Espansione urbana subito dopo l’Unità d’Italia
Quella che oramai era una naturale tendenza allo sviluppo urbanistico nell’arco est-sud fu accentuata decisamente a partire dal 1863, quando fu inaugurata la stazione ferroviaria. Questa veniva a trovarsi sulla sola linea adriatica, in attesa del completamento dell’altra arteria ferrata tra Foggia e Napoli. L’evento, confermando l’importanza strategica di cui la città aveva sempre goduto, valse non solo ad inserirla in una grande rete viaria con gran parte del suo territorio, con innegabili positivi riflessi nei vari settori produttivi e commerciali, ma anche a dare impulsi e aspetti nuovi allo sviluppo urbanistico.
Non era trascorso gran tempo dall’edificazione del liceo-convitto comunale Vincenzo Lanza e delle scuole professionali d’arti e mestieri Saverio Altamura (che poi diverrà il Regio Istituto Industriale), che il tessuto urbano si arricchì, tra il ’75 e il ’78, della grande piazza Cavour, delimitata dall’ormai vecchio pronao neoclassico e dai palazzi che, realizzati in quegli anni, assunsero i nomi di Mandara-Trifiletti e Vaccarella. Questi ultimi modificarono in parte il tracciato della circumvallazione, chenel ’39 era tra la villa e l’orfanotrofio Maria Cristina, e crearono le premesse di quelli che oggigiorno rispondono ai nomi di via Torelli e via Conte Appiano. Tra l’85 e l’86 sorse la caserma dei carabinieri.
Dei tre, il secondo è quello che, per orientamento, si ricollega all’antico cardo e alla via Le Ville: esso, fino agli anni cinquanta del XX secolo, costituirà l’orientamento fondamentale nello sviluppo urbanistico della città capoluogo.
Corso Giannone aveva origine proprio dal piazzale della stazione ferroviaria: attraversava aree pascolative a margine di pochi orti e vigneti indi, dopo piazza Cavour, riprendeva il suo corso verso sud-ovest. Solo nel 1894 arriverà, da questo lato, ad incrociare la via S.Lorenzo, mentre nel primo tratto l’aperta campagna dominava ancora il paesaggio.
Tuttavia, se con la graduale espansione verso levante e mezzogiorno si aveva una più ampia distribuzione dei servizi sociali e delle attività industriali, il centro politico e amministrativo rimaneva, con la prevalente attività commerciale, nell’area storica e a margine della stessa, lungo l’attuale corso Garibaldi e nell’allora piazza Prefettura.
L’agglomerato urbano si estendeva nella vasta pianura e il suo sviluppo, indice di una certa prosperità economica e della fertilità delle private iniziative, contrastava con la declamata crisi generale del paese. Si edificava dappertutto nell’estrema nuova periferia, al di là di tante modeste abitazioni e in qualche settore marginale dei vecchi e degli antichi tessuti: tra il 1868 e il 1910, in un fervore costruttivo, in un fervore costruttivo che forse non aveva precedenti storici, tutta una serie di nuove grandi opere arrichhì il patrimonio edilizio e industriale della città Purtroppo, forte era il contrasto tra esse e la miriade di piccole case che si spingevano oltre Gesù e Maria. Qualche opera di bonifica urbana fu realizzata anche in un settore all’epoca centrale, all’imbocco di via S.Francesco Saverio (oggi corso Cairoli), ove furono fatte demolire alcune casupole nel ’69 per far costruire il palazzo Arbore che fino a pochi anni orsono aveva di fronte quello di Scillitani e poi di Frattarolo.
Nell’ultimo decennio del XIX secolo si operò anche per l’abitato nella cosiddettaTerra vecchia, ove su antichi vicoli sorsero vari palazzi prospicienti al corso Garibaldi, tra cui quello della Banca d’Italia nel 1890. Entro il 1894 si ebbero i magazzini generali (oltre la zona ferroviaria), l’opera pia Scillitani e la caserma Miale da Troia con la retrostante piazza d’Armi. Nel ’91 fu realizzata la nuova chiesa di S.Anna in via S.Antonio e nel ’98 gli alberi e le aiuole allietarono piazza Cavour e corso Garibaldi. Tra il ’68 e il ’70 fu fondata l’officina gas; nel 1873 fu creato lo stabilimento meccanico a vapore Saponaro e Pollice per macchine e strumenti agrari, enologici ed oleari; nel 1884 il Tro a Segno Nazionale e due anni dopo il pastificio e panificio G.O. Barducci Pedone; nel 1888 lo stabilimento meccanico a vapore Mancini e La Torre, per macchine agricole e industriali (con annessa lavanderia a vapore e stireria); nel 1895 il macello sulla via di Manfredonia; nel 1898 l’officina elettrica e quella meccanica di Michele Mancini; nel 1900 l’officina di Alfonso Malatesta e la fonderia di Vincenzo Correale; nel 1904, infine, si ebbero il mulino e il pastificio Rocco La Capria e la fabbrica di ghiaccio di Carlo e Francesco Figliolia.
