La cucina dei terrazzani
Anche la cucina del terrazzano era legata ai prodotti che trovava nei campi e molte ricette, ormai dimenticate, spesso ci meravigliano per la varietà degli ingredienti, o meglio degli animali, che venivano impiegati per il sostentamento di questi particolari foggiani: è il caso della tartaruga che veniva considerato un animale pregiato. Ci si faceva il brodo, si salvava il guscio spesso impiegato nelle tabaccherie per prendere il sale e si mangiava la carne che veniva definita saporitissima. C’erano due tipi di tartarughe di terra (oggi ormai sono in estinzione): quella tipicamente terrestre, ed un’altra, simile alla prima, che viveva in zone più paludose e, pur avendo dimensioni simili all’altra (un chilo, un chilo e mezzo), aveva caratteristiche morfologiche che la avvicinavano alla tartaruga marina.
Altro animale raccolto, mangiato e venduto dai terrazzani era la rana che si pescava nelle paludi con la lanterna. Quando si ritornava a casa, se ne contavano a migliaia. Il terrazzano aveva cura di tagliargli le teste e le portava in piazza a Foggia per venderle. L’acquirente aveva poi l’onere di pulire le rane definitivamente eliminando zampe ed intestini. Le rane erano utilizzate soprattutto per chi soffriva di reni perchè avevano un buon effetto diuretico.
I torcinelli si facevano con gli intestini di molti animali tipo galline, lepre, capretto e conigli.
La volpe era il piatto prelibato per i terrazzani cacciatori: si cucinava al forno, con le patate e la caratteristica del piatto erano le zampe che venivano spaccate e riempite con il peperoncino.
Il pane era impastato con i piedi: questa era una caratteristica dei fornai di allora. Spesso ci si rivolgeva a questi forni anche per infornare pietanze tipo la tiella. I forni più rinomati erano quella del “Cogghiuto” in via Freddo e quello di Paolo in via dei Cappuccini. Il forno era alimentato dal letame (fumiere).
I terrazzani mangiavano anche il cervello di diversi animali quali l’agnello, la poiana o la pecora. Si metteva nella pentola con acqua e sale e si lessava, poi si serviva nei piatti e con il pane si intingeva e si mangiava. Spesso si usavano le intere teste dell’animale per fare la “capozzella” al forno e si spolpava il tutto.
Il terrazzano andava anche a raccogliere il grano arso. Si accendeva la ristoppia e il grano restava a terra. Egli poi spigolava il grano arso, lo raccoglieva e lo batteva. Poi, si metteva nei tini con l’acqua e, mentre il bruciato veniva a galla e dato in pasto alle galline, il buono restava sotto ed era caratteristico perchè aveva dei puntini scuri. Con questo grano si preparavano la pizza, le “laganelle” e i troccoli..
Altro piatto caratteristico dei terrazzani erano le braciole fatte con la lingua del cavallo: questa era molto lunga e si tagliava in più fettine e, con ognuna di esse, si preparavano involtini con prezzemolo, aglio e pinoli. Con queste braciole si faceva un ottimo sugo che serviva per condire i troccoli.
Quando si uccideva il maiale, gli intestini, tagliati a pezzi e detti le “indragghie” del maiale, servivano per fare una ottima minestra. Dal maiale si ricavava anche la gelatina che si conservava in recipienti in attesa che si condensasse; a quel punto si tagliava e si cucinava con il sangue del maiale. Con quest’ultimo, il sanguinaccio, si preparava anche un prelibato dolce con cioccolato, zucchero e cannella. Il sangue utilizzato non sempre era del maiale, ma veniva usato anche quello della vacca o del cavallo.
Non sempre era possibile mettere a tavola le anguille per cui i terrazzani cominciarono a cucinare il serpente del Candelaro, ovvero la biscia. Gli tagliavano la testa, la scorticavano e la cucinavano. Si faceva con questi serpenti una buona zuppa che spesso, in alcune taverne (quella di Zia Teresa vicino al fiume Candelaro), veniva proposta ai forestieri come zuppa di anguille.
Alle donne che allattavano si dava il brodo di colombi. Il colombo veniva spennato e fatto in brodo e mentre la donna beveva il brodo, gli uomni si spolpavano il colombo. Spesso a queste donne si dava anche il brodo di rane e si cercava di farle bere il latte di asina che era molto ricco nutrizionalmente e faceva produrre ad esse molto latte per i neonati. Non era comunque facile trovare questo latte anche perchè aveva un costo elevato. I terrazzani avevano tutti gli asini, utilizzati per il trasporto, ma erano tutti maschi perchè più dediti alla fatica rispetto alle femmine e quindi reperire il latte di questa specie non risultava sicuramente facile.