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La Stazione ferroviaria

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Anni 90

Anni 90

Fu inaugurata il 9 novembre 1863 dal re Vittorio Emanuele II, quando era stata completata la linea ferroviaria Ancona-Foggia. Di dimensioni ben più modeste dell’attuale, aveva una grande copertura metallica che abbracciava tutti i binari.

Si riporta parte della G.U. del Regno d’Italia: La G.U. nr 266 del 10 novembre 1863, in occasione della inaugurazione del tratto ferroviario della nostra stazione. Data ufficiale dell’inaugurazione della strada ferrata. Alla pag.3, è riportato il seguente resoconto ufficiale della visita del Re Vittorio Emanuele II nella nostra Città:
“Sua Maestà è arrivata a Foggia alle ore 7 pomeridiane, dopo un viaggio felicissimo sopra una ferrovia lunga 900 km Su tutta la linea S.M. fu accolta da numerosissima Guardia Nazionale e da popolazione entusiasta. Anche nelle ore più tarde della notte le stazioni erano splendidamente illuminate. A Pescara e a Foggia le funzioni religiose furono celebrate dai Vescovi di Penne e Sant’Angelo dei Lombardi. A Foggia Sua Maestà fu acclamato con entusiasmo indicibile e tutta la stazione addobbata e illuminata gremita di popolo. La strada (ferrata) è magnifica, per difficoltà vinte e tempo impiegato prodigioso. Le popolazioni degli Abruzzi, della Capitanata, del Molise, scese dai monti e venute ( a Foggia) da lungi, con rami di olivo e bandiere, erano affollate lungo la linea. I Vescovi di Penne, San Benedetto e di Pescara, vennero con il loro clero a rendere omaggio al Re. Il Vescovo di Sant’Angelo dei Lombardi ricevè la Maestà Sua, alla stazione di Foggia col clero, in forma solenne. Il Re discese a tutte le stazioni della linea, mescolandosi alla folla accorsa. A Foggia, essendo impossibile alla vettura Reale di camminare, in causa della folla, Sua Maestà ha dovuto entrare a piedi.”. Il viaggio fu una manifestazione di affetto verso Vittorio Emanuele II e la famiglia reale: in tutte le stazioni, illuminate a giorno, venivano accolti da bande musicali, le personalità civili e religiose, folle festose e Inutile dire che l’inaugurazione e la permanenza a Foggia dei Reali fu, ugualmente, una grande festa ed ebbe una grande risonanza, in tutto il Paese. Vittorio Emanuele II ne fu talmente soddisfatto che, prima di partire, volle donare ben 4000 lire al Sindaco dell’epoca: Felice La Stella.”

Con l’Unità d’Italia (1861), Foggia perse pezzi, importanza e privilegi. Immediatamente le furono sottratte ben dieci cattedre universitarie annesse al Collegio degli Scolopi (chimica e fisica, fisiologia, patologia, ostetricia, anatomia, medicina pratica e legale, diritto e procedura civile, procedura penale, diritto romano, agricoltura). Poi, man mano: il Consiglio di prefettura per le materie contenziose con giurisdizione in sei province, il Tribunale di commercio, la Direzione Compartimentale dei telegrafi, la Direzione del Demanio e delle tasse, la Direzione delle gabelle. Tutto questo in pochi anni.

Di contro, la posizione geografica di Foggia destò grande interesse quale punto strategico per l’ubicazione di uno snodo ed un impianto ferroviario.

La ferrovia, con la Cartiera (Istituto poligrafico e zecca dello Stato già INCEDIT) hanno costituito per tempo, importanza e grandezza i due unici “poli industriali” della città che hanno dato lavoro, pane e vivere sicuro a tantissima gente. Posti di lavoro fortemente ambiti dai foggiani (chi non ha fatto un concorso in ferrovia!?), davano sicurezza e stabilità di lavoro, costituivano una appetibile “posizione”.

