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Giuseppe Rosati

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Giuseppe Rosati

Giuseppe Rosati

Giuseppe Rosati nasce a Foggia il 21 settembre del 1752 da Raffaele Rosati e Marianna Giannone, pronipote di Pietro Giannone, il celebre autore della Istoria civile del Regno di Napoli e del Triregno. Rimasto orfano in tenera età, è affidato allo zio, Don Bonaventura Rosati, un ecclesiastico illuminato il quale, avvertendo in lui sin da subito una mente dotata e uno spirito ingegnoso, si prodiga di farlo studiare nel Seminario di Troia, dove Rosati segue il percorso degli studi classici, apprendendo il latino e il greco. Terminati gli studi nel Seminario, dopo un breve soggiorno a Foggia, si trasferisce a Napoli. Nel 1777 supera l’esame di dottorato in filosofia e medicina. Subito dopo, presenta la candidatura per un concorso a una cattedra di fisica nel collegio militare di Napoli. Riuscito primo nelle graduatorie, il posto viene assegnato a un monaco raccomandato dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria alla figlia Maria Carolina. Questo episodio, per quanto determinante per la vita del giovane venticinquenne, non gli impedirà di continuare le sue ricerche nelle varie discipline scientifiche, come la matematica, la geografia, l’architettura, l’agronomia, e di coltivare le diverse tecniche di disegno scientifico correlate. Dopo dieci anni di studi nella capitale partenopea, nel 1781 ritorna a Foggia,

