La Cattedrale
Quasi un secolo dopo l’erezione del Succorpo, nel 1175, per volere del regnante Guglielmo II, venne fatto costruire su di quello un altro più bello spendendo ingenti somme. Subito dopo, allorquando il ducato passò nelle mani del duca Ruggiero il Normanno, la Cattedrale fu dichiarata – con regio diploma – Chiesa Palatina dedicata a Santa Maria de Fovea.
In questo Tempio furono sepolte le viscere di Federico II, di Carlo D’Angiò, di Ottone Duca di Brunsvich e Principe di Taranto, di Rinaldo di Durazzo Principe di Capua e di altri illustri personaggi i cui resti andarono distrutti nel disastro tellurico del 20 marzo 1731.
Il campanile costruito in stile bizantino dall’architetto Nicola Bassi, avente un’altezza di metri quaranta, fu per volere dell’Imperatore Federico II arricchito di smerli ghibellini e di un’artistica campana lavorata a Napoli dallo scultore D’Apulia. Nel 1250, quando le truppe papaline conquistarono Foggia, venne modificato con la sostituzione degli smerli ghibellini con quelli guelfi. Nel 1251 Manfredi fece abbattere la parte superiore del campanile facendone curare la riattazione su disegno di Giordano da Manfredonia. Ma, le truppe di Carlo D’Angiò ne fecero scempio, ed il campanile danneggiato rimase fino al 1282, anno in cui per volere dello stesso Carlo I, veniva rialzato in stile gotico-lombardo. Carlo V piantò all’apice della cupola una croce con la scritta: IN HOC SIGNE VINCES. Il 20 marzo 1731 il campanile venne distrutto dal terremoto. La sua ricostruzione fu tentata nel 1740 dall’architetto Garofano di Pisa, il quale, però, non riuscì a farlo uguale. Eretta tra il lato meridionale del tempio e l’adiacente braccio del transetto, vennero coperte non solo le arcate, che cingevano il tempio, ma venne eliminato l’altro ingresso secondario, il quale, disposto simmetricamente di fronte a quello settentrionale, certamente doveva essere artisticamente ricco di sculture al pari di quello. L’attuale campanile, di stile rinascimentale, è a quattro piani, alto circa 50 metri. Nel 1965 il Comune vi fece istallare un orologio elettrico fornito dalla ditta Trebino Roberto di Uscio (GE). Vi sono 6 campane, di diversa grandezza azionate da impianto elettrico sistemato definitivamente nel 1969.
Dopo il terremoto la Cattedrale fu ricostruita a modello di quella di Troia. Ora si conserva la parte della facciata di origine ove è da ammirare la cornice esterna, retta da mensole foggiate a guisa di rospi, aquile, leoni, ecc., gli ovali della cornice sono ornati di calici che uniscono i loro labbri. Il tutto rivela il desiderio dello scultore per ottenere forti effetti di contrasti; critici più recenti attribuiscono questa cornice a Bartolomeo da Foggia.
Con bolla, del giugno 1855, di Papa Pio IX, la maggior chiesa di Foggia venne dichiarata Cattedrale.
Dal 1926 al 1928 la Cattedrale venne chiusa al culto per compiervi lavori di restauro, in parte con oblazioni di S.E. il Vescovo Mons. Fortunato Maria Farina, e in gran parte ad opera e spese del Comune. Detti lavori furono inaugurati il 4 giugno 1928 alla presenza di S.M. il Re d’Italia Vittorio Emanuele III.
Nel 1932 la Chiesa venne arricchita di finestroni disegnati dall’architetto Guido Milone, che ne derivò i soggetti dalle vicende del Tempio, attraverso la sua storia che per tanta parte si identifica con la storia stessa della città. I più importanti sono: quello rappresentante l’Invenzione del Sacro Tavolo dell’Iconavetere; l’ordine di Roberto il Guiscardo di far costruire la primitiva Basilica Collegiale (1080); l’incoronazione di Re Manfredi e sua presa di possesso del ducato delle Puglie; Carlo D’Angiò che dichiara Palatina la Basilica e dispone che a sua morte vi siano serbati i suoi resti; Ferdinando D’Aragona che convoca nella Basilica i prelati e i Baroni del Regno prima di muovere contro i turchi invasori d’Otranto (1489); Incoronazione dell’Iconavetere decretata dal Capitolo Vaticano nell’anno 1782; Pio IX che rimette a Mons. Jannuzzi, Vescovo di Lucera, la bolla che dichiara Cattedrale la Basilica di Foggia (1855); Incoronazione della Beatissima Vergine del Cielo.
Durante la seconda guerra mondiale (1940-1945) la Cattedrale venne seriamente danneggiata dal bombardamento aereo del 19 agosto 1943, per cui, per l’imperversare della bufera bellica, cher tante distruzioni procurò alla città di Foggia, il Sacro Tavolo dell’Iconavetere fu trasferito nella Cattedrale di San Marco in Lamis, ove rimase venerata dal popolo locale e dai tanti foggiani sfollati in quel comune per gli effetti della guerra.
Dopo l’occupazione militare della città di Foggia da parte delle truppe anglo-americane, a seguito di vive richieste del popolo foggiano, che man mano rientrava in città, il Sacro Tavolo fu riportato nella Chiesa Madre il giorno 13 agosto 1944, accolto da una fiumana di popolo che lo trasportò processionalmente da S. Marco in Lamis in una commovente manifestazione di fede che fece rimanere estasiati le truppe straniere che presidiavano la città e che, in quella occasione, si prodigarono nei servizi di ordine pubblico.