Carlo Villani, nella sua Cronistoria di Foggia (riportata nel sito), fa sapere che nel 1869 esisteva già il palazzo Scillitani e che il 31 agosto 1867 fu fatto demolire l’indecoroso arco di Portanova, all’attuale via Ricciardi, verso via Manzoni..
In netto contrasto con quanto avveniva secondo le tendenze del tempo, in tante città grandi e medie, lo sviluppo dell’abitato non interessava che marginalmente l’antico nucleo. Altrove le demolizioni e gli sventramenti, a volte non opportunamente eseguiti ma sempre giustificati da motivi igienico-sanitari; qui, invece, l’espansione lungo arterie che rappresentavano vecchie o antiche direttrici e su suoli liberi, spesso demaniali.
La legge del 1865 sugli espropri per pubblica utilità contemplava espressamente, nella parte relativa ai piani regolatori, la facoltà dei comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti di provvedere ad una propria ristrutturazione, onde darsi le necessarie comunicazioni e migliorare le proprie condizioni ambientali anche attraverso demolizioni. Ebbene, detta norma non ebbe effetto alcuno e almeno in parte fu un bene, per la città di Foggia, che solo dopo la legge del 1885 vide manomesso in minima parte il suo tessuto lungo corso Garibaldi. Così, mentre in altri centri rettifili e piazze, giardini e zone verdi in generale sorgevano sui siti delle vecchie e antiche costruzioni, qui il verde, le piazze, i corsi e le strade si sviluppavano liberamente nel corso della seconda metà dell’Ottocento.
Dopo il 1840 era addirittura l’antico cardo che suggeriva alle nuove arterie il suo felice orientamento. Prima ancora che nel 1889 venissero riscoperti i centri storici e i loro valori artistici, inesorabilmente manomessi sull’esempio francese per dar luogo a rigide e monotone lottizzazioni a scacchiera, con forzate prospettive, nel capoluogo della Capitanata il più antico nucleo godeva già del privilegio dell’intangibilità. Motivi casuali, disponibilità di ampi suoli edificatori e indiscutibili meriti dei migliori amministratori concorsero alla salvaguardia, sino ai giorni nostri, di quel patrimonio culturale rappresentatodall’area urbana un tempo gelosamente chiusa entro turrite mura.
La tipologia edilizia rispecchiava la situazione politico-amministrativa e la società del tempo: i palazzi nobiliari di buona architettura neoclassica, sempre più numerosi, e quelli più modesti dei grandi commercianti e dei primi industriali dominavano, con i campanili religiosi e gli edifici pubblici, la grande marea di case e baracche popolari. Nel ‘900, e comunque prima del conflitto ’15-’18, l’architettura di stile floreale fece la sua apparizione in piazza Lanza, ove sorse il palazzo Pedone in luogo di vecchie case ottocentesche.
Le opere di urbanizzazione, all’epoca possibili, non seguivano d’altronde l’intero sviluppo dell’abitato; cosicchè lo spettacolo igienico-sanitario che si offriva all’occhio del cittadino non era certamente edificante. Se a tanto si aggiunge che dal 1840 fino all’ultimo decennio dello stesso secolo la popolazione era aumentata di circa l’80%, che le nuove dimensioni urbane in quest’ultimo periodo si rivelarono insufficienti sotto l’ulteriore spinta demografica e che l’espansione negli ultimi decenni tendeva a proiettare la città verso un futuro urbanistico a carattere episodico e disarmonico, si comprende perchè i responsabili della cosa pubblica fecero predisporre il primo strumento pianificatore.
(fonte: Vincenzo Salvato – Città territorio e genti)