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Andrea Gaudiani (l’eretico foggiano)

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“Notizie per il buon governo della R. Dogana della mena delle pecore di Puglia con la regola della deduzione degli affitti delle terre salde secondo l’uso antico di essa Regia Dogana e con altro modo più facile più certo, divise in due parti: la prima contiene dette notizie, la seconda i privilegi, grazie concedute a’ locati e le leggi con le quali si governa essa Regia Dogana. Date alla luce dal dott. D. Andrea Gaudiani della Città di Foggia, avocato in essa Regia Dogana – 1700”. Questo è il lungo titolo di un manoscritto che Pasquale Di Cicco, “scopre”, consulta e studia, dandone notizia in un opuscolo dei “Quaderni di Foggia” a cura del Comune (il n. 8), titolandolo “Su di un manoscritto foggiano del settecento e sul suo autore” finito di stampare il 25 maggio 1971 per i tipi dello Stabilimento Tipografico Cav. L. CAPPETTA & F. – Foggia.

Il Di Cicco, oltre a riportare una precisa descrizione del manoscritto, circa la sua composizione e il suo stato, entrando nel merito di quanto in esso trattato dice: “Lessi il manoscritto del Gaudiani e potei apprezzare la chiarezza di esposizione  e la profonda conoscenza dell’astruso organismo doganale dimostrata dall’autore”; ” Esso è molto importante perchè è il primo studio di carattere generale pervenutoci sulla famosa istituzione foggiana, in cui la stessa venga descritta in ogni sua particolarità”. E ancora: “Il lavoro del Gaudiani si distingue, altresì, per lo stile non arcaicizzante, per la forma abbastanza moderna di trattazione, e perchè non è soltanto una storia delle vicende della Dogana, ma anche un’accurata illustrazione, riccamente esemplificata, della sua struttura e del suo funzionamento effettivi”.

Ma, vista la completezza ed esaustività dell’opera-manoscritto, la curiosità e l’interesse del Di Cicco, pian piano si spostano sull’autore dello stesso. “L’impresa non è stata davvero facile…”, riferisce il Di Cicco, “…e ci son voluti diversi anni di indagini, prima di pervenire ad un risultato soddisfacente”.

Chi è quindi Andrea Gaudiani?

Andrea Gaudiani nacque a Foggia il 18 aprile 1652 da Francesco Antonio e da Porzia Pellegrina, nativa di S. Severo. Gli fu dato per secondo nome quello di Berardino, quando fu battezzato nella parrocchia di S. Tommaso apostolo, padrini Antonio Nigro e Porzia Belvedere. Ebbe due fratelli, Alessandro Gervasio nato nel 1647 e Gaetano nato nel 1654. Abbracciò la carriera ecclesiastica e conseguì la laurea in utroque a Napoli. Ritornato nella sua città natale nel luglio del 1688, aprì presso la chiesa di S. Antonio abate una pubblica scuola di legge civile e canonica e di matematica, “..dove ci vanno molti scolari”. A partire dagli anni 1689-1690 cominciò a difendere avanti il tribunale della Dogana, diventando in un certo senso l’avvocato di fiducia di persone e di enti religiosi, di chiese, ecc., ma anche di molti ricchi “locati” e di altri sudditi di Dogana. La sua bravura personale gli permise, inoltre, di sollevarsi frequentemente da un’attività di routine, formata di questioni di poco conto. Gli vennero confidate difese di “ragioni” rilevanti, in cause di gran momento e fu anche avvocato della “università” di Foggia.

 Fra il 1694 e il 1698, presule troiano monsignor Cavalieri, lo si ritrova “ministro della curia vescovile”.

 La morte colse il Gaudiani dopo una lunga malattia il 15 dicembre 1716 a Foggia, e il suo corpo, secondo le ultime espresse volontà, dalla casa di Eleonora Fiorini fu traslato nella chiesa di S. Giuseppe dei Teatini.

Perchè eretico?

Eretico è chi sostiene una dottrina o affermazioni contrarie ai dogmi e ai principi di una chiesa, e fuori dall’ambito religioso, in senso figurato per indicare (chi sostiene) un’opinione o una dottrina in filosofia, politica, scienza, arte ecc. in disaccordo con quelle generalmente accettate come autorevoli. (fonte Wikipedia)

Il Gaudiani, almeno per quello che gli viene attribuito e addebitato, si muove a tutto campo, non si risparmia niente. Il potere esercitato all’epoca dalla chiesa e il fatto che lui stesso fosse un ecclesiastico, riconducono tutto sotto un unico giudice. I fatti continua a raccontarli Pasquale Di Cicco nel suo opuscolo.

