Il Carnevale foggiano
A Foggia il carnevale inizia con i preparativi il 17 gennaio a sant’Antonio Abate “sant’Andunije masckere e sune”. Secondo il calendario liturgico, il carnevale inizia il giorno dell’Epifania e termina il mercoledì delle Ceneri, nel rito ambrosiano, poiché la Quaresima comincia più tardi, dura fino al sabato precedente alla prima domenica di Quaresima: questo periodo supplementare è chiamato Carnevale. La sfilata dei carri allegorici inizia la settimana prima della Quaresima e finisce il martedì grasso giorno precedente il mercoledì delle ceneri, consiste in un rovesciamento buffonesco della realtà, spesso celebrato con balli, sfilate e cortei di carri allegorici, situazioni d’incontri e feste collettive, caratterizzate tutte dalla presenza di maschere. La parola carnevale significa “togliere la carne” dalla dieta (in osservanza al divieto cattolico di mangiare carne durante la quaresima). Il primo carnevale a Foggia viene fatto a Borgo croci, alla fine degli anni 40 l’anno successivo si unirono ai carri crocesi anche i cavalieri dei caprai, poi man mano anche gli altri borghi, tutti i commedianti si riunivano davanti al municipio per dar via alla sfilata dei commedianti foggiani.
La maschera maschile tipica per antonomasia nata nel quartiere delle croci con il primo carnevale foggiano era ed è il monaco questuante: ” ‘u moneche cercande” che si chiamava Di Tullio Potito, foggiano crocese che lo scrivente ha conosciuto personalmente; abitava a via Capitanata dove attualmente c’è la fontana di borgo croci, un personaggio vestito da monaco con una bisaccia sulle spalle, il cappuccio in testa, la barba finta e una mascherina nera, andava facendo la questua per le case di borgo Croci, la gente donava pane, salsicce, lardo, verdura, lampascioni, ecc.
Il primo anno venne fatto da una sola persona senza la mascherina e siccome ogni mattina dalla chiesa di sant’Anna usciva un monaco questuante vero la gente del quartiere la prima volta lo scambiò per un vero monaco; visto il successo di quella questua negli anni successivi gli organizzatori del carnevale decisero di farlo fare a più persone, e dal ricavato della questua la sera cenavano con lunghe tavole in mezzo alla strada tutti gli organizzatori del carnevale con i loro famigliari con tantissima gente del borgo intorno che ballavano e suonavano divertendosi; negli anni successivi saputi i successi della questua tra questi monaci carnevaleschi a insaputa degli organizzatori si infiltravano anche terrazzani ladri difficilmente riconoscibili perché mascherati: questi durante la questua casalinga dentro e fuori borgo croci mentre il padrone di casa si allontanava in un’altra stanza per dargli qualcosa ne approfittavano per rubare qualcosa; gli organizzatori saputo dei furti, perché reclamati dai malcapitati, i giorni del carnevale vigilavano per riconoscere chi vestiva da monaco questuante, a volte fermavano anche dei veri monaci che venivano dalla provincia per recarsi al convento di sant’Anna o per vedere il carnevale che non conoscevano scusandosi successivamente per l’arresto temporaneo; questi se seguivano il carnevale venivano bastonati con bastoni di gomma e derisi perché scambiati per la maschera del monaco questuante anche se non portavano la mascherina e la bisaccia; a fianco di questa maschera si unirono la categoria dei carrettieri crocesi “I trajinire” che a fianco dei loro carri e carretti con cavalieri a cavallo facevano schioccarre le “cravasce” delle fruste lunghe con alla punta una “puntetta” doppia di quella della frusta che usavano da lavoro, da non confondere con i terrazzani che partecipavano al carnevale con le mogli sui carri e carretti ed infine il terzo giorno facevano morire carnevale; le donne di borgo croci usavano appendere agli angoli delle case a pianterreno un fantoccio di paglia, mentre il morto veniva depositato su un carrettone dentro una bara con a fianco i commedianti che piangevano sfilando per le vie di Foggia a capo dei carri c’era sempre la maschera rappresentativa del quartiere.
La maschera foggiana femminile per antonomasia era ed è ” ‘a pacchianèlle” la pacchianella: aveva in testa un fazzoletto nero, sulle guance due cerchi di rossetto, labbra arrossate, camiciola di raso bianco con polsi alla sciabò, gonna lunga nera alla zingara con due nastrini circolari alla fine di colore verde e rosso.