Il tempietto dedicato a Giuseppe Rosati

Il tempietto dedicato a Giuseppe Rosati

dove si mette subito a lavoro su quelle che sarebbero state le questioni e le preoccupazioni dominanti della sua vita. Vive dando lezioni private e praticando l’arte medica, a cui egli si dedica con una certa meticolosità, cosciente della confusione in cui versa la medicina in quei tempi. Si procura fama di scienziato eclettico e maestro, medico dei poveri e disprezzatore dei grandi, indefesso lavoratore nella produzione dei saperi e grande comunicatore. Al 1788 risale il disegno di un “Planisfero terrestre” su tela e di cinque carte geografiche rappresentanti i cinque continenti. Nel 1805 gli viene conferita la cattedra in Agricoltura, che diventerà in seguito di Economia rurale, istituita a Foggia nel 1800. Comincia per Rosati un lungo percorso di scienza e impegno filantropico. Egli tiene i suoi corsi nell’università, continuando a praticare l’arte medica e aprendo totalmente la sua casa alle visite degli studenti. Nel 1810 Gioacchino Murat istituisce le “Società di Agricoltura”, che in seguito si chiameranno “Reali Società Economiche”, in ogni capoluogo del Regno, e Rosati viene chiamato a fare il presidente di quella di Foggia. Nel 1814 l’Accademia dei Georgofili di Firenze elegge Rosati come socio corrispondente. Diverse proposte e inviti allettanti da diverse parti di Italia e d’Europa non servono a far smuovere Rosati dalla sua città, al servizio della cui popolazione egli si era posto sin dal ritorno da Napoli. L’indefessa attività lavorativa nella ricerca e nella cura dei rapporti sociali (si disse di lui che era “l’uomo di tutti i giorni”), la noncuranza del riposo personale, lo portano ad ammalarsi, probabilmente alle vie respiratorie. Si spegne il primo settembre del 1814. Un quadro chiaro, dai contenuti e i contorni definiti della vita di Giuseppe Rosati, non è facile da disegnare. Le cose che appaiono più evidenti e verosimili sono le stesse che nella carenza del materiale biografico disponibile si ripetono e in tale ripetizione possono far sorgere il dubbio sulla loro concretezza. Si tratta più che altro di aneddoti, episodi curiosi, fatti singolari che restituiscono il ritratto di un Rosati non solo dedito alla ricerca nei diversi rami del sapere scientifico, ma anche uomo virtuoso, impegnato a concretizzare nello stile di vita una fusione perfetta di scienza e impegno sociale, teoria e praxis: un esempio inusuale di cinismo intellettuale, potremmo dire, e filantropia. Nonostante la notorietà raggiunta nei circoli scientifici europei, procuratasi con la pubblicazione di opere come Le Industrie di Puglia, gli Elementi per l’edificazione e i diversi manuali di aritmetica, geometria e geografia, Giuseppe Rosati è indissolubilmente legato alla sua città natìa, da cui pare non si sia più mosso dal ritorno del 1781. Stando alle poche notizie lasciateci dai suoi biografi, pare non amasse i cosiddetti “grandi personaggi”, che evitava di incontrare, e dedicasse la sua vita oltre che alla cura dei poveri anche all’orientamento dei giovani della sua città. Si dice che fosse un cinico, amasse la solitudine ma senza negarsi il tempo per gli altri, tanto che la sua casa pare fosse sempre piena di studenti e persone che andavano a trovarlo per chiedergli chiarificazioni, per conoscerlo o semplicemente per sentirlo parlare di scienza. Quando il ministro Acton, trovandosi in visita nella città, invitò il Rosati a presentarsi con le sue carte geografiche, egli si rifiutò e si scusò mandandogli a dire che “davanti ai grandi personaggi bisogna stare a capo scoperto, ma lui aveva bisogno di tenerlo coperto”, battuta che fece ridere il famoso ministro, che decise di recarsi lui stesso dal sarcastico filosofo. La stessa battuta Rosati la pronunciò nel 1797, quando la casa reale arrivò a Foggia per celebrarvi le nozze di Francesco, duca di Calabria, e l’arciduchessa d’Austria Maria Clementina. Mentre gli amici gli consigliavano di andare a far visita alla regina, Rosati disegnò su carta un ventaglio puntellato a penna e glielo fece pervenire. La regina allora, divertita, mandò il ministro Acton a chiedergli che cosa desiderasse, ma Rosati rispose che non aveva bisogno di niente e ringraziava la regina dell’onore che gli conferiva, cosa che non la fece per niente divertire. In seguito, quando gli amici gli chiesero chiarimenti circa il suo comportamento, Rosati disse: “Se la regina voleva farmi cosa grata, mi avrebbe fatta giustizia nel concorso alla cattedra nel collegio militare”. Un altro bizzarro episodio ruota intorno alla figura di un certo signor Matteo Del Sordo, originario di San Savero, che fece visita al Rosati, in un data imprecisata, in qualità di accompagnatore del generale Mack. Il signor Del Sordo, vedendo la carta geografica dell’Italia disegnata dal Rosati, si avvicinò, ci puntò contro il bastone con la punta acuminata e, rivolgendosi al generale, disse: “Ecco l’Italia che voi difendete”. Poi premette il bastone e la forò involontariamente. Il Rosati ne rimase ovviamente ferito. Diverso tempo dopo, il signor Del Sordo sedeva a teatro, quando l’archibugio di un militare cadde a terra, la palla colpì una trave di legno e una scheggia gli finì nell’occhio. Pare che il Rosati, venuto a conoscenza dell’episodio, abbia sarcasticamente esclamato: “Sta bene! Lui forò la mia carta e il fucile del soldato gli ha forato un occhio!” Il cinismo del Rosati ha radici nell’intreccio costituitosi nella sua vita tra le esperienze vissute, quali la perdita dei genitori in tenera età e la ingiustizia subita venticinquenne a Napoli, e l’insaziabile sete di sapere. Appellativi

