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Le origini del teatro a Foggia

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Il Teatro nella “Dogana vecchia”

Nell’antica e vecchia sede della Regia Dogana di Puglia, prima che il terribile terremoto del 1731 la danneggiasse irrimediabilmente rendendo necessario il suo trasferimento, sita nel largo detto di Pozzo Rotondo, si può identificare con certezza la presenza di un locale, il vano più vasto del Palazzo, chiamato appunto Salone del Teatro.

Si trattava del salone attiguo al vano destinato al Tribunale della Dogana, detto anche dei locati, nome che, nel gergo doganale, veniva dato ai fittuari dei pascoli del Tavoliere.

E’ evidente quindi il doppio uso dei locali. Nelle particolari occasioni – le assemblee dei locati – il locale di Palazzo Rotondo veniva utilizzato per gli scopi di “ufficio”, nei rimanenti periodi di tempo, dal teatro.

Il salone era collocato al primo piano del Palazzo. Ad esso si accedeva per una scala dall’interno del cortile che dava su un ballatoio dal quale si entrava nel salone.

“Dal cortile scoperto per scala scoverta e coperta si impiana in un lungo ballatoio, dal quale, con porta s’ha ingresso in un gran Salone per comodo dei locati detto al presente Sala  del Teatro”.

Si trattava certamente dell’ambiente più vasto del Palazzo il quale aveva “tre finestre e tre balconi alla romana e loro finestrini a lume sopra che mirano verso la strada maestra” di non certo grandi dimensioni, ma non si dimentichi che si trattava non di un teatro pubblico ma di “sala” ove si accedeva per inviti.

Probabilmente le strutture teatrali dovevano essere provvisorie e installate a cura dell’impresa teatrale stessa. In questa sede quindi si svolse per parecchi decenni, la principale attività teatrale foggiana.

Ma da quando tempo era in funzione questo teatro che abbiamo chiamato, per distinguerlo, di corte?

In un numero della Gazzetta Napoletana del 4 novembre 1709 si parla di due opere rappresentate a Foggia:  “Amor trionfa fra l’armi” e “L’amante ovvero l’infido leale”. Purtroppo non si è in grado di dare alcuna notizia oltre il titolo, sulle opere rappresentate. Deve trattarsi non di opere musicali ma in prosa, del genere “rappresentazioni sceniche” o tragedie sceniche in voga alla fine del 600 e ai principi del 700.

Si ha notizia di un’altra rappresentazione, l’anno successivo in data settembre 1710 con la messa in scena, sempre al Teatro di corte del Regio Doganiere, di un’opera intitolata “La Spagna liberata dai Mori” della quale purtroppo, come per le precedenti, non si è in grado di reperire maggiori notizie.

Queste dunque in assoluto le prime rappresentazioni teatrali delle quali si ha notizia a Foggia.

Tuttavia un riferimento relativo ad un altro avvenimento accaduto a Foggia, ci permetterebbe di retrodatare tale attività teatrale alla fine del secolo precedente.

Il Doganiere Guerrero infatti era stato nominato Governatore della Dogana nel 1695: era noto che egli era un protetto del Vicerè Medinaceli il quale, tra tanti difetti e vizi, ebbe la virtù di amare appassionatamente il teatro, passione che aveva trasmesso appunto al Guerrero. Pertanto è logicamente presumibile che il Governatore della Dogana abbia iniziato ben presto tale sua opera di mecenate teatrale ed infatti si ha notizia che, quando nel marzo del 1698 venne a Foggia in visita Francesco della Puca (già Governatore della Dogana di Foggia nel 1691 e poi Presidente della Sommaria e allora autorevole membro a Madrid del Consejo de Italia) fu tenuto per l’occasione alla Dogana un trattenimento scenico in onore dell’illustre ospite il quale si ammalò e morì nella nostra città.

Va ricordato comunque che l’edificio della Dogana era vecchissimo (si fa risalire addirittura al periodo federiciano) e che in esso il Salone del Teatro era sempre esistito e pertanto si può sperare che ricerche di archivio possano permetterci di retrodatare al periodo vicereale spagnolo l’inizio della vita teatrale a Foggia.

Non va trascurato infine il fatto che comunque a Foggia era sempre esistita una attività musicale di una certa rilevanza ricordando Enrico Radesca a Foggia, Luigi Rossi a Torremaggiore, Francesco Mazza a Manfredonia e Salvatore Sacchi a Cerignola che onorarono la musica strumentale italiana e che appresero i rudimenti dell’arte musicale qui a Foggia. Inoltre si ha notizia dell’esistenza a Foggia di una bottega organaria, quella dei Gallo, in attività nella prima metà del 700  e di una significativa attività organistica nelle sue chiese.

Il teatro nella “Dogana nuova”

Il fatale 1731, l’anno del terremoto, portò, nella rovina generale, anche l’abbandono della vecchia sede della Dogana. Il tentativo da parte delle autorità doganali di riattare il vecchio Palazzo, secondo le indicazioni dei due ingegneri venuti da Napoli, Stendardo e Tagliacozzi, si rilevò costoso e difficile e i lavori di restauro furono abbandonati.

