‘A curatèlle
La denominazione di questa pietanza viene sicuramente dalla parola cuore che è il componente base, insieme al fegato, polmoni, milza e trachea cartilaginosa di un agnello o un capretto. Insomma le interiora che i macellai ( chianghìre, dalla parola chianga, pietra su cui lavoravano) abilmente estraevano dall’animale appena macellato in un tutt’uno per poi mettere in bella esposizione.
L’elemento base, appunto ‘a curatèlle, va accuratamente lavato, con più passate, in acqua e aceto, poi fatto sgocciolare. Quindi tagliato a tocchetti viene calato in un soffritto di olio ed abbondante cipolla quando quest’ultima raggiunge la giusta doratura. Chi vuole aggiunge del peperoncino e la cottura continua finchè il liquido prodotto dalle interiora non evapora. Poi sale, due foglie di alloro e mezzo bicchiere di vino bianco. Evaporato il vino, si aggiungono alcuni pezzetti di pomodoro e si continua la cottura per altri 10-15 minuti.