La Taverna dell’Aquila
Vi si ritrovano riscontri già nel 1653 quando proprietario della taverna “fuori porta Grande” era il marchese Vespasiano Sacchetti, il quale (o un suo omonimo antenato) l’aveva acquistata con atto del 7 aprile 1631 da Antonio Brancia. A questa data l’immobile consisteva in “diversi membri superiori e inferiori, panetteria, cripta, cortile scoverto e pozzo”, ed aveva annesso un orto adiacente che si sviluppava lungo la strada per il convento dei Cappuccini e, quindi, parallelamente alla strada per S.Severo. Dopo il 1651 i Sacchetti, marchesi di S.Chirico, fecero ampliare il complesso e impiantare giardini recintati che, nel 1676, passarono a donna Beatrice. Malgrado ogni loro impegno finanziario, i proprietari non poterono impedire, verso la fine del Seicento, il crollo di un “mugnale” che dal fronte principale consentiva l’accesso ai vani superiori. Nel 1692 il plesso era indifferentemente chiamato “taverna o alloggiamento dell’Aquila” del marchese Sacchetti. Nel 1707 Donato Del Pozzo risultava proprietario di diversi immobili nel “luogo detto dell’Aquila”. Col passaggio della proprietà ai Del Pozzo si ebbero altre radicali trasformazioni ed ulteriori ampliamenti (ma forse lp’edificio fu rifatto del tutto); tant’è che in un disegno del 1712 risulta un grande “edificio detto dell’Aquila del magnifico Giuseppe Del Pozzo”; oppure, in altri documenti, il “comprensorio di case dette dell’Aquila”. Il Catasto del 1733 riporta i proprietari Giuseppe e Francesco Del Pozzo. Nel 1743 alla dizione “comprensorio” si aggiungono anche quelle di “quartiere e rione l’Aquila”. A questa epoca il grande complesso edilizio, sempre con adiacente orto, comprendeva più stalle ognuna con camere superiori: la “piccola”, la “pinta”, la “nuova” e la “grande”. Le prime due erano di Domenico e la terza di Gennaro Del Pozzo. In particolare, la “stalla dell’Aquila grande”, detta anche di S.Cristoforo, comprendeva “due corsee, caricaturo, pagliere, pozzo, otto camere superiori con due fondaci, et altre comodità”. Sempre nel 1743, quando un certo Miani Leonardo “teneva una parte degli stabili dell’Aquila”, nel comprensorio si acquartierò un reparto del reggimento dei dragoni della regina. I Del Pozzo erano ancora proprietari nel 1775. La taverna fu restaurata nel 1803 e continuò ad ospitare saltuariamente reparti militari, dal che la denominazione di “caserma dell’Aquila” che viveva nei ricordi degli anziani dei primi del 900.
Esisteva anche l’Orto dell’Aquila: tale toponimo deve aver avuto origine verso la metà del sec. XVII, quando i marchesi Sacchetti erano proprietari della taverna omonima cui l’orto era annesso. Esteso per due versure era detto anche “orto del giardino dell’Aquila”. In realtà esso esisteva già nel Cinquecento e si sviluppava parallelamente all’attuale via dei Cappuccini. A quest’epoca ne erano proprietari i Brancia che lo vendettero ai Sacchetti nel 1631. L’area su cui insisteva l’orto dell’Aquila, limitata oggi al lato nord dalla fascia ferroviaria, è rimasta destinata a colture orticole oltre la metà del corrente secolo, poi è stata lottizzata ed edificata.
(fonte: Vincenzo Salvato – La storia sui muri – Edizioni del Rosone)
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