Fra le varie benemerenze da iscriversi a credito di Lorenzo Scillitani (Foggia 1827-1880), Sindaco di Foggia, vi è anche quella che riguarda il ripristino della campana più grande della torre della nostra Cattedrale.
Questa campana, fusa a Venezia nel 1799 e issata sul campanile il 12 agosto 1800, il 21 aprile 1866, a causa di una profonda incrinatura, fu lasciata inoperosa. Il 14 ottobre 1869 venne rimossa dalla sua sede e trasportata all’interno del giardino del convento della chiesa di San Pasquale, dove era stato apprestato il forno, e fusa dai fratelli Barigozzi di Milano.
Ultimati i lavori il 18 febbraio 1870, la campana venne benedetta da don Antonio Zicari, vicario capitolare, e il giorno successivo rimessa al suo posto nel campanile della Cattedrale. Rifusa nel 1935 a spese del Municipio – Podestà Marchese Luigi Filiasi – reca la seguente iscrizione: I Foggiani alla loro Protettrice Maria SS/a dell’Iconavetere.
All’interno della Cattedrale si può accedere dal portone principale, ma più frequentemente e comodamente si entra per la porta secondaria, situata ai piedi del campanile. Si nota subito che l’interno è ad un’unica navata, a croce latina. La navata principale sui due lati è divisa in quattro zone, cioè in mezzo vi sono due arconi su alti pilastri come a formare due cappelle e le zone delle quattro estremità hanno ciascuna due colonne, incassate negli angoli, sulle quali poggia l’architrave. Nella prima di questa specie di cappella, vi sono due lapidi, nella seconda vi è il battistero, nella terza un altare dedicato a S.Giuseppe e nella quarta l’ingresso secondario, che porta al piano inferiore del campanile. Nel lato sinistro: nella prima cappella vi è una lapide, nella seconda la tomba di Mons.Farina, nella terza un altare dedicato all’Immacolata e davanti alla quarta, di fronte al predetto ingresso secondario, vi è uno stallo di noce, sormontato dallo stemma della città, dove, nelle feste patronali ed altre solenni circostanze, veniva allestito con tappeti, poltrone, ecc. il posto di onore per la rappresentanza municipale. Segue il transetto, terminante sulle due estremità con una edicola a forma di piccola abside, nella quale, sul lato meridionale, vi è l’altare dedicato ai Santi Patroni Guglielmo e Pellegrino, e in quello settentrionale, di fronte cioè a quello dei Santi Patroni, l’altare dedicato alla Pietà. Al centro dell’abside, in asse con l’ingresso principale, vi è l’altare maggiore, avente sui lati le cappelle dell’Iconavetere e del Crocifisso. Lo stile dell’interno del tempio è barocco, ma molto modesto. Le volte della navata longitudinale e del transetto sono a mezza botte, la cupola centrale, quelle delle predette due cappelle e delle due edicole sono a catino, l’abside e la rispettiva volta seguono la linea di un semi-decagono, mentre all’esterno le due cupolette delle cappelle dell’Iconavetere e del Crocifisso, nonchè quelle delle due edicole sono rivestite da piccole piastrelle di maiolica. Il pavimento, completamente rifatto nel 1928 dalla ditta Francesco Palmieri di Napoli, è di marmo a lastroni quadrati, bianchi e grigi, disposti a scacchiera, con una larga fascia centrale, che termina quasi con un grande stemma a colori della città, recante intorno la seguente iscrizione: “ALLA CELESTE MADRE E PATRONA – IL VESCOVO E IL POPOLO DI FOGGIA – NELL’ANNO DEL SIGNORE 1928”.
Il Crocifisso
Il crocifisso di Pietro Frasa che si trova nella cattedrale di Foggia è l’ultima opera del predicatore milanese nato nel 1678 e morto a Foggia, a soli trentatre anni, nel 1711, di pleurite. Il Frasa collaborava con scultori del tempo per la realizzazione di crocifissi e ne curava personalmente la progettazione e la rifinitura tramite pittura. La tomba del chierico milanese è ubicata proprio sotto il crocifisso, nella cappella che si trova, guardando l’altare maggiore della cattedrale, sulla sinistra. Nel 1933 si verificò un episodio singolare: il crocifisso venne portato in processione per le strade della città e, durante la predica di tale Padre Leandro Montini, si sarebbero sprigionate più volte delle scintille dalle stimmate della statua, nell’arco di un quarto d’ora; il fenomeno non si sarebbe più verificato, neanche durante le successive occasioni in cui il crocifisso venne portato al di fuori della Cattedrale di Foggia. Il crocifisso è stato restaurato nel 1963.
Struttura originaria della Cattedrale
In questa ricostruzione dell’artista Soro, inviata dal sig. Michele Ciuffreda, si nota come la struttura originaria della cattedrale di Foggia doveva rifarsi allo stile architettonico della cattedrale di Troia (il cosidetto stile romanico-pugliese.) Quindi dal punto di vista architettonico la costruzione è divisa da un cornicione che distingue la parte superiore, più leggera e dai tratti più lievi,(ora ricostruita con netti elementi baroccheggianti) dalla parte inferiore, compatta, ravvivata dalla presenza di archi ciechi.
Video realizzato da Ciro De Leo
Video realizzato da Potito Chiummarulo nell’agosto del 2012 subito dopo la fine del restauro della Cattedrale di Foggia
Immagini dell’esterno realizzate da Mauro Masullo