Il culto di San Biagio a Foggia
Nella Chiesa di San Tommaso, la Chiesa più antica di Foggia, eretta sul sito della “Taverna del Gufo”, è conservata la statua di San Biagio, al quale è dedicata una delle congregazioni più antiche di Foggia. San Biagio gode presso la popolazione foggiana di un’ accogliente devozione dovuta al fatto che il Sacro Tavolo dell’Iconavetere è ospitato in via Ricciardi, ingresso principale della Chiesa, nei giorni della festa patronale dedicata alla Madonna dei Sette Veli. Fu proprio durante i festeggiamenti in onore della Madonna Iconavetere che, nel lontano 14 agosto del 1839, nella Chiesa divampò un violento incendio in cui si perse definitivamente il prestigioso soffitto a cassettoni. L’altare maggiore si sgretolò sotto le fiamme insieme ai marmi pregiati e ai bassorilievi che raffiguravano angioletti. Anche i dipinti di San Tommaso e di San Francesco da Paola vennero distrutti, ma miracolosamente il Sacro Tavolo dell’Iconavetere e la statua di San Biagio si salvarono.
Il 3 febbraio in questa Chiesa si festeggia San Biagio, protettore della gola. Durante la Messa officiata in Suo onore, il sacerdote benedice la gola dei fedeli segnandola con l’olio benedetto il giorno della Candelora e chiedendo l’intercessione di San Biagio. Questo rito deriva da alcuni miracoli-leggende che si narrano intorno al Santo.
L’agiografia di San Biagio ci informa che visse nel IV Secolo d.C. ed era vescovo di Sebaste in Armenia. Il Santo è venerato sia in Oriente che in Occidente. Durante la persecuzione dei cristiani, San Biagio fu costretto a rifugiarsi su un monte, in una grotta nella quale si dice che si affacciassero delle belve feroci per aspettare la sua benedizione. Il Santo la sera usciva dall’anfratto e con il segno della croce benediceva e guariva gli animali che gli si paravano di fronte. Quando questo spettacolo si presentò agli occhi di alcuni cacciatori, questi, sbigottiti, raccontarono tutto al prefetto della città, il quale ordinò la cattura del vescovo. Questo avvenimento gli fece avere il patronato sugli animali. Mentre scendeva dal monte gli si parò davanti una donna con il figlioletto in braccio, il quale rischiava il soffocamento per aver ingoiato una lisca di pesce. San Biagio, con il solo segno della croce, liberò la gola del bambino, che fu salvo. Questo avvenimento gli fece avere il patronato sulla gola. Sempre durante la discesa del monte, un’altra donna gli si fece incontro disperata perché un lupo aveva portato via il suo unico maialino. San Biagio la rassicurò e dopo un po’ il lupo, docile come un agnello, gli riportò indietro il maialino. Quando finalmente giunse in città, lo processarono e lo fustigarono con un pettine di ferro perché non voleva venerare gli dei pagani. Questo avvenimento gli fece avere il patronato sui cardatori e i tessitori. Fra la gente che assisteva alle torture vi erano sette pie donne che raccolsero il sangue del Santo con i fazzoletti. Accortisi i pretoriani del gesto delle donne, queste furono portate al rogo, ma miracolosamente salvate dalla fede in Dio. La leggenda vuole che queste donne fossero le sette sorelle di San Biagio morte, poi, per mal di gola.
Dopo il terzo processo, San Biagio morì decapitato.
I festeggiamenti in onore di San Biagio si pongono in un tempo liminare, di passaggio tra la Candelora e la Quaresima. In questo periodo ci siamo lasciati alle spalle il buio invernale e ci apprestiamo a godere della luce primaverile. Un vecchio adagio foggiano recita che alla Candelora “a vernata esce fore”, mentre “a San Biase ‘nda ogne buche ‘u sole trase”. Se il pettine è il chiaro simbolo del filtro tra il ciclo di buio e quello di luce, la lisca di pesce la ritroveremo tra le mani della quarantana, la bambola con le sette penne di gallina, durante la Quaresima. Ad avvalorare la tesi secondo cui San Biagio rappresenta la quarantana ci viene incontro il fatto che il Santo è protettore dei tessitori e dei cardatori rappresentati dal simbolo del rocchetto che troviamo anch’esso nelle mani della quarantana in tempo di Quaresima. La presenza del maialino nella leggenda indica il tempo di Carnevale ed accomuna San Biagio ad un altro Santo anacoreta che proprio in questo periodo è festeggiato: Sant’Antonio Abate, per il quale si usa accendere i fuochi. Anche la presenza della Madonna dei Sette Veli, nella Chiesa di San Tommaso durante il periodo estivo, non è priva di riferimenti. Va ricordato che fino a qualche anno fa, il 15 di agosto, la statua di San Biagio usciva in processione seguendo quella della Madonna dei Sette Veli, fino a quando Monsignor Casale abolì, tra le proteste dei fedeli, questa tradizione. In questo contesto si può facilmente arguire come la Madonna dei Sette Veli rappresenti le sette sorelle del Santo taumaturgo.
Possiamo concludere asserendo che la leggenda di San Biagio contiene tutta la simbologia della quarantana e del carnevale, che, essendo riti pagani, il Cristianesimo ha sincretizzato, ponendo il Santo della gola alle porte di un nuovo ciclo che si apre alla primavera.
Donatacci Giuseppe
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La processione di San Biagio (video di Potito Chiummarulo)