Antonio Tisi, martire di Cefalonia
NELLE ISOLE DI CEFALONIA E CORFU’ DOPO L’8 SETTEMBRE 1943 ACCADDE…
Testimonianza dell’allora Capitano Renzo Apollonio, 33° Reggimento Artiglieria
Nel settembre del 1943, la Acqui, unitamente ad effettivi della Marina, presidiava con [circa] 11.500 uomini di truppa e 525 ufficiali l’isola di Cefalonia e circa 160 ufficiali l’isola di Corfù. Il presidio di Cefalonia era integrato da un contingente tedesco di circa 2000 uomini. Quello di Corfù era integrato da un contingente tedesco di circa 600 uomini.
In tutte e due le isole, respinta l’intimazione tedesca di disarmo, si combatte e si muore, ma mentre a Corfù la scelta è compiuta con immediatezza dal Comandante del Presidio, col. Luigi Lusignani, sulla base dell’ordine del Comando Supremo dell’11 settembre di considerare le truppe tedesche come nemiche, a Cefalonia è compiuta attraverso momenti di altissima tensione ideale – da tutti i militari del Presidio: ufficiali, sottufficiali e soldati, chiamati in causa, ad un certo momento, dallo stesso Comandante, gen. Antonio Gandin.
A questi diversificati comportamenti va attribuita la circostanza che a Corfù la rappresaglia si abbatterà esclusivamente sul Comandante del Presidio e sui Comandanti di Reparto che effettivamente hanno impugnato le armi contro i tedeschi e cioè su 20 ufficiali; mentre a Cefalonia si abbatterà indiscriminatamente – con ordine a parte del Comando Supremo delle FF.AA. tedesche del 18 settembre – su ben 325 ufficiali, tra cui il generale Comandante, e 5000 uomini di truppa, rei di aver contribuito a determinare la scelta.
Ed ecco, in breve, lo sviluppo degli avvenimenti a Cefalonia.
La sera dell’8 settembre, non appena pervenutagli dal Comando 11^ Armata la conferma dell’ordine governativo di ‘reagire con la forza ad ogni violenza armata’, integrato dalla direttiva ‘ognuno rimanga suo posto con i compiti attuali’, il Generale Comandante della Acqui dispose il trasferimento della Riserva Divisionale in Argostoli, assegnando alle batterie obiettivi ravvicinati in netta funzione antitedesca (parco semoventi tedeschi, deposito munizioni tedesco, banchina del porto di Argostoli…), volti ad interdire gli accessi terrestri e marittimi al capoluogo dell’isola, Argostoli.
L’11 settembre, peraltro, venutosi a trovare in pieno isolamento in seguito alla resa del Comando 11^ Armata, dell’VIII e del XXVI Corpo d’Armata, di fronte alle alternative poste dai tedeschi: ‘continuare a combattere al loro fianco’ oppure ‘cedere le armi’, il Generale nonostante il citato ordine del Comando Supremo di ‘considerare le truppe tedesche nemiche’, assunse l’impegno verbale, confermato per iscritto all’indomani, di cedere le armi. Inizio della consegna a decorrere dalle ore 8 del giorno 13.
Forti di questo impegno, i tedeschi il 12 pomeriggio, circondano e disarmano due batterie italiane schierate nel loro settore. Nella circostanza, chiesi ed ottenni di conferire a rapporto con il Generale Comandante, al quale presente il mio Comandante di reggimento che mi aveva accompagnato, dissi lealmente che un eventuale ordine di cessione delle armi avrebbe provocato nelle batterie del 33° un rifiuto di obbedienza, perché contrario alla Legge del Dovere e dell’Onore (art. 103, Codice penale militare di guerra).
Dopo lunga e serena discussione, a conclusione del rapporto, cui avevo invitato a partecipare altri due comandanti di batteria e un comandante di compagnia, il Generale, commosso, assunse il solenne impegno che avrebbe continuato le trattative sulla base della non cessione delle armi e che qualunque ulteriore violazione dello ‘status quo’ durante le trattative sarebbe stato represso con il fuoco.
Contemporaneamente, anche i reparti, in un impeto di riscossa, invocano l’obbedienza agli ordini del Governo.
I tedeschi naturalmente, non demordono e, all’alba del 13 settembre, tentano di portare rinforzi, in uomini (specialisti) e mezzi, con due pontoni da sbarco, all’aliquota del loro contingente dislocato in Argostoli.
storia della divisione Acqui dal sito: http://www.divisioneacquicefalonia.it