Ma di quello che è stato all’origine, ce lo lasciamo raccontare da Urbano Marano (non è più fra noi), insegnante di scuole elementari, studioso, ricercatore e appassionato amante di questa città, che con mille “quadretti” ha riportato in quattro distinte pubblicazioni la Foggia di una volta e la Foggia dei suoi tempi.

Avremo modo di riparlare di questo ricercatore e trasmettitore di memoria, vita quotidiana e storia locale in altra ed apposita occasione.

Ricordiamo prima, che all’epoca le ferrovie erano private, e tre le società che le gestivano su tutto il territorio nazionale.

Da “Foggia nostra – figure e fatti” di Urbano Marano pubblicato nel novembre 1980: “La stazione ferroviaria nel tempo”.

“La nostra città, sin dal 1863, gode di una importantissima stazione ferroviaria, la quale sorse non per particolari simpatie dei governanti dell’epoca, ma per la sua felice posizione topografica in mezzo al Tavoliere.”

“Per la sua realizzazione venne a Foggia la Società privata “Meridionale”, che impiantò, oltre alla direzione dei servizi, la prima officina, presso la quale lavoravano circa mille operai provenienti da tutte le regioni d’Italia. E, poiché vi era carenza di alloggi, il sindaco, cav. Vaccarella, per facilitare il congiungimento delle famiglie agli operai, concesse una vasta area edificabile dietro l’Opera Pia Scillitani, dove sorsero cinque palazzi, i cui appartamenti furono assegnati agli operai.”

“I lavori per la realizzazione del primo tronco ferroviario Foggia-Pescara furono iniziati il 21 ottobre 1861 dalla Compagni Bastogi, e gli operai-manovali, carpentieri, muratori, scalpellini, meccanici, ecc. venivano assunti, secondo l’occorrenza, ogni giovedì presso gli uffici ubicati al Palazzo Dogana, previa visita medica, che era effettuata a tutti per accertarne non la robustezza fisica, ma l’immunità da malattie infettive e parassitarie.”

“L’operaio, una volta superata la visita medica, veniva assunto, con la corresponsione di un anticipo di due scudi, con l’impegno di lavorare non meno di dieci giorni e avviato al lavoro, per raggiungere il quale egli si portava a Largo Cappuccini dove era ad attenderlo un biroccio, il ci proprietario, per il trasporto, riscuoteva una parte della somma dall’operaio e l’altra dalla ditta.”

1940

1940

“Lavorare in quell’epoca in campagna per la costruzione della strada ferrata era pericoloso perché imperversava la malaria che mieteva tante vittime; era reso ancor più difficoltoso e disagevole per la necessità di usare come bevanda l’acqua piovana piuttosto scipita contenuta nei barili, per cui, per rimediare, la si rendeva acidula con l’aggiunta di premute di limone; era inoltre estremamente difficile perché i lavori venivano osteggiati continuamente dai briganti, i quali, nella realizzazione dell’opera, vedevano qualcosa di misterioso e di potente in mano al nuovo governo subentrato a quello borbonico, per cui continua era la vigilanza dei soldati piemontesi per proteggere persone e cose.”

“Nonostante ciò, due anni dopo, il 5 agosto 1863, i lavori erano già a buon punto, tanto che, proveniente da Ancona, giunse nel porto di Manfredonia la prima locomotiva contrassegnata col n. 271. Per trasportarla a Foggia, dato che pesava 260 cantaia – pari a q. 231,66 – vennero impiegati quaranta buoi di proprietà del signor Raffaele Nannarone, il quale ricevette un premio di 800 ducati.”

“Curiosità ed interesse suscitò l’arrivo della prima locomotiva a Foggia, ma più grande fu l’entusiasmo della nostra gente quando, il 10 novembre 1863, alla presenza di S.M. Vittorio Emanuele II, re d’Italia, il capostazione, con lo spadino nella mano e il berretto verde sul capo, diede il segnale di partenza, mentre il sottocapo con il campanaccio e la voce, per ragioni di sicurezza, invitava le persone a tirarsi dietro.”