Targa posta dinanzi alla casa natale di Giuseppe Rosati

Targa posta dinanzi alla casa natale di Giuseppe Rosati

come il “Newton pugliese” e l’ “Enciclopedico di Foggia” (tale, ad esempio, il titolo di una commedia dedicata al Rosati dopo la sua scomparsa), riflettono la dimensione e l’atmosfera che egli è riuscito in qualche modo a produrre intorno a sé in quei decenni fondamentali per la storia europea. Autore: Antonio Fiscarelli Data aggiornamento: 23 dicembre 2008Giuseppe Rosatiintroduzione informazioni generali approfondimento bibliografie Informazioni generali: La vita Giuseppe Rosati nasce a Foggia il 21 settembre del 1752 da Raffaele Rosati e Marianna Giannone, pronipote di Pietro Giannone, il celebre autore della Istoria civile del Regno di Napoli e del Triregno. Rimasto orfano in tenera età, è affidato allo zio, Don Bonaventura Rosati, un ecclesiastico illuminato il quale, avvertendo in lui sin da subito una mente dotata e uno spirito ingegnoso, si prodiga di farlo studiare nel Seminario di Troia, dove Rosati segue il percorso degli studi classici, apprendendo il latino e il greco. Terminati gli studi nel Seminario, dopo un breve soggiorno a Foggia, si trasferisce a Napoli. Nel 1777 supera l’esame di dottorato in