Nell’aprile del 1732 il Marchese Ruoti, governatore della Dogana, provvedeva all’acquisto di un immobilein costruzione fuori Porta Reale di proprietà del Vescovo di Troia Mons. Faccolli e dava inizio ai lavori di modifica per adattarvi la sede della nuova Dogana. Tali lavori di riattamento dello stabile, già destinato a seminario, per collocarvi i nuovi uffici furono lunghi, complessi, con molte varianti e modifiche strutturali per cui non si sa bene quando, considerate le più impellenti necessità riguardanti l’abitazione del Governatore, la collocazione del prezioso archivio, le carceri ecc, si pose mano al teatro.

Si tenga presente poi il particolare periodo storico che la città, come tutto il Regno, attraversava e cioè il trapasso fra il dominio austriaco (1707-1734) e l’avvento del nuovo Regno Borbonico di Carlo, per comprendere che una certa stasi nell’attività teatrale deve esservi certamente stata, anche perché, quanto appassionati di musica e teatro e mecenati furono i vicerè spagnoli, altrettanto “taccagni” e poco musicalmente versati si dimostrarono i vicerè austriaci.

La data certa per la riapertura dell’attività teatrale a Foggia fu l’anno 1746 e ciò si deve alla volontà del Governatore del tempo della Dogana, il marchese Francesco Marchant. Tale Governatore, amicointimo di Carlo di Borbone, aveva giàò ricoperto in passato la carica di Uditore Generale dei Regi Eserciti e, come è noto, tale carica comportava il controllo sui teatri, su attori, attrici e donne di malaffare: pertanto il Marchant era di casa nel mondo dello spettacolo. E sotto la sua guida egli destina al teatro una intera ala di Palazzo Dogana, al primo piano dello stabile, al lato destro, verso Porta Reale nella zona sovrastante le carceri.

per l’allestimento del teatro si rivolge ad un impresario napoletano, Francesco Pascolino, al quale si affiancò un foggiano don Crescenzio Pepe di origine molisana ma residente a Foggia e con cospicui interessi nella Dogana. Viene dato quindi inizio alla costruzione del teatro affidando l’incarico ad un ingegnere di Napoli esperto in costruzioni teatrali,, Fernando Rubino.

La galleria di accesso viene coperta con un tetto di embrici ad evitare agli spettatori danni dalle intemperie.

Quanto al teatro vero e proprio esso vede un palco colle funi (palcoscenico) fornito di un panno del cielo (fondale) e di un telo di bocca d’opera (sipario). C’è poi una platea e attorno una serie di palchetti a due piani oltre alla presenza di tre ampi palchi riservati alle autorità. Insomma un vero e dignitoso teatro che, anche se di dimensioni ridotte, permetteva la rappresentazioni di di commedie ed opere liriche. Non restava quindi che inaugurare,in occasione della Fiera, la nuova stagione lirica che tutta Foggia attendeva.

Per l’inaugurazione l’impresario Pascolino fece le cose in grande ingaggiando due fra i più noti cantanti del tempo: i coniugi Antonio Catalano e Margherita Pozzi; accanto a loro fu chiamata un’altra celebre prima donna, la virtuosa Serafina Penni. L’accettazione dell’invito da parte di tali artisti sono la dimostrazione che il teatro e la piazza di Foggia godevano di buona fama fra i teatri di provincia dell’epoca. Il Pascolino riesce anche a contattare un musicista che diventerà tra i più corteggiati dai teatri d’Europa, Giacchino Cocchi.

E così, il 14 aprile del 1746 viene solennemente inaugurato il nuovo teatro della Dogana di Foggia, frauno sfolgorio di luci, alla presenza ovvia del Governatore Marchant, e degli esponenti delle più nobili e ricche famiglie foggiane dei quali riportiamo i nomi: Don Giulio Ricciardi, Don Giacomo Barone, Don Francesco Filiasi, Don Luca Bruno, Don Giovanni Domenico Vidmann, Don Michele Coda, Don Giovanni Cementano, Don Luca Brancola, Don Michele Furia, Don Felice Tortorelli, Don Michele Gargano, Don Salvatore Marra, Don Giuseppe Freda, Don Nicola De Carolis, Don Giuseppe Nicola De Angelis, Don Guglielmo Della Bella, Don Saverio Valentini, Don Felice Grana, Don Fabrizio Tafuri, Don Amedeo Cocle.

Un episodio guastò la rappresentazione della seconda opera, l’Elisa del Cocchi. Il maestro infatti, per la mancanza diuna carrozza che lo porti a Foggia, giunge alla nostra città in ritardo e si accorge, con grave disappunto, che poco è stato fatto e che gli attori non sanno ancora bene la parte e l’orchestra non aveva ancora provato la partitura; egli è costretto, per rimediare, ad accorciare il testo e di fare quasi riscrivere il libretto, dietro promessa, da parte del Pascalino e di Pepe, di pagargli un compenso extra, per tale nuovo lavoro.

Nelle serate seguenti, ci furono più rappresentazioni per la gioia dell’