“Per festeggiare degnamente la nuova opera, la compagnia costruttrice offrì ai suoi impiegati, presso i locali del Teatro Massimo, un succulento pranzo, preparato dal noto cuoco Donizzelli di Napoli.”

“In seguito il tronco Foggia-Pescara venne prolungato sino ad Ancona e ne fu consentito l’uso al pubblico solo il 25 aprile 1864, venne anche costruito il tronco Foggia-Barletta, inaugurato il 29 maggio 1864, quello Foggia-Trani, il 10 agosto 1864 e quello Foggia-Bovino, il 7 dicembre 1866. I lavori, poi, andarono per le lunghe soprattutto per forare le innumerevoli gallerie, qualcuna abbastanza lunga. Pertanto la linea Foggia-Napoli venne terminata nel 1870. Subito dopo si pensò al collegamento di Foggia con Potenza e i lavori vennero ultimati nel 1883. Infine si collegò anche il capoluogo a Manfredonia, porto naturale della Daunia, ed il tronco venne aperto nel 1885, mentre quello per Lucera nel 1887.”

“Così Foggia, che un tempo era stato il punto di confluenza di ben 14 tratturi e tratturelli per la mena delle pecore, per la sua posizione geografica, divenne centro ferroviario di grande importanza. La città era così collegata a tutta l’Italia e notevole era, pertanto,il movimento dei viaggiatori che quotidianamente affollavano la stazione.” 

Questi i fatti più lontani nel tempo, ma il racconto del Marano prosegue ancora un po’ con eventi ed aspetti a noi più vicini, da molti contemporanei vissuti direttamente, da tanti altri solo ascoltati.

“Ma nel luglio-agosto1943, in seguito alla furia devastatrice delle azioni belliche, tutti gl’impianti ed i fabbricati furono distrutti.”

“ Otto anni dopo, però, la stazione venne ricostruita con criteri nuovi, in considerazione delle accresciute esigenze del traffico e ai fabbricati, che furono eseguiti dalle ditte SICELP e Pasquale TIMULA su progetto dell’architetto  Roberto Narducci, vennero date linee architettoniche moderne”

“Fu inaugurata il 13 maggio 1951 dall’on. Mattarella, Sottosegretario ai trasporti, alla presenza delle Autorità regionali. Quel giorno venne scoperta una targa con la seguente la seguente epigrafe:

  Nella stazione dalle rovine risorta, i ferrovieri foggiani ricordano i compagni – che impavidi ai loro posti – sotto la furente tempesta di fuoco – la morte eroica colsero da forti”. Seguivano i nomi delle 122 vittime.

  Il giorno della cerimonia dell’inaugurazione, Foggia riprese a credere nella vita, nella sua operosità, e continuò ad essere il centro più importante delle comunicazioni del Sud, il grande porto terrestre del Mezzogiorno Agricolo.” 

     Urbano Marano riprende a parlare di ferrovia e Foggia nella pubblicazione “Conoscere Foggia – Due passi tra storia e attualità” pubblicato nell’ottobre 1985. Questo nuovo contributo è riportato sotto il titolo “La stazione ferroviaria”, e pone la lente di ingrandimento su quelle che furono le cerimonie ed i festeggiamenti in occasione dell’inaugurazione.

“ …omissis… Ad inaugurare tale opera, il 10 novembre 1863 venne a Foggia Vittorio Emanuele II, re d’Italia, il quale fu accolto dal sindaco Felice La Stella, dall’intero Consiglio comunale, da molte altre autorità e dalla folla festante che, con gli applausi, coprì le note della marcia reale.”

