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Gli Aragonesi e la dogana delle pecore

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Alfonso d'Aragona

Alfonso d’Aragona

Alfonso d’Aragona, aiutato dai Visconti di Milano, entrò vittorioso in Napoli  nel 1442 e quindi anche anche Foggia risentirà del suo dominio.Questo è il periodo in cui la Puglia comincia a diventare terra privilegiata di concessioni feudali a spagnoli e napoletani. Il Tavoliere delle Puglie era la più grande pianura del Mezzogiorno, seconda soltanto in Italia a quella Padana. Alfonso I decise l’istituzione di un “tabulato censuario” per i pascoli, praticamente un catasto su cui erano registrati i terreni di proprietà del fisco. Ma la grande novità del periodo aragonese risale al 1447 quando, affidato dal re l’incarico di doganiere a Francesco Montluber, la Capitanata si rese protagonista di un esperimento amministrativo con finalità essenzialmente fiscali: si crearono le condizioni per riorganizzare le vasti estensioni di terre, circondate da colline e montagne, considerato il clima invernale mite, in una grande riserva in grado di ospitare sino a due milioni di capi. Ecco istituita la “Regia Dogana della mena delle pecore” che sarà perfezionata da Ferrante , il figlio di Alfonso che fece trasferire la sede della Dogana da Lucera a Foggia. L’apertura e la chiusura del periodo della transumanza, come veniva chiamato l’esodo delle greggi attraverso le terri di Capitanata, coincidevano con due importanti pellegrinaggi alla grotta di S.Michele Arcangelo a Montesantangelo (29 settembre e 8 maggio); i pastori facevano volentieri questi due pellegrinaggi in quanto S.Michele, definito dai pastori protettore degli animali, avrebbe vegliato sui loro pascoli.

Il fenomeno della transumanza aveva origini assai più antiche, i quanto molti pastori, soprattutto dei paesi montani circostanti, scendevano nei mesi freddi nel Tavoliere delle Puglie, ma solo Alfonso d’Aragona regolamentò questa consuetudine. La Dogana portò ad una radicale trasformazione del regime giuridico dei pascoli, in quanto a nessuno fu più consentito di alienare liberamente terre da pascolo, delle quali il re fece incetta, proibendo ai proprietari delle terre restanti di ospitare gli animali; se veniva seminato un terreno destinato ad erba le sanzioni pecunarie erano assai severe. La migrazione ed il conseguente passaggio obbligatorio dalla Dogana certamente servì per arricchire il Regno. Il Doganiere, appena investito del prestigioso incarico,obbligò i pastori che scendevano in Puglia al pagamento di 8 ducati per ogni 100 pecore in cambio della assegnazione di un pascolo sufficiente, dove rimanevano fino a primavera inoltrata, quando, subito dopo la tosatura, ritornavano nelle località di provenienza Erano inoltre tenuti a vendere a Foggia, sede della Dogana, i loro prodotti e cioè lana, agnelli, capretti, formaggi. I pastori non si ribellarono a tale imposizione, ma chiesero al re due precise garanzie: la protezione durante il viaggio dalle terre di origine in Capitanata e relativo ritorno, e la possibilità di trovare pascoli sufficienti per tutto il periodo invernale. per risolvere il primo punto il Montluber acquistò per conto della Dogana i passi sui feudi, città, terre e castelli attraverso i quali dovevano necessariamente passare le greggi nei loro periodici spostamenti, mentre per la seconda richiesta, cioè l’assegnazione dei pascoli sufficienti, rendendosi conto che i pascoli regi potevano rivelarsi insufficienti ed evitando di espropriare terreni, preferì ricorrere alla seguente contrattazione: stipulò con baroni, università e privati un vero e proprio contratto per acquisire in perpetuum  il pascolo invernale, cosiddetto vernotico, dei loro erbaggi. Dal 9 maggio al 29 settembre, invece, la proprietà tornava in  possesso dei legittimi proprietari che potevano esercitare la statonica, cioè il pascolo estivo.

Furono individuate 23 locazioni principali divise a loro volta in poste; esse erano ubicate in:

Aprocina – Lesina – Arignano – Sant’Andrea – Casalnovo – Candelaro – Castiglione – Tressanti – Pontalbanito – Cave – Orta – Ordona – feudo – Cornito – Vallecannella –Salsola – San Giuliano – Salpi – Trinità – Canosa – Camarda – Andria – Guardiola.

