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La Chiesa delle Croci

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La chiesa ad inizio secolo

La chiesa ad inizio secolo

La Chiesa delle Croci, monumento nazionale, nel suo genere è unica per fascino e mistero. Sicuramente è un complesso artistico non eccezionale, di un barocco non eccelso come quello leccese ma comunque resta
impresso per singolarità e particolarità. Fermarsi sotto le sue cappelle significa certamente respirare un po’ la vita dei pastori, rivivere i loro percorsi, immaginare le speranze di una città che cresceva intorno: tutto questo perchè la vita dei pastori non va disgiunta appunto dalla Chiesa delle Croci. Quando Alfonso d’Aragona, nel 1447, istituì la Dogana delle pecore, numerosi pastori della Puglia, della Basilicata e dell’Abruzzo scendevano nella pianura foggiana con decine di migliaia di greggi al pascolo. Ebbene, all’incrocio di due importanti tratturi, appena fuori la città di allora, nacque codesta Chiesa meta quindi di tutti questi forestieri che entravano in ogni luogo sacro che incontrassero lungo il loro lungo tragitto. Infatti sulla sommità dell’arco trionfale, da un lato del cornicione si legge una scritta in latino: “O vos omnes qui transitis per viam attendite et vidite si est dolor sicut dolor meus” (O voi che passate per questa via, ponete attenzione e vedete se c’è un dolore simile al mio).

Sembra praticamente scontato, dopo il vaglio di numerosi documenti storici, che la chiesa sia stata costruita a partire dal 1693 per opera del cappuccino Padre Antonio da Olivadi e fu benedetta l’11 marzo del 1742 dal Ministro Provinciale dei Padri Cappuccini, con l’ovvio consenso del Vescovo di Troia.

Quello che traeva in inganno per quel che riguarda la data della costruzione era la scritta posta sul fregio posteriore del portale d’ingresso: PER CRUCEM COELI VIA CRUX VIAM AD COELUM VIATORIBUS AD PATRIAM APERUIT fr.Ant. ab. Olivedo Cappucc.s Anno D.ni 1615 (La via del Cielo passa attraverso la Croce. La Croce ha aperto la strada a coloro che sono in cammino verso la Patria celeste. Frate Antonio da Olivadi – Anno del Signore 1615). Sembrerebbe appunto che la costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1615. Ma Padre Antonio nacque ad Olivadi nel 1653, partecipò al concilio provinciale di Benevento indetto dal Cardinale Orsini nel 1693 e solo allora partì per Foggia su sollecitazione dell’allora Vescovo di Troia monsignor Antonio Di Sangro. Ecco perchè la costruzione della Chiesa può aver inizio solo a partire da quella data.

Padre Antonio da Olivadi trovò, al suo arrivo,  una città piegata dalla siccità e cominciò il suo lavoro di religioso, per ridare speranza e fede alla povera gente. Un giorno, dopo una predicazione,diede inizio ad una processione penitenziale e miracolosamente iniziò a piovere. Lungo il tragitto percorso, che era all’incrocio fra i due tratturi importanti per la transumanza, piantò sette croci di legno. Esse possono avere letture diverse,essere cioè il percorso della Via Crucis o le sette spade nel cuore dell’Addolorata (l’antica Via Matris). Le croci furono racchiuse, dal popolo devoto, in un recinto di pietre e su ciascuna di esse  fu costruita una cupoletta sostenuta da quattro archi: per tale opere furono spesi circa seimila scudi in parte raccolti dai fedeli e per gran parte sborsati dalle famiglie più ricche dell’epoca. Successivamente le cappelline furono ridotte da sette a cinque per creare lo spazio necessario alla costruzione della chiesa.

Presumibilmente le Croci sarebbero scomparse, come in tanti altri luoghi, corrose dal tempo e dalla incuria ma esse invece si salvarono per la costanza dei Cappuccini nell’officiarvi la Via Crucis, per la devozione dei fedeli e per la dedizione della Congregazione del Monte Calvario, canonicamente riconosciuta da monsignor Faccolli del 1740.

Valutando le varie date si può facilmente considerare come l’opera viene costruita in un periodo abbastanza lungo risentendo fra l’altro dell’influenza dei vari popoli succeduti in quegli anni (fine del viceregno spagnolo, inizio di quello austriaco ed infine il periodo borbonico) e di un evento importantissimo come il terremoto del 1731.