1920 - La stazione vista dal lato nord

1920 – La stazione vista dal lato nord

“Le cronache del tempo dicono che il Re, dopo aver ricevuto l’omaggio dalle autorità, fece a piedi, in mezzo ad un imponente schieramento di truppe e ad ali di popolazione esultante, l’intero percorso, che per l’occasione era stato cosparso di fiori, dalla stazione alla Cattedrale, dinanzi alla quale erano in attesa il Capitolo ed i deputati della cappella dell’Iconavetere, i quali resero omaggio al sovrano e lo scortarono fino al presbiterio, ove il Re ascoltò la messa officiata dal Vescovo di Sant’Angelo dei Lombardi.”

“Indi andò al Palazzo Dogana dove, dopo essersi affacciato al balcone per salutare la folla plaudente, ricevette le autorità cittadine e provinciali.”

“Rifiutò di intervenire al pranzo offerto dalla ditta Bastogi, ma presenziò alla elegante festa da ballo che si tenne  nelle sale sovrastanti il teatro.”

“Il giorno seguente, dopo aver passato in rassegna la Guardia Nazionale schierata in via Lucera, partì alla volta di Napoli.”

Il Marano, in questo suo secondo contributo, come è suo uso e costume, non perde l’occasione per prendere per mano il proprio lettore e, con alcune interessanti ed appropriate note, accompagnarlo fuori dalla stazione per offrirgli uno sguardo su quella che era la Foggia allora.

“La strada, che dalla stazione andava al centro della città, era denominata “Stradale della Stazione Ferroviaria” (oggi Viale XXIV Maggio), in quell’epoca era fangosa e polverosa, secondo le varie stagioni. Ai suoi lati non vi era alcun fabbricato ad eccezione di una rustica costruzione quasi tutta in legno che si trovava a destra, proprio dove oggi sorge la Chiesa della Madonna della Croce. Quella costruzione era denominata “Regina del grano” e il suo proprietario, un certo Matteo Dattoli, detto “Sciamingo”, aveva adibito il vasto ingresso ad osteria ed il retro ad alloggio.”

“Tra la stazione e la “Regina del grano”, distanziati da pochi metri, vi erano sei chioschi, i cui proprietari “Fronze”, “Petrarche”, ecc. vendevano pane, formaggi, salumi, pizza, baccalà fritto ed altro. Alle spalle dei chioschi, dipinto in rosso fiammante, vi era l’angusto casotto di legna del Dazio, i cui agenti controllavano i bagagli dei passeggeri in arrivo e le merci ritirate dai magazzini della Grande e Piccola Velocità. Più in là vi era la così detta “Casa dei serpenti”, un rustico e tozzo fabbricato dal sinistro aspetto, indicato anche sulla carta topografica della stazione, che era adibito a sala di convegno dei guardiani della stazione ferroviaria.”

E’ ancora da “Mezzi pubblici di locomozione”, inserito nella stessa raccolta del 1980, che rileviamo:

“ ….omissis… Il servizio attuato dall’ATAF è abbastanza efficiente, però non si deve dimenticare quello che anni or sono, e precisamente verso la fine del secolo scorso, veniva effettuato dall’omnibus a cavalli (trammuà), il cui proprietario, il signor Tommaso Altamura, già gestore di una ditta di trasporto merci, con studio e deposito in Via Arpi, aveva messo a disposizione dell’utente, il quale, con la modica spesa di due soldi, veniva trasportato da Piazza Teatro alla Stazione Ferroviaria – allora isolata dal centro abitato – e viceversa.”

“Anche se in quei tempi il percorso che effettuava l’omnibus era di breve durata, bisogna riconoscere che era di grande utilità per coloro che dovevano raggiungere la Stazione Ferroviaria col peso di valigie o altri bagagli.” 

La stazione ferroviaria e Foggia, quindi, due corpi completamente separati. Dalla stazione ferroviaria alla Villa comunale il deserto del niente. Eppure, nel tempo, quel deserto ha subito una inimmaginabile trasformazione. Si potrebbe dire che un intero quartiere è sorto per ed in funzione della ferrovia: abitazioni per ferrovieri, dopolavoro ferrovieri (bar, sala lettura, sale giochi, impianti sportivi), alberghi, ristoranti, Palazzo dell’Acquedotto, Posta centrale, Banca d’Italia, sede INAIL e sede ENPAS (fino a non molto tempo fa), bar, negozi, servizi, uffici pubblici e privati, sedi di sindacati di categoria, e per la cura delle anime la Chiesa di Gesù e Maria. Insomma, tutto ciò che  poteva servire ai residenti ed ai viaggiatori.

