dogana.
Al momento della stipula dell’atto di vendita, il palazzo ospita a piano terra le Regie Poste, la Pubblica Sicurezza, la Tesoriera Provinciale, i magazzini del sale e dei tabacchi, l’archivio e l’ufficio tecnico dell’Amministrazione Provinciale, la sala del Consiglio Provinciale e il Gabinetto e l’alloggio del Prefetto, qui insediatosi dopo l’Unità ; al secondo piano l’intendenza di Finanza, gli uffici della Prefettura e gli uffici della Ricevitoria del Tavoliere, ultimo retaggio della passata amministrazione.
Agli inizi del secolo, nell’ambito di alcuni lavori di restauro, viene rivestito in marmo in basamento dello scalone d’onore, abbellito pure dalla pregevole balaustra modanata a colonnine tornite (originariamente vi era una modesta ringhiera in ferro battuto).
Nel 1923, per sopperire al bisogno di nuovi ambienti sia da parte dell’Intendenza che dell’Amministrazione Provinciale, si pensa addirittura di soprelevare il palazzo, ma un esame dello stato delle strutture suggerisce, piuttosto, di por mano ad opere di consolidamento.
Nel1934 la Prefettura e la Questura si trasferiscono nel nuovo edificio su corso Garibaldi, mentre nel Palazzo degli Uffici Statali, in piazza Lanza : nuovi edifici della grande Foggia del piano Albertini, che in un primo momento porta ad ipotizzare l’inaudito progetto di demolire lo stesso Palazzo Dogana… I locali lasciati liberi al piano terra vengono occupati dalla Biblioteca Provinciale (istituita proprio in quegli anni), dall’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia e dell’ Archivio di Stato.
Al primo piano, con l’Amministrazione Provinciale, hanno trovato posto gli uffici della federazione provinciale dei Fasci di Combattimento.
Il Salone del Tribunale e la stanza della Ruota sono stati adibiti a deposito della Biblioteca.
I bombardamenti aerei del 1943 distruggono proprio quei locali, arrecando, dunque, un doppio danno alla memoria storica della Capitanata.
Con l’arrivo degli anglo-americani, Palazzo Dogana viene destinato ad ospitare, al primo piano, il Tribunale alleato ed i relativi uffici.
Al secondo piano ritornato la Prefettura e la Questura e vari istituti scolastici di istruzione superiore. Ad essi si aggiunge la scuola media “De Sanctis”.
Nel 1948 si riparano i danni dei bombardamenti e si ricostituisce, in banale forma razionalistica, il Salone del Tribunale. In questa occasione viene anche realizzato il terzo porticato a fronte dell’ingresso principale.
Nel 1952 si trasferiscono gli istituti scolastici superiori, mentre la scuola media abbandona il palazzo nel 1963.
Nel 1967, infine, libera le stanze del secondo piano anche la Squadra Mobile della Questura.
Tra il 1968 ed il 1972 si procede ai limitati lavori di consolidamento delle fondazioni lungo piazza XX Settembre e vico Palazzo, mentre gli interni vengono sottoposti a restauri e ad ennesime varianti distributive.
Negli anni successivi lasciano il palazzo anche la Biblioteca Provinciale e parte nell’Archivio di Stato.
L’antico palazzo, dopo aver accolto tra le sue mura, in un vorticoso mutar di scena, baroni e pastori, re e ladroni, burocrati e scolari, oggi appare come un grande teatro della storia e della memoria collettiva.
Usato da sempre come un edificio in continuo divenire, quasi come un vestito da adattare a tutte le taglie, oggi non conserva, al suo interno che pochi ambienti che possono far intuire gli antichi splendori : il salone delle udienze del governatore, l’ambiente meglio conservato e recentemente restaurato, ora sala del Consiglio Provinciale ; la stanza della Ruota, ora sala della Giunta Provinciale ; le stanze dell’antico Archivio, ora occupate dal Presidente della Giunta Provinciale ; le stanze dell’antico Archivio, ora occupate dal Presidente della Giunta Provinciale ; il salone del Tribunale, deturpato – come si è detto – dalla guerra e da una maldestra ricostruzione.
Dopo tante vicissitudini e cambi di destinazione, Palazzo della Dogana sembra avere acquisito una sua “fisionomia” definitiva ospitando l’Amministrazione Provinciale di Foggia o, per essere più precisi, la Provincia di Capitanata, secondo la nuova dizione prevista dallo statuto. Dire Palazzo Dogana (come avviene per i più illustri Palazzo Chigi, Palazzo Madama, Palazzo Montecitorio) significa ormai identificare immediatamente l’istituzione che vi è ospitata.
(Fonte: “Palazzo Dogana”, promosso dalla Prov. di FG e curato dal Cenacolo Culturale ” Ferrini” e stampato, nel 1997-1998, dal Centrografico Francescano di Foggia)