Una giornata a Siponto
Il primo giorno di mare!
Era il giorno più desiderato dell’anno o comunque cominciava a diventarlo, subito dopo Pasqua, quando le giornate pian piano ti portavano verso quelle giornate torride che solo se sei foggiano puoi capire: il desiderio di ogni adolescente era quindi quello di passare quanto più rapidamente dai banchi di scuola al dolce far niente della spiaggia.
A dire il vero non era proprio il mare, il bagno e la sgambettata con il pallone sulla riva che un ragazzo foggiano aspettava con ansia, quanto il fatto di poter iniziare la vacanza andando al mare con i propri amici, in assoluta libertà, dopo aver vissuto negli anni precedenti con le raccomandazioni e le imposizioni delle mamme che ti obbligavano al cappellino, che ti riempivano di crema e che ti chiedevano sempre di uscire dall’acqua nel momento migliore per te, magari in quello in cui cominciavi a divertirti di più.
Quindi questa prima uscita stagionale la sognavi senza limiti ed imposizioni e con la consapevolezza che, abbandonati secchielli e palette, il tuo intento era quello di comiciare a coltivare quegli interessi legati alla nuova fase della tua vita e che prevedevano anche di scambiare qualche parola in più con qualche ragazza tua coetanea che faceva parte della tua comitiva.
Si partiva di buon ora in quelle soleggiate mattine di giugno (magari fossimo stati così puntuali durante l’inverno per recarci a scuola) cercando di scegliere un giorno infrasettimanale per andare a Siponto in quanto di domenica era praticamente impossibile riuscire a guadagnare un posto negli scompartimenti affollatissimi.
Dopo una bella passeggiata a piedi per raggiungere la stazione, ci toccava salire su questo treno con i sedili di legno e con le tendine di un colore grigiastro e di un tessuto che sembrava quello dei sacchi di iuta. Si sentiva un cattivo odore già dal primo mattino e avvertivi un’afa insopportabile che era superiore nettamente a quella che ti aveva accompagnato nel percorso da casa al treno.
Era quella una linea maledetta che, per percorrere 35 km, impiegava circa un’ora, poichè il treno era costretto a fermarsi in più stazioni per aspettare quello che giungeva dalla parte opposta: negli anni imparammo a conoscere le stazioni di Amendola, Candelaro, Frattarolo, Tortorella ecc.
Giunti a destinazione, già sudati e provati, scendevamo lungo quelle strade che dalla stazione di Siponto giungevano sul lungomare, riuscivamo a guadagnare quel po’ di spiaggia libera che colonizzavamo con i nostri teli da mare e, dopo esserci spogliati, ci tuffavamo in quell’acqua che solo apparentemente ci sembrava fredda: le nostre nuotate e i nostri scherzi in acqua non creavano alcun tipo di problema perchè pur allontanandosi dalla riva, riuscivi sempre a mantenerti con un altezza dell’acqua non particolarmente pericolosa.
Quando uscivamo dall’acqua ci asciugavamo velocemente per poi ribagnarci ancora, magari schizzandoci tra di noi, ma con un’allegria ed una spensieratezza tipica di quell’età.
Per pranzo ci trasferivamo in pineta, gustavamo insieme i panini farciti che ci avevano preparato le nostre mamme e subito dopo qualcuno che nel frattempo aveva gonfiato il proprio materassino, ne approfittava per tentare, solo tentare, di fare una pennichella pomeridiana, mentre subito dopo ci si scatenava a giocare a pallone cercando un’area della pineta che non avesse tanti alberi che ovviamente avrebbero creato intralcio.
Pian piano il tempo trascorreva e giungeva inevitabile quello che ci richiamava verso il ritorno a casa. Proprio di fronte alla stazione di Siponto c’era un chioschetto che, a quell’ora e dopo una giornata così intensa, rappresentava una vera oasi nel deserto; con i pochi spiccioli che avevamo in tasca riuscivamo a prenderci un gelato o una bibita fresca e quel momento, per quanto semplice, resterà uno dei momenti che ricordo ancora con particolare entusiasmo perchè di fatto concludeva una giornata vissuta bene con i compagni giusti.
Ovviamente il viaggio di ritorno ci sembrava ancora più lungo in un treno che era sicuramente più affollato di quello dell’andata perchè riportava a casa tutti coloro che avevano raggiunto Siponto in orari diversi ma che alla fine tornavano tutti insieme.
Arrivati a Foggia ti accompagnavi all’uscita con il suono degli zoccoli dei bagnanti che rimbombava nel sottopassaggio della stazione. Ti avviavi poi, distrutto, verso casa salutando strada facendo i compagni di quella giornata che un po’ alla volta prendevano strade diverse e mentre tornavi ti rendevi conto di quanto erano importanti le raccomandazioni della mamma soprattutto riguardo alla crema solare perchè realizzavi subito che la notte seguente non avresti dormito per via delle spalle rosse e dolenti: era il prezzo giusto da pagare per una giornata fortemente desiderata e goduta intensamente.