E affondando ancora a piene mani negli scritti di Urbano Marano, sempre dalla raccolta del 1980: “Il diurno chiamato Bagni di Vaccarella”, non a caso ubicato nella stessa zona della stazione, collegato all’igiene personale e all’annosa questione della mancanza dell’acqua corrente a Foggia.

Dice il Marano:

 “ ….omissis… Allora in tutte le case mancava l’acqua corrente e, per offrire ai cittadini la possibilità di fare il bagno, nell’ultimo decennio del secolo scorso [1890], un componente dell’estinta famiglia Vaccarella costruì, all’inizio di quella strada che dal 1930 è denominata via Trieste, un albergo diurno, molto conosciuto in città e in provincia col nome di Bagni di Vaccarella, dove, con modica spesa chiunque poteva soddisfare le proprie esigenze di igiene.”

“Era un vasto complesso edile composto da numerosi camerini con la vasca da bagno e, nell’interno, nell’ampio cortile, molte pompe per attingere l’acqua dai pozzi, le vasche per il deposito, ecc. ecc. ….omissis… [L’acqua arrivò a Foggia nel 1924] “

Potrebbe apparire, per grandezza e numeri, un mondo a sé, quello della ferrovia, e dei ferrovieri di Foggia. Ma così non è. Se non direttamente, per parentela o affinità, tutti hanno avuto un ferroviere “in casa”. Tutti ricordano o hanno sentito parlare del treno estivo per Siponto, celebrato anche nella poesia, “U treno pupulare”, della nostra compianta concittadina Amelia Rabbaglietti che così conclude: “Viv’ u treno pupulare, che ce port’ addo ce pare, viva viva chi ha penzate, a fa cuntent’ i desperate”.  E poi della 1^, 2^ e 3^ classe, delle dure carrozze di legno, dei furti di carbone da parte dei più indigenti e coraggiosi per cucinare e per riscaldarsi, dei morti nel sottopassaggio, la distruzione degli impianti e gli atti di eroismo durante i bombardamenti del 1943, e ancora la “borsa nera” che spesso “viaggiava” sui treni, e gli sfollati, e il rientro dei prigionieri di guerra da tutti i fronti. E poi le partenze per il Nord, e non solo, alla ricerca di “lavoro-pane e fortuna” (non sono finite ancora!), e i brevi rientri di ferragosto e Natale. Tutto questo lega questa città ed i foggiani alla nostra ferrovia e ai suoi addetti.

Dalle mie parentele ed affinità emerge l’inseparabile coppia del macchinista e del fuochista, che mentre tu, viaggiatore, leggevi, discorrevi o ti appisolavi in uno scompartimento, ti portava sempre, a parte qualche ritardo non voluto, a destinazione. Il macchinista ai comandi, attento ai segnali, il fuochista di spalle a impalare  carbone. Due uomini “neri” a fine corsa. Con la loro gamella del pranzo e della cena da riscaldare poi al dormitorio. Le lunghe percorrenze, gli orari dilatati dalla scarsa velocità consentita dai mezzi di un tempo costringevano a stare fuori sede fino a due giorni. Dormire di giorno, lavorare di notte.

“Bigliettiiiii!!”, la voce del conduttore che a volte ti riportava alla realtà. E poi, ancora tante le figure, ormai scomparse, che consentivano a quel mondo di correre in sicurezza sui binari: casellanti, guardalinee, deviatori e verificatori. Il guardia-valige, addetto al deposito bagagli del personale viaggiante nei dormitori, il chiamatore, figura che vedevi sfrecciare in bicicletta per le strade della città, quando il telefono non era diffuso nelle case, per correre “a chiamare” in servizio un macchinista o un fuochista da rimpiazzare all’ultimo momento.