Casa di Giuseppe Rosati

Casa di Giuseppe Rosati

filosofia e medicina. Subito dopo, presenta la candidatura per un concorso a una cattedra di fisica nel collegio militare di Napoli. Riuscito primo nelle graduatorie, il posto viene assegnato a un monaco raccomandato dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria alla figlia Maria Carolina. Questo episodio, per quanto determinante per la vita del giovane venticinquenne, non gli impedirà di continuare le sue ricerche nelle varie discipline scientifiche, come la matematica, la geografia, l’architettura, l’agronomia, e di coltivare le diverse tecniche di disegno scientifico correlate. Dopo dieci anni di studi nella capitale partenopea, nel 1781 ritorna a Foggia, dove si mette subito a lavoro su quelle che sarebbero state le questioni e le preoccupazioni dominanti della sua vita. Vive dando lezioni private e praticando l’arte medica, a cui egli si dedica con una certa meticolosità, cosciente della confusione in cui versa la medicina in quei tempi. Si procura fama di scienziato eclettico e maestro, medico dei poveri e disprezzatore dei grandi, indefesso lavoratore nella produzione dei saperi e grande comunicatore. Al 1788 risale il disegno di un “Planisfero terrestre” su tela e di cinque carte geografiche rappresentanti i cinque continenti. Nel 1805 gli viene conferita la cattedra in Agricoltura, che diventerà in seguito di Economia rurale, istituita a Foggia nel 1800. Comincia per Rosati un lungo percorso di scienza e impegno filantropico. Egli tiene i suoi corsi nell’università, continuando a praticare l’arte medica e aprendo totalmente la sua casa alle visite degli studenti. Nel 1810 Gioacchino Murat istituisce le “Società di Agricoltura”, che in seguito si chiameranno “Reali Società Economiche”, in ogni capoluogo del Regno, e Rosati viene chiamato a fare il presidente di quella di Foggia. Nel 1814 l’Accademia dei Georgofili di Firenze elegge Rosati come socio corrispondente. Diverse proposte e inviti allettanti da diverse parti di Italia e d’Europa non servono a far smuovere Rosati dalla sua città, al servizio della cui popolazione egli si era posto sin dal ritorno da Napoli. L’indefessa attività lavorativa nella ricerca e nella cura dei rapporti sociali (si disse di lui che era “l’uomo di tutti i giorni”), la noncuranza del riposo personale, lo portano ad ammalarsi, probabilmente alle vie respiratorie. Si spegne il primo settembre del 1814. Un quadro chiaro, dai contenuti e i contorni definiti della vita di Giuseppe Rosati, non è facile da disegnare. Le cose che appaiono più evidenti e verosimili sono le stesse che nella carenza del materiale biografico disponibile si ripetono e in tale ripetizione possono far sorgere il dubbio sulla loro concretezza. Si tratta più che altro di aneddoti, episodi curiosi, fatti singolari che restituiscono il ritratto di un Rosati non solo dedito alla ricerca nei diversi rami del sapere scientifico, ma anche uomo virtuoso, impegnato a concretizzare nello stile di vita una fusione perfetta di scienza e impegno sociale, teoria e praxis: un esempio inusuale di cinismo intellettuale, potremmo dire, e filantropia. Nonostante la notorietà raggiunta nei circoli scientifici europei, procuratasi con la pubblicazione di opere come Le Industrie di Puglia, gli Elementi per l’edificazione e i diversi manuali di aritmetica, geometria e geografia, Giuseppe Rosati è indissolubilmente legato alla sua città natìa, da cui pare non si sia più mosso dal ritorno del 1781. Stando alle poche notizie lasciateci dai suoi biografi, pare non amasse i cosiddetti “grandi personaggi”, che evitava di incontrare, e dedicasse la sua vita oltre che alla cura dei poveri anche all’orientamento dei giovani della sua città. Si dice che fosse un cinico, amasse la solitudine ma senza negarsi il tempo per gli altri, tanto che la sua casa pare fosse sempre piena di studenti e persone che andavano a trovarlo per chiedergli chiarificazioni, per conoscerlo o semplicemente per sentirlo parlare di scienza. Quando il ministro Acton, trovandosi in visita nella città, invitò il Rosati a presentarsi con le sue carte geografiche, egli si rifiutò e si scusò mandandogli a dire che “davanti ai grandi personaggi bisogna stare a capo scoperto, ma lui aveva bisogno di tenerlo coperto”, battuta che fece ridere il famoso ministro, che decise di recarsi lui stesso dal sarcastico filosofo. La stessa battuta Rosati la pronunciò nel 1797, quando la casa reale arrivò a Foggia per celebrarvi le nozze di Francesco, duca di Calabria, e l’arciduchessa d’Austria Maria Clementina. Mentre gli amici gli consigliavano di andare a far visita alla regina, Rosati disegnò su carta un ventaglio puntellato a penna e glielo fece pervenire. La regina allora, divertita, mandò il ministro Acton a chiedergli che cosa desiderasse, ma Rosati rispose che non aveva bisogno di niente e ringraziava la regina dell’onore che gli conferiva, cosa che non la fece per niente divertire. In seguito, quando gli amici gli chiesero chiarimenti circa il suo comportamento, Rosati disse: “Se la regina voleva farmi cosa grata, mi avrebbe fatta giustizia nel concorso alla cattedra nel collegio militare”. Un altro bizzarro episodio ruota intorno alla figura di un certo signor Matteo Del Sordo, originario di San Savero, che fece visita al Rosati, in un data imprecisata, in qualità di accompagnatore del generale Mack. Il signor Del Sordo, vedendo la carta geografica dell’Italia disegnata dal Rosati, si avvicinò, ci puntò contro il bastone con la punta acuminata e, rivolgendosi al generale, disse: “Ecco l’Italia che voi difendete”. Poi premette il bastone e la forò involontariamente. Il Rosati ne rimase ovviamente ferito. Diverso tempo dopo, il signor Del Sordo sedeva a teatro, quando l’archibugio di un militare cadde a terra, la palla colpì una trave di legno e una scheggia gli finì nell’occhio. Pare che il Rosati, venuto a conoscenza dell’episodio, abbia sarcasticamente esclamato: “Sta bene! Lui forò la mia carta e il fucile del soldato gli ha forato un occhio!” Il cinismo del Rosati ha radici nell’intreccio costituitosi nella sua vita tra le esperienze vissute, quali la perdita dei genitori in tenera età e la ingiustizia subita venticinquenne a Napoli, e l’insaziabile sete di sapere. Appellativi come il “Newton pugliese” e l’ “Enciclopedico di Foggia” (tale, ad esempio, il titolo di una commedia dedicata al Rosati dopo la sua scomparsa), riflettono la dimensione e l’atmosfera che egli è riuscito in qualche modo a produrre intorno a sé in quei decenni fondamentali per la storia europea.

Autore: Antonio Fiscarelli

(fonte: www.bibliotecaprovinciale.foggia.it)