La cavalcata degli Angeli
L’ultimo venerdì di aprile si perpetua la tradizionale Cavalcata degli Angeli al Santuario dell’Incoronata. La posizione strategica in cui il Santuario sorge, crocevia di uomini provenienti dal Gargano, dalla Basilicata, dal Basso Ofantino e dalla Campania, ha favorito da sempre il propagarsi della devozione in onore della Madonna Nera.
La leggenda narra che nell’anno 1001 il Conte di Ariano, mentre si cimentava in una battuta di caccia, si imbattè in una cerva. Quando stava per colpirla con la freccia, alzati gli occhi al cielo, vide la Madonna sopra una quercia. Allora si inginocchiò ai suoi piedi e promise di edificare in quel luogo una cappella. In quel momento sopraggiunse un povero mandriano di nome Strazzacappa che vide inginocchiarsi davanti alla quercia sacra i suoi due buoi. Alzati gli occhi al cielo, il bifolco pregò la Madonna. Andò dalla masseria e presa la caldarella, la riempì di tanto olio quanto gliene sarebbe bastato in una mesata e accese un lume alla Madonna. La leggenda vuole che l’olio di quella lampada non si esaurì mai.
Questo scarno racconto ci indica come il culto dell’Incoronata appartiene ai riti arborei del Maggio eseguiti dalle comunità precristiane per ingraziarsi le forze della natura in previsione dell’esplosione della primavera, che ne rappresenta il risveglio. La Madonna nera, infatti, rappresenta la Madre Terra, Iside, e il bambino che ha in braccio la imparenta ad un’altra Madonna nera, quella di Montevergine, che la tradizione popolare vuole essere sua sorella.
La devozione popolare per queste Madonne anticamente sfociava nel fanatismo religioso, quando si compivano gesti estremi di penitenza corporea, come ad esempio strisciare con la lingua per terra oppure percorrere gli ultimi chilometri a piedi scalzi o addirittura salire i gradini della chiesa in ginocchio.
L’afflusso al Santuario è sempre stato spontaneo, non organizzato dalla Chiesa ufficiale e stupisce ancora adesso come le compagnie, costituite da fedeli devoti appartenenti ad una comunità, si davano appuntamento in quel luogo. I viaggi di queste compagnie duravano anche settimane intere per chi veniva da fuori regione, mentre per i foggiani duravano tutta la notte. La maggior parte dei fedeli affittavano dei traini che venivano bardati per l’occasione e si incamminavano portando con loro quanto occorreva per un pranzo frugale da consumare nel bosco. Arrivati ai piedi del fiume Cervaro, nel luogo chiamatoscalzatoio, i pellegrini proseguivano percorrendo gli ultimi chilometri di marcia a piedi scalzi e cantando canzoni di devozione alla Madonna. Prima di entrare in Chiesa è doveroso fare i tre giri intorno al Santuario.
Molti bambini in questa occasione sono vestiti da angelo. Il bambino, e in particolar modo l’angelo, è spesso utilizzato nelle tradizioni popolari come figura di transizione da una condizione all’altra. Non essendo definito sessualmente, egli rappresenta la primavera, ossia il passaggio tra l’inverno e l’estate. L’angelo inoltre ci ricorda l’Arcangelo Michele e come il Santuario dell’Incoronata fosse l’ultima tappa della “Via Sacra Longobardorum”.
Attorno al Santuario i pellegrini trovavano le bancarelle dei commercianti che li accoglievano proponendo dolci (‘a cupeta) e, per i più piccoli, giocattoli. I più caratteristici erano la bambola e il cavallo. La bambola rappresentava Iside ed era fatta di cartapesta riempita di brecciolina. Le madri, quando la comperavano per le figlie, raccomandavano loro di comportarsi bene per far si che le pietroline si potessero trasformare in caramelle.
(Giuseppe Donatacci)
(ved. anche L’Incoronata)