E quanti bravi artigiani e “maestri del lavoro” si sono formati in quelle officine: falegnami, tappezzieri, elettricisti, attrezzisti, tornitori. Per questi il concorso di accesso alla professione prevedeva la “prova d’arte”: alcune indicazioni, alcune  misure e poi, compasso di ferro, seghetto a ferro e lavoro di lima per trasformare una anonima piastra di metallo nel pezzo richiesto, se mai con un preciso avvolgimento di filo di rame. Quante speranze sono state  riposte in quel pezzo di ferro! Così come i macchinisti, ed i fuochisti per fare il salto di qualità, erano sottoposti ad una dura scuola di preparazione, nonostante il non alto grado di istruzione diffuso in periodi più lontani dai nostri.

Non bisogna sottovalutare il fatto che quella dei ferrovieri fu la prima categoria di lavoratori che a Foggia si costituì in Lega di resistenza e miglioramento, per poi passare, nel tempo, alle forme sindacali di rivendicazione più classiche e da noi conosciute; che si dotò di una Organizzazione di Mutuo Soccorso, l’unica sopravvissuta fino ai giorni nostri, anche se con nome e veste giuridica diversi; e lo “spaccio dei ferrovieri”, e le cooperative edilizie dei ferrovieri.

Non va dimenticato ancora che nel 1886 dai ferrovieri di Foggia fu promosso uno sciopero rivendicativo che si estese in altre zone d’Italia, ricevendo sostegno, appoggio e solidarietà, ma che lasciò i segni della ritorsione. E che “L’eccidio di Foggia” del 1905 ebbe la sua origine in una manifestazione dei ferrovieri che ebbe per scenario (carica delle forze dell’ordine) proprio la “Stradale della stazione ferroviaria”, che in quell’epoca era “fangosa e polverosa, secondo le varie stagioni” come racconta il Marano, e si concluse con diversi morti e parecchi feriti fra i dimostranti ed i passanti, fra Piazza Cavour e Piazza Lanza (ora Piazza Giordano).

Ed è ancora il Marano a raccontare in “Il cavalcavia” che:

“All’inizio di questo secolo [il pezzo è stato pubblicato nel 1985], per consentire l’impianto del doppio binario da Foggia ad Ancona, in prosecuzione del doppio binario da Bari, e soprattutto per evitare l’incrocio a livello di due arterie importanti, quella ferroviaria suddetta e quella stradale da e per Manfredonia, al termine di Via San Lazzaro venne costruito il cavalcavia in cemento armato ad arcata unica parabolica della luce di 36 metri.”

“Inaugurato il 28 ottobre 1929 dal Prefetto Benigni, dal Sindaco Perrone, dall’on. Caradonna e da altre autorità locali, il cavalcavia, attraversato da una strada larga otto metri, destò la più viva ammirazione per la sua imponente mole e per l’ardita concezione architettonica.”

“Nel settembre del 1943, il cavalcavia venne distrutto dalle truppe tedesche in ritirata con alcune cariche esplosive ma, dopo l’armistizio, data la sua importanza, fu ricostruito in breve tempo.”

“Col trascorrere degli anni, però, essendo sorte oltre il cavalcavia numerose sedi commerciali, artigianali ed industriali ed essendosi intensificato notevolmente  il flusso turistico verso le zone del Gargano, il cavalcavia era diventato una strettoia, una strozzatura al traffico automobilistico, per cui, negli anno Ottanta non solo si è provveduto a raddoppiare la vecchia struttura, portando così la strada dagli otto ai sedici metri di larghezza, ma anche a costruire un’altra carreggiata che, partendo dal cavalcavia, transita dietro gli insediamenti commerciali, industriali e artigianali e si collega al vecchio tracciato dopo circa tre chilometri. …omissis….”

