L’automobile a Foggia – 19 febbraio 1901
Alle 11,30 infatti dopo un difficile lavoro per far sciogliere il ghiaccio formatosi nei tubi, la caldaia era in pressione e con una naturalezza, una semplicità da non credersi, se non da chi ha visto, quell’enorme massa di legno e ferro, sdrucciolando leggerissima e svelta lasciava il piano caricatore e si dirigeva nel piazzale della stazione; là dopo aver eseguite alcune evoluzioni per assicurarsi del perfetto funzionamento di tutti gli organi rimasti inattivi per tanto tempo, la macchina brillantemente, trionfalmente si è diretta in Piazza Prefettura.
Che dirvi del fanatismo destato nel pubblico? Bisognava essere in città per farsene una idea. La gente pareva intontita; e correndo da un vicolo all’altro per attendere la macchina al suo passaggio, e facendo ala lungo le vie, cercava di soddisfare la sua curiosità quasi morbosa: le finestre, i poggiuoli, le terrazze erano gremite di gente ansiosa di vedere il treno senza rotaie.
La macchina passando innanzi alla Villa ha preso via del Corso Vittorio Emanuele e passando per Corso Garibaldi si è fermata innanzi alla Prefettura. Là, il Consigliere Delegato barone Lemme ed altri signori facenti parte della Deputazione provinciale, della Giunta Amministrativa, sono montati; la macchina si è rimessa in moto ed a più riprese ha fatto il giro della città passando nelle strade grandi e piccole.
Dire della facilità e della ristrettezza dei giri è inutile, conoscete le vie di Foggia, e ve ne potete fare un’idea, pensando però che la vettura è lunga metri 7,50.
Quindi la carrozza è stata lasciata in Piazza Prefettura esposta al pubblico che faceva ressa intorno, a mala pena trattenuto dalle guardie. Verso le 14 ha ripreso i suoi giri conducendo il Sindaco e gli assessori e verso sera si è rifugiata in un vicolo innanzi alle scuole sperando di poter prendere l’indomani la via per Lucera e Sansevero.
Appare strana la conclusione del cronista dell’epoca con quel “la carrozza…..si è rifugiata in un vicolo”, più adatta per un animale selvatico, forse, anche lui non crede ai suoi occhi, sforza e stenta ancora a percepire la mano dell’uomo anche nel momento che la guida verso il “rifugio”, ma probabilmente anche il termine “parcheggio” era di la da venire e/o comunque da associare.
(Raffaele De Seneen)