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Le carrozzelle ai tempi degli americani

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1960

Sul Corso non potevano non transitare anche le carrozzelle, all’epoca non ancora scomparse del tutto, trainate da un solo cavallo, che naturalmente concedeva ampia libertà alle proprie necessità fisiologiche senza alcun ritegno ovunque si trovasse, e poiché non tutte le carrozzelle erano provviste di un sacco-telo montato dietro l’animale, il prodotto finiva sistematicamente per terra, dove il più delle volte restava per un po’ di tempo, divenendo cibo per le mosche.

Questi insetti perniciosi, nonostante la grande disinfestazione effettuata in base a precise disposizioni dei comandanti americani, a Foggia costituivano un tormento, purtroppo, anche perché la difesa da parte nostra era inadeguata. Infatti, non essendo ancora entrato nell’uso corrente il DDT, ci si continuava ad affidare al vecchio flit, che si spruzza a con l’apposita macchinetta a stantuffo, in cui vi era più acqua che insetticida, che per di più emanava un gran fetore di petrolio, una vera e propria “fetenzìja“, per dirla alla Totò.

Un altro espediente escogitato per tentare di vincere la guerra alle mosche, fu quello di appendere ad un lampadario la carta moschicida, che, oltre ad offrire allo sguardo uno spettacolo estremamente ripugnante, si rivelò presto scarsamente efficace, e per di più dispendioso, in rapporto alla gran quantità di mosche in giro.

Grazie alle carrozzelle, a Corso Cairoli all’ora di pranzo si poteva benissimo fare a meno di usare l’orologio, perché ve ne era una che tutti i giorni arrivava puntualmene alla stessa ora, e passando sul tombino che si trovava al centro della carreggiata, produceva con le ruote il classico rumore metallico, tatàn tatàn, da cui si capiva che era mezzogiorno.

A quei tempi la carrozzella era un mezzo di locomozione cittadino molto praticato, anche perché non c’erano alternative, non era stato ancora istituito il servizio di trasporto pubblico da parte del Comune: le famosi circolari “destra” e “sinistra”, gestite dalla “SCAUIT”.

Anche io e mia madre, quando tornavamo a Foggia, scendendo dal pullman, che ormai effettuava il servizio diretto da Sant’Agata di Puglia fermandosi a piazza San Francesco, prendevamo a nolo una carrozzella, che nel tragitto fino a raggiungere casa nostra, esercitava tutto il suo fascino romantico di un passato che stava lentamente scomparendo, fagocitato dal rapido affermarsi della modernità.

Io, seduto dietro il vetturino, a volte anche accanto, con la brezza che mi sfiorava il viso, osservavo il trotterellare elegante del cavallo, correndo insieme a lui con la fantasia verso luoghi lontani e misteriosi, in cui immaginavo di compiere chissà quali gesta gloriose.

Al passaggio delle carrozzelle una scena ricorrente era quella di qualche ragazzino che immancabilmente ci si andava ad attaccare dietro, e che scendeva soltanto quando qualche passante non avvisasse il cocchiere, lanciando il fatidico urlo dalle arrè cucchji’, al che quello faceva schioccare la propria frusta rivolta verso il retro della carrozzella, per scacciare il “portoghese” di turno, che una volta, mi fu detto, rimase ferito sul viso, per un colpo dello scuriàte particolarmente violento e ben centrato.

da: “La mia Foggia” di Alfonso De Capraris