Col tempo la ferrovia sarà naturale punto di attrazione per l’insediamento dei silos granari nel 1930, nei pressi del cavalcavia, che segnarono la fine dell’utilizzo delle fosse granarie, che la “mente” dell’uomo completerà con la distruzione, e del Consorzio Agrario Provinciale; ed ancora “sui binari” mulini e pastifici non più operanti, l’ex opificio di Rosa Rosa. Più in là, verso Bari la Cartiera, e nella zona industriale di Borgo Incoronata: l’ex zuccherificio (SFIR), l’ex Lanerossi, l’ex Frigodaunia, moderne industrie che sin dall’inizio portavano i segni della morte precoce nel loro DNA Quante speranze e aspettative hanno suscitato, e quanta cassa integrazione!

Il mio compito finisce qui, ho cercato di mettere insieme una serie di notizie ed informazioni, qualche ricordo personale e qualche impressione. Mi pareva doveroso parlare anche della nostra stazione ferroviaria e dei nostri ferrovieri. Anni fa, nella villa comunale  dedicarono un “monumento” al ferroviere, una bellissima locomotiva a vapore de lontano 1916, molto ammirata dagli adulti in cui suscitava ricordi, e dai bambini che la toccavano con aria di stupore. Oggi, quel “monumento”, ha trovato una nuova collocazione nell’ambito della villa ristrutturata, è più nascosto, per vederlo ci devi sbattere il muso sopra, ora è solo una vecchia locomotiva su un tratto di binario morto.

“Scendiamo dal treno”, imbocchiamo un sottopasso, risaliamo, attraversiamo l’atrio e siamo fuori, su Piazzale Vittorio Veneto, siamo ancora in compagnia di Urbano Marano, che tiene a farci notare i cambiamenti avvenuti nel tempo. Lo stradone polveroso o fangoso non c’è più, c’è la nostra amata-odiata Foggia rinata dopo i bombardamenti che si presenta con i suoi simboli: la dolcezza e la fertilità del Tavoliere, l’azione beneficante (a me piace più “beneficatrice”) dell’acqua in “Fontana della stazione” del 1985:

“La fontana, in pietra di Trani lucidata, è dotata di un impianto di alimentazione a ciclo chiuso che le permette una enorme economia di acqua.”

“Progettata dai tecnici del Genio Civile, in occasione della sistemazione del piazzale antistante gli impianti ferroviari,venne inaugurata il 6 dicembre 1953 dal Presidente del Consiglio dei Ministri on. Giuseppe Pella ….omissis…”

“Alla immensa folla assiepata nella piazza, Mons. Fortunato Maria Farina, vescovo della città, rivolse un breve discorso e alla fine, mentre compiva il rito della benedizione, una bianca colomba, planando lieve verso la fontana, andò a posarsi sulla spalla dell’illustre Presidente e vi rimase a lungo mentre dalla piazza si scatenava un’ovazione interminabile …omissis…”

Urbano Marano non l’ho conosciuto, ma sono sicuro che non prenderà “di fumo”, né lui, né chi lo conserva nei ricordi di famiglia, se mi sono permesso di approfittare delle sue ricerche e dei suoi lavori che ci hanno consentito di levare un po’ di polvere dai ricordi della vecchia Foggia, di far conoscere qualcosa di più a tutti, e a sottrarre dall’indifferenza qualcuno.

Poche pagine le mie, spero interessanti, Urbano Marano ne ha scritte oltre 850, fra il 1980 e il 1985, raccolte in quattro volumetti formato 21 x 15, si potrebbe tappezzare una parete di 27 metri quadri di tanta Foggia, foggiani e foggianità. Chissà se un giorno qualcuno penserà a dedicargli una via cittadina, con una targa (pochi centimetri quadri!) che lo ricordi al “pizzo” della strada. (Raffaele De Seneen)

I bombardamenti alla stazione

Ferrovieri caduti nel 1943

Primi ripristini della ferrovia dopo il 1943