La pioggia di cenere del 1630
Il 30 agosto 1630, il Vesuvio cominciò ad eruttare grosse fiamme di fuoco seguite da continue scosse sismiche; il fenomeno, per ben sedici mesi, interessò solo la città di Napoli e dintorni, ma dal 16 dicembre dell’anno successivo investì tutto il Reame.
La sera del martedì, sedici dicembre, verso le ore 20 (a cinque ore di notte) su Foggia cominciò a piovere cenere; la poca gente che per quell’ora stava ancora in strada, vide all’improvviso piovere dal cielo fango seguito da un insopportabile odore di uova marcite.
In breve tempo venne dato l’allarme all’intera popolazione che, abbandonata l’abitazione in un baleno, invase le strade; furono fatte suonare le campane di tutte le chiese, il cui cupo suono intensificò, nell’animo della gente, lo spavento ed il terrore.
Si trascorse la notte all’addiaccio; l’aria era irrespirabile per il cattivo odore e, tra l’altro, se non ben cautelati, la cenere avrebbe accecato chiunque non avesse preso le opportune precauzioni.
La mattina seguente il cielo apparve rossiccio, ma verso mezzogiorno si oscurò all’improvviso come sera inoltrata, per cui una precipitosa fuga nelle chiese causò non pochi incidenti e altri ne sarebbero seguiti se, dopo una consistente scossa tellurica prima, e numerosi tuoni poi, il cielo non si fosse cominciato a schiarirsi.
Lo spavento ed il terrore, per sei giorni consecutivi ed interminabili, tra pioggia di cenere e di fango, cupi tuoni, scosse telluriche e schiarite, avevano ormai raggiunto ogni limite di sopportazione umana, per cui la popolazione, non intravedendo un rasserenamento, cadde nel più triste panico; pareva giunta la fine del mondo e, pertanto, preghiere ed invocazioni, promesse e confessioni pubbliche si levarono alte al cielo.
Le quotidiane attività ebbero una generale sospensione, ognuno temendo il peggio, trascorreva la giornata in stato di allarme sotto l’incubo ed il timore di una imminente e triste fine.
Cominciarono a scarseggiare i viveri, i forni non panificavano tutti, solo pochi, per cui la produzione era insufficiente; le autorità sospesero ogni affare pubblico-amministrativo e non sapevano cosa dover e poter fare.
Quando tutto sembrava volgere al peggio, finalmente l’alba del 24 dicembre (1631) apparì ai tristi foggiani di buon auspicio; il cielo riprese il suo azzurro naturale, la terra non tremò più e la vita, se pur con gran timore, riprese lentamente il suo ritmo.
Si seppe che nei dintorni del Vesuvio, ben 17 paesi vennero gravemente danneggiati, molti furono i feriti ed i morti e che quella cenere giunse fino a Costantinopoli.
Durante questi tristi giorni di terrore e di spavento il Convento dei Cappuccini di Via San Severo accolse tra le sue mura molti malati, bambini ed anziani; le celle ed ogni altro locale vennero trasformati in dormitori e numerosi rifugi in legno furono eretti nel vasto orto del convento.
(tratto da: Foggia e l’antico Convento dei Cappuccini – Gaetano Spirito)