Le locazioni aggiunte erano situate a S.Giovanni e Rodi Garganico – S.Giacomo e Monte S.Nicandro –  Lama Ciprana –  S.Chirico –  Fontanelle – Veresentino – Farano – S.Lorenzo – Fabrica – Correa grande e piccola – Siponto – Stornara – Stornarella – Camarelle – Quarto delle Torri – S.giovanni in cerignola – Canne – Gaudiano – Parasacco.

Nel tavoliere si entrava attraverso sei passi obbligati: Guglionisi e Civitate – Ponterotto – la Motta – Biccari e S.Vito – Ascoli e Candela – Melfi e Spinazzola. A guardia di questi passi c’erano i cavallari..

Furono individuate tre grandi aree per la sosta delle greggi in attesa della distribuzione delle stessi nelle varie locazioni.

La Dogana comprendeva un’area di 312.800 versure (ogni versura corrispondeva a 1,2345 ettari)

Intanto la città crebbe notevolmente soprattutto nei confronti dei comuni limitrofi ed in questo ebbe una importanza notevole lo sviluppo della Fiera di Foggia che iniziava l’8 Maggio e che poteva durare fino ad Agosto: alla stessa arrivavano compratori anche francesi ed inglesi.

Gli Aragonesi cambiarono notevolmente le regole per l’elezione del governo della città: sino ad allora vi era un governo popolare eletto dai capi famiglia radunati all’aperto al suono delle campane; nel 1497, invece, Federico d’Aragona passò il potere dal popolo ad un’oligarchia aristocratica. La guida della città era affidata a 24 persone, nominate a vita e formanti il Reggimento o Consiglio, che sceglieva al suo interno il Mastrogiurato, il percettore e quattro eletti e al di fuori altri quattro.

Fu modificato anche l’assetto sociale: non c’era il vescovo e i baroni erano soggetti all’autorità del Doganiere. Erano privilegiati i funzionari della Regia Dogana e del Foro, insieme ai ricchi commercianti. Poi c’erano i massari di campo , proprietari o affittuari di terreni seminativi,i mercanti, i professionisti mentre alla base della piramide c’era la maggior parte della popolazione che lavorava i campi e svolgeva i lavori più umili per il proprio sostentamento.

Abbiamo già detto che il Regno si arricchi molto con la Dogana di Foggia ma si arricchirono pure i proprietari degli erbaggi, dall’alto clero alla grande feudalità. In questo periodo si evidenziò anche una notevole produzione granaria che contribuì a fare la fortuna di mercanti, uomini d’affari, esportatori soprattutto napoletani e siciliani.

da un manoscritto del 1700 dell’avvocato Andrea Gaudiani del Tribunale speciale della Dogana su “Alfonso d’Aragona” conservato nella Biblioteca Provinciale di Foggia

“Osservò la gran pianura della Puglia esser molto fertile di erba, e che a tale oggetto calava in essi erbaggi gran quantità di animali, così minuti (pecore,capri e porci), come grandi (buoi,muli,cavalli,asini), non solo dalle lontane province del Regno, ma anche da fuora per svernare nella Puglia, fidandoli a loro arbitrio i padroni, o nelli territori regii o di baroni, o d’università (i Municipii), o di altri particolari. Come intesissimo dell’antiche istorie, li cadde in mente far lui quest’industria, con addossarsi il peso di provvedere a tutti d’erba, e con tal rendita rendere più opulento il suo erario per la conservazione del regno… Con tali riflessioni il suddetto re Alfonso andava disponendo l’animo suo per stabilire tal dritto di fida solo per sé, per la qual cosa considerò ancora che non poteva tutto ciò giustamente fare, senza addossarsi l’impegno di dover provvedere a tutti di erba, altrimenti si rendeva vano tentare di costringere i padroni degli animali a condurli forzosamente nei suoi soli erbaggi, quando non erano sufficienti al gran numero degli animali che calavano in Puglia. Però risolse pigliare tutti quelli territori dove solevano fidare, con contratto perpetuo e per il medesimo prezzo che soleano i padroni venderli, nel qual caso, non apportando verun danno ai suoi vassalli, poteva lecitamente costringere i padroni degli animali a calarli nei suoi soli erbaggi”