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La Strage della Masseria Petrulla

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Siamo agli inizi del 1862, l’Italia è stata fatta, resta da fare gli italiani. Ha inizio il periodo della “grande rivolta” (Molfese),” il periodo più aspro e violento della guerra civile nel Mezzogiorno” (A. Vitulli), è già in atto lo stato d’assedio, la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, le leggi eccezionali (Legge Pica) e la repressione. Alla reazione, appoggiata dai Borboni e dallo Stato Pontificio, sta subentrando un movimento autonomo di rivolta contro i piemontesi e contro i “signori” del posto.

Alle dimissioni di Cialdini, il generale Lamarmora, che viene nominato Prefetto di Napoli e comandante del 7° Corpo d’Armata, assicura il Primo Ministro Ricasoli che la situazione nel meridione è sotto controllo.

In Capitanata il governo è retto  dal Cav. Alessandro Strada proveniente da Torino, la truppa è comandata al generale Luigi di Seismit-Dodà che mal sopporta di essere stato destinato in Capitanata e di essere di stanza a Foggia.

La situazione viene sottovalutata dalle alte cariche politiche e da quelle militari, ma il fermo invernale della bande partigiane (Briganti!) sta per finire e già sono state assaltate alcune masserie nel barese, scontri a Deliceto e Stornara dove un plotone dell’esercito viene assalito ed annientato con un solo superstite.

   Questo il quadro, veniamo ai fatti:

E’ la mattina del 17 marzo 1862 quando un drappello di bersaglieri dell’8° Reggimento di stanza a Lucera, comandato dal Cap. Richard (quanti stranieri a fare l’Unità d’Italia!) si avvia verso la masseria Petrulla per un cambio di guarnigione e lungo il percorso ha uno scontro con circa un centinaio di briganti al comando di Crocco Donatelli, altre fonti parlano Michele Caruso.

Contemporaneamente giunge a Lucera il Gen. Dodà con trenta Lancieri di Montebello che pretende di mettersi a capo di una spedizione di perlustrazione in partenza, guidata dal Ten. Col. Fantoni, e per il battaglione della Guardia Nazionale dal Magg. Granata.

Complessivamente si metto in marcia 30 lancieri, 10 Guardie Nazionali a cavallo e 100 soldati dell’8° reggimento di linea, che intercettano, via facendo le fucilate della battaglia in corso fra i briganti e gli uomini al comando del Richard.

Tutti i componenti della spedizione partita da Lucera fremono e chiedono di intervenire in aiuto dei loro compagni, ma il Gen. Dodà imparte l’ordine di non farlo. Anche l’insubordinazione della Guardia Nazionale, volontari, gente del posto, che con animosità si era avviata verso il luogo dello scontro, venne bloccata. Lo scontro, ascoltato a distanza dal Dodà, durò circa un’ora, e solo alla fine, quando i fucili tacquero e dei 20 soldati non ne era rimasto uno, il Dodà si portò sul posto, né intese mettersi sulla tracce ed al facile inseguimento dei briganti.

La vicenda ebbe risonanza nazionale, sommandosi in essa, la morte del già decorato Cap. Richard, la fine fatta da un reparto di bersaglieri del Regio Esercito, il fatto che i briganti avevano combattuto in campo aperto, il vile comportamento del Dodà.

I cittadini di Lucera si rivolsero direttamente al Parlamento con una lettera.  Alcuni stralci:

“I sottoscritti…. oppressi dal brigantaggio….e stanchi dell’incuria, non meno degli errori delle due prime autorità, politica e militare della Provincia….”

Seguono critiche nei confronti del precedente governatore “…che a tutto badava, fuorchè al benessere degli amministrati…”, e prosegue “si arroga che disgraziatamente a comandante di quel corpo di truppe fu destinato poi il Gen. Seismit-Dodà, la cui incapacità di inerzia, per non dire altro, doveva produrre la desolazione di queste belle contrade…. Egli facendo centro delle operazioni la città di Foggia è stato sempre si’ tenace in questo falso principio che à tenuto piuttosto a suo personale disposizione un corpo numeroso di truppe anziché renderlo utile per lo scopo supremo cui egli doveva mirare. Indarno gli si faceva capire che le forze, e specialmente quelle di cavalleria stavano neghittose in Foggia… il Dodà si rifiutò sempre ostinatamente”.

Seismit-Dodà venne esonerato dal comando, ma per le protezioni che aveva in alto loco non subirà altre conseguenze seppur già stabilite. Più tardi lo si ritroverà senatore eletto nella città di Urbino. Anche il prefetto Strada venne allontanato immediatamente da Foggia.

Il 31 dicembre dello stesso anno, nel cimitero di Lucera, dove la pietà popolare aveva raccolto e seppellito le vittime di quello scontro, fu tenuta solenne cerimonia per l’inaugurazione di un monumento funebre.

(a cura di Raffaele De Seneen)

Fonti: Bollettino bibliografico – Iapigia – Anno X – Fasc. III – Gazz. Del Mezzogiorno – Articolo di Gaetano Gifuni – Varietà di storia della Capitanata – Antonio Vitulli