Il portale d’ingresso

croci4croci3Nella parte inferiore del portale, diviso da quattro lesene con finto capitello che inquadrano due nicchie vuote con sopra riquadrati alcuni strumenti della crocifissione (chiodi,tenaglie,martello ecc.), si apre la fornice che favorisce la fuga prospettica delle cinque cappelle e della Chiesa. Sotto ciascuna nicchia vi è un riquadro vuoto. Sull’arco, al centro, una colomba di pace e di lato sono effigiati il Sole e la Luna: la triade Sole-Cristo-Luna o anche Sole-Spirito Santo-Luna intorno al Crocifisso si trova molto spesso nella iconografia cristiana medievale.Il portale presenta un’altana, un riquadro sovrastato da due angeli appena abbozzati e sgrossati ed al centro una croce di ferro. Nel riquadro doveva esserci un affresco rappresentante forse la Pietà, completamente distrutto. Ai lati dell’altana vi sono due statue e due pinnacoli in posizione simmetrica: la statue ai lati, i pinnacoli all’interno.

Le cinque cappelle

croci5Oltrepassando il portale d’ingresso si trovano, lungo un vialetto, le cinque croci con le cinque cappelle. Ciascuna cappella è, contariamente a quel che si può pensare, diversa dalle altre.

La Prima cappella ha una cupola che ricorda i trulli soprattutto per il materiale con cui è realizzata. E’ la cappella più povera per quel che riguarda struttura e composizione ma la più ricca per decorazioni simboliche.. Su ciascuno dei quattro archi, a mo’ di bassorilievo, si notano i simboli della passione e morte di Cristo: la corona di spine, il gallo appollaiato sulla colonna, il lino della Veronica con il volto sofferente di Gesù ed altri simboli ancora.

La Seconda Cappella è pressochè identica alla precedente, ma la cupola è meglio connessa e il fregio è adorno di fogliame e rosette.

La Terza Cappella è la più elaborata e “ricca”. Il fregio è liscio ma da ciascuno dei quattro pilastri emergono due lesene lavorate a colonna con base e capitello corinzio che rendono elegante la struttura.

La Quarta Cappella è quella che soffre di più la incuria degli uomini e i danni del tempo. Ha uno stile barocco e nei capitelli emergono volti diabolici e scimmieschi. Su due dei quattro archi è incastonato l’Arcangelo Michele a conferma della grande devozione che negli anni la popolazione foggiana gli ha sempre riservato.

La Quinta Cappella è quasi del tutto simile alla precedente tranne per il capitello che, in questo caso, è molto composito.

La chiesa

croci6croci7Nella chiesa, dal fondo dell’abside, dietro l’altare maggiore, emerge la grande Croce con infissi gli stessi simboli della Passione che ritroviamo nella prima cappella. Al centro della Croce vi è un reliquiario che conterrebbe un pezzo della croce dove fu crocifisso Gesù; la Chiesa conserva anche un altro reliquiario con una spina della corona del Cristo.Sul soffitto della navata si può ammirare una tela di grandi dimensioni dal titolo “Salita al Calvario” che rappresenta uno dei quadri più belli tra quelli esposti nelle chiese foggiane: la scena rappresenta presumibilmente la quarta stazione della Via Crucis (Gesù incontra la Madonna). Il dipinto è da attribuire a qualche allievo della Scuola Napoletana del XVIII secolo e probabilmente a Francesco De Mura (1696-1782). Nella Chiesa vi è anche un’opera raffigurante S.Alfonso de’ Liguori del pittore foggiano Vincenzo De Mita vissuto a cavallo tra il 700 e l’800. Altri due dipinti, due ovali raffiguranti la Maddalena e S.Elena Imperatrice, concludono il riferimento alla Passione e morte di Gesù e introducono alla venerazione della Croce.

Nella Chiesa vi sono altri due altari laterali, uno dedicato a Gesù deposto nel Sepolcro e l’altro a S.Alfonso. Nella Chiesa sono riportati i nomi dei caduti foggiani nella Grande Guerra mentre sul pavimento si può notare una grande lastra che ricopre una botola. La lastra, con i simboli di morte in bassorilievo, ammoniscono sull’umana fragilità. Vi si legge: “HUMANAE FRAGILITATIS MONUMENTUM HIC CONFRATUM CONGREGATIONIS OSSA CONDUNTUR / AERAE CHRISTIANAE ANNO MDCCXLVII. La lastra,tramite una scalinata, dà sulla cripta dove venivano sepolti i confratelli ma sembra che in essa avvenissero anche le riunioni dei carbonari locali che auspicavano la Unità d’Italia, segno tangibile che la Congregazione del Monte Calvario non rimaneva estranea agli avvenimenti della storia risorgimentale della nostra città.