Un’altro personaggio tipico era: “menille” Carmelo. Carmenille non era foggiano veniva dalla provincia di Avellino, abitava nella zona caprai; nasce il secondo anno del carnevale foggiano in quanto i caprai erano amici dei crocesi e visto il successo dell’anno precedente dei crocesi nell’organizzare il carnevale, decisero di organizzarlo anche loro e qui nasce la maschera “menille” vestita con un frack, cilindro, papillon, un pantalone marrone, un bastone di legno pitturato nero con pomo bianco che usava per cacciare i ragazzi che lo insultavano e una mascherina nera; durante il carnevale una volta radunati i carri e carretti davanti al municipio saliva su una delle scalinate laterali al municipio e iniziava a fare comizi insultando i consiglieri e il sindaco per poi continuare per le strade cittadine durante la slilata dei carri: rappresentava la voce del popolo foggiano.
Un altro personaggio tipico era “ursino stagnarille” non era foggiano veniva dalla provincia di Campobasso e venne a Foggia verso la metà degli anni 50 con il figlio; erano degli accattoni; lui era un tipo strano che aveva cucito sui pantaloni e sulla giacca i coperchietti di latta del lucido delle scarpe, alcuni coperchietti erano appesi a paia con cordicelle alla manica della giacca, sul bavero e sull’orlo basso della giacca tutto intorno, altri erano fissi. Ursino saltellando provocava un frastuono che richiamava l’attenzione dei passanti, scatenando l’ilarità dei presenti in modo contagioso; si chiamava: Ciro Zizzo, suonava una specie di violino e usava una mazza ” ‘u sciulatúre” come violino dove erano fissati altri coperchietti a paia sulla punta e ai lati, sulla quale strofinava come archetto; un’altra mazza dentellata, sulla quale erano fissati dei chiodi, con mucchi di tappi metallici schiacciati; questo personaggio vestiva a quella maniera tutto l’anno. Il figlio che chiamavano “accetille”, perché quando il padre faceva la parte dell’orso lui gli dava da mangiare del lungo sedano per non essere morso la mano imitava il domatore, muovendo la frusta; il padre imitava l’orso, da cui il soprannome “ursine”.
Un altro personaggio tipico era: “sciammi sciamme” foggiano crocese abitava a borgo croci, si chiamava Giuseppe Tannoia era un lavoratore terrazzano, raccoglieva i cardi per le campagne, e li vendeva alla gente, vestiva un vestito grigio verde, un cappello d’alpino e un sacco sulle spalle, aveva una voce forte che faceva rabbrividire, gridava per le strade la vendita dei cardi Mariani “jáme chè tènghe i cardúne attannúte”, lavorava molto e guadagnava poco, aveva le mani incallite dal lavoro, dopo la sua morte venne imitato da molti figuranti carnevaleschi.
Un altro personaggio tipico era: Zechille – Michele de Tinno nato il 5-1-1900. Durante la festa di sant’Anna gareggiava al palio dei maccheroni con altri personaggi, sul palco si metteva come un re perché voleva essere notato, la gente gli voleva bene perché non dava fastidio a nessuno e faceva divertire tutti, viveva in mezzo alla strada ricevendo dai cittadini cibo, bevande e sigarette senza mai chiederle; pur avendo ottenuto il ricovero nell’Ospizio di Maria Grazia Barone, preferì vivere in mezzo alla strada. Durante il carnevale foggiano si metteva sempre davanti ai carri carnevaleschi, vestiva con un vestito colore fumo di Londra lacero e unto di sevo, in testa portava una coppola di colore fumo di Londra sporca aveva in bocca sempre una sigaretta con una barba folta, dopo la sua morte venne imitato da molti figuranti carnevaleschi.
Il personaggio cui veniva fatto il funerale l’ultimo giorno di carnevale si chiamava: peppuzze e i foggiani per rappresentarlo nella zona croci appendevano ad ogni angolo di strada un fantoccio di paglia, mentre sui carri veniva messa una bara dove i famigliari raffigurativi piangevano la sua morte.
Tra gli anni 40/50/60 nel carnevale foggiano venivano rappresentate sette maschere: ” ‘u moneche cercande” si chiamava Di Tullio Potito è rappresentava la religiosità. ” ‘a pacchianèlle” rappresentava la maternità. “menille” Carmelo, Carmenille, rappresentava la voce del popolo foggiano. “ursine stagnarille” Ciro Zizzo, rappresentava la musica. “sciammi sciamme” rappresentava il lavoro, “zechille” Michelle de Tinno rappresentava la libertà, “peppuzze” rappresentava la morte.
(Felice Stella)
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ved. anche Il Carnevale foggiano del 1952