In colloqui con sacerdoti e laici incominciò a manifestare idee che per la forma o per la sostanza sembrarono non molto ortodosse, e si trovò ben presto incriminato di<<proposizioni false, erronee, scandalose, malsonanti all’orecchi de’ fedeli non senza frasi ereticali>>. L’inchiesta a suo carico, condotta dalla curia di Troia e frequentemente sollecitata dal cardinale Cybo della congregazione del Santo Offizio, durò per circa quattro anni.

Si addebitava principalmente al Gaudiani di aver pronunciato parole oltraggiose per S. Tommaso, di reputar valido il sacramento della penitenza anche nel caso di una confessione volutamente incompleta, di ritenere <<non darsi attritione supernaturale>>, di andar <<suscitando la dannata opinione di Nicolò Copernico circa motum terrae>>.

Quest’ultima “eresia” si trascinava, già allora, nei tempi; dal primo sostenitore Aristarco da Samo (310 a.c. – 230 a.c.), allo stesso Nicolò Copernico (1473 – 1543), fino al nostro Galileo Galilei (1564 – 1642) che sotto minaccia di tortura la abiurò nel 1633.

 Ma non finivano qui le accuse al Gaudiani. Racconta ancora il Di Cicco:

Qualcuno inoltre affermava che egli aveva <<profferito altre propositioni, come quella che il Concilio di Trento non era legale, che il seme humano era animato, e che non si doveva Purgatorio>>, ma queste <<propositioni>> non furono oggetto specifico dell’inchiesta, forse perchè non sufficientemente attestate.

Il Gaudiani comunque seppe abilmente discolparsi ed uscire dalla vicenda del tutto scagionato.

E’ nella seconda parte dell’opuscolo, l’appendice, intitolata appunto “L’eretico Gaudiani”, che il Di Cicco entra nel merito della questione.

La faccenda delle <<eresie>> prese l’avvio da un’animata conversazione avvenuta il 22 agosto 1688 fra il Gaudiani e altri sacerdoti <<dentro la spietiaria di Giuseppe della Vecchia sotto le moniche di S. Chiara di Foggia>> e trovò nuovo alimento particolarmente in una discussione teologica tenuta nella sagrestia della Chiesa dei Morti.

Poi ricorsi, denunce e lettere anonime fino ad interessare il vescovo dell’epoca. Furono interrogati diaconi, sacerdoti e canonici. Gli interrogatori del Gaudiani avvennero a Troia il 2 agosto e il 3 settembre 1692, e le risultanze furono spedite a Roma.

La denuncia inviata alla Congregazione del Santo Offizio sulle “propositioni” del Gaudiani:

Eccellentissimi e reverendissimi signori,

in Foggia diocesi di Troia poco fa è gionto un Prete, nomine Andrea Gaudiano il quale sotto il titolo di Lettore va publicamente seminando proposizioni false, erronee, scandalose, malsonanti all’orecchi de’ fedeli non senza farsi ereticali.

Prima propositione

Terram de facto moveri e questa propositione est de directo contraria alla S. Scrittura nell’Ecclesiastico al cap. I, ibi: Terra in aeternum stat, e così tutti li cattolici consentono, oltre l’essere proprositione de’ Nicolò Copernico dannato da Urbano.

Seconda propositione

Disse tener in culo, cum reverentia, S. Tommaso.

Terza propositione

Accedens ad sacramentum poenitentiae malitiose cum conscentia peccati mortalis, recipit et fit validum sacramentum quamquam sine gratia: et il medemo con gran pertinacia persiste, dicendo haver ritrovatoin Foggia nuova teologia, da dove ne siegue, che tutto ciò si porti alla notizia delle EE.VV. acciò vi procedano di buona forma per custodia del ben pubblico e prohibire simili novità, e castigare si fatta sorte d’huomini temerari ecc. certiorando l’EE.VV. essersi mandata notitia in Troia all’ordinario, come delegato della S. Sede Apostolica in simili casi.

 Testimoni

  1. Ottavio Coda; Diacono Michele Cavalluccio; Giuseppe Longo; il Teologo D. Francesco Meula, alias Pancicco complice alla terza proposizione;
  2. Gennaro Bevilacqua, et altri dentro la spetiaria di Giuseppe della Vecchia sotto le finestre delle R. Monache di S. Chiara, ove si fanno mille indecenze, e spropositi con scandalo del publico ecc.

 Interrogatorio dell’agosto 1692

I^ PROPOSITIONE – Che lasciandosi malitiosamente da un penitente in confessione sacramento uno o più peccati mortali per l’assolutione sagramentale che riceverà degli altri peccati confessati, era valido il sagramento della penitenza senza produtione di grazia , e che con quelli termini s’intendeva il sagramento valido et informe.

RISPOSTA – Io dico che lasciandosi malitiosamente un peccato, o più da un penitente per l’assolutione che riceve per l’altri peccati confessati non è altrimenti valido il sacramento, ma fa un sagrilegio ed io ho sostenuto che dimenticandosi un penitente uno o più peccati mortali il tal caso è valido il sacramento, ma non riceve la gratia, ed in questi termini intendo il sacramento informe e questo medesimo sosteneva.

II^ PROPOSITIONE – Ho in culo S. Tommaso.

RISPOSTA – Questa propositione io non l’ho proferita né l’ho intesa proferire.

III^ PROPOSITIONE – Che uno perfettamente contrito non aveva bisogno di confessarsi  né del sacramento della penitenza avendo già ricevuta la grazia per la contritione.

 

RISPOSTA – Io non mi ho mai sognato simil cosa, ma dico bene che aget confessione  in re necessitate praecepti.

IV^ PROPOSITIONE – Che la terra aveva moto diurno.

RISPOSTA – Io non ho studiato mai matematica né so che moto sia, né tal propositione ho inteso mai proferire.

Le risposte al secondo interrogatorio risultano più articolate ed esaustive.

Interrogatorio del settembre 1692

RISPOSTA ALLA I^ PROP. – Per questi temini non si può intendere il Sagramento della penitenza valido et informe, ma bensì quando uno, scordandosi invincibilmente un peccato commesso mortale, questo tale confessandosi rite et recte l’altri peccati mortali confermerà il Sagramento della penitenza valido et informe, nè io ho inteso darsi tal sagramento della penitenza valido , et informe, che in questo modo da me esplicato, e mi ricordo in un discorso havuto dentro la spietiaria di Giuseppe della Vecchia sotto le moniche di Santa Chiara di Foggia, e se mal non mi ricordo nel mese di Agosto del 1688, dove si discorreva dal Canonico Ottavio Coda, d. Michele Cavallucci  con d. Domenico Meula se si poteva dare il Sagramento della penitenza valido, et informe, della quale questione fui domandato dalli medesimi ed io dissi che era commune opinione della Scuola Tomista darsi detto Sagramento valido et informe e se (non) mal mi ricordo portai questi argomenti si quis haberet duo peccata mortalia nempe fornicationis invincibiliter, et eligat actum Doloris ex peculiari motivo Blasphemiaeet confiteatur iste talis quia prebet omnia necessaria ad validitatem Sacramenti facit sacramentum validum, at quia non remittur unum mortale sine olio non tollit obicem ab anima propter peccatum fornicationis non confessum, non potest recipere gratiam, et per consequens tale Sacramentum remanet informe, et validum.

RISPOSTA ALLA II^ PROP. – Io come Cattolico, e vero figlio della Santa Chiesa Romana so la veneratione che si deve alli Santi della medesima Chiesa che è l’adoratione hiperdoliae e per conseguenza non poteva, nè doveva prorompere in simile bestemia, è ben vero però che al discorso dell’antecedente proprositione mi si volevano opponere con un libro a me incognito per lo che io li risposi che havea finito il tempo mio della scuola, nè quelli cessavano però d’importunarmi a doverlo leggere, onde io più per atto di scherzo  dissi di volerlo ponere al culo, al che mis i rispose è di San Tommaso, io dissi haver il santo in testa, però non era forzato a seguitare la sua dottrina scolastica, mentre vi erano altre scuole contrarie, come la scotista e finì il discorso con burle e rise, mentre si trattava fra amici.

RISPOSTA ALLA III^ PROP. – Sopra di questa materia non mi ricordo haver avuto altro discorso se non che dentro la sagristia de’ Morti di Foggia, dove andai per dir la messa, ed ivi ritrovato il sacerdote D. Giacomo Farina, che stava discorrendo di confessione con altri sacerdoti, ed al detto Farina domandai quid absoluit sacerdos in iam contrito mentre noi havemo che la sola contritione è sufficiente ad obblire e cancellare il peccato alla quale domanda confuso il detto Farina io li domandai che cosa rappresentava il sacerdote se gerebat vicem iudicis e lui disse di si, al che io risposi dunque il giudice non può sententiare senza la cognitione della causa, dunque per poter formere il giudicio, bisognava il penitente esprimere per la confessione i suoi peccati a ciò che il sacerdote ministro non ostante la contritione avuta li potesse ingiongere la penitenza satisfactoria, nè poteva altrimenti sentire la detta propositione nè potea tenerla nel modo esposto per essere manifestamente heretica per il precetto imposto dal Cristo benedetto al leproso mondato quando disse ostende te Sacerdoti il che s’intende per la soggettione alle chiavi, oltre quello della Chiesa.

RISPOSTA ALLA IV^ PROP. – Questa propositione non è stata mai sostenuta da me, nè in publico nè in privato, nè ad altri insegnata, solo mi ricordo, credo nel mese di settembre o ottobre passando per la piazza fui chiamato dal dott. Fisico Nicolò Rota all’ora medico della città di Foggia, il quale discorreva con D. Giacomo Farina, a’ quale haveva domandato come s’intendeva quel luogo di Giesuè sta sol, et sol stetit in medio coeli, come poteva stare in mezzo al cielo diceva il detto Rota quando Giesuè haveva bisogno mezz’hora di giorno, e domandata a me tal difficoltà dissi poteva intendersi per la vastezza del cielo e picciolezza della terra, che in ogni parte che si consideri il sole pare che stia in mezzo a tutto il cielo, tanto più dagl’Astrologhi viene situato il suo luogo giusto in mezzo a tutto il cielo planetario, e da questo discorso si passò più avanti dicendo io che questo passo di scrittura era un argomento che havevano preso quelli che davano il moto alla terra, per dire che nel centro di tutto l’universo vi stia il sole, e non la terra, ma perchè questa era un’opinione dannata dalla Chiesa non se ne poteva discorrere. Io non dissi altro, e andai per l’affari miei.

 Io D. Andrea Gaudiano ho deposto quanto si contiene di sopra.

Certo che deve aver fatto  “rumore” l’evento nell’attraversare quei tempi, soprattutto in ambiente ecclesiastico, perchè nulla è detto della eco prodotta all’esterno, sicuramente scarsa e coperta da segretezza. Tutto si risolse in una bolla di sapone, e l’autore dell’opuscolo fa capire che il Gaudiani non subì alcun nocumento o strascico.

(Raffaele De Seneen)

da un manoscritto del 1700 dell’avvocato Andrea Gaudiani del Tribunale speciale della Dogana su “Alfonso d’Aragona” conservato nella Biblioteca Provinciale di Foggia

Osservò la gran pianura della Puglia esser molto fertile di erba, e che a tale oggetto calava in essi erbaggi gran quantità di animali, così minuti (pecore,capri e porci), come grandi (buoi,muli,cavalli,asini), non solo dalle lontane province del Regno, ma anche da fuora per svernare nella Puglia, fidandoli a loro arbitrio i padroni, o nelli territori regii o di baroni, o d’università (i Municipii), o di altri particolari. Come intesissimo dell’antiche istorie, li cadde in mente far lui quest’industria, con addossarsi il peso di provvedere a tutti d’erba, e con tal rendita rendere più opulento il suo erario per la conservazione del regno… Con tali riflessioni il suddetto re Alfonso andava disponendo l’animo suo per stabilire tal dritto di fida solo per sé, per la qual cosa considerò ancora che non poteva tutto ciò giustamente fare, senza addossarsi l’impegno di dover provvedere a tutti di erba, altrimenti si rendeva vano tentare di costringere i padroni degli animali a condurli forzosamente nei suoi soli erbaggi, quando non erano sufficienti al gran numero degli animali che calavano in Puglia. Però risolse pigliare tutti quelli territori dove solevano fidare, con contratto perpetuo e per il medesimo prezzo che soleano i padroni venderli, nel qual caso, non apportando verun danno ai suoi vassalli, poteva lecitamente costringere i padroni degli animali a calarli nei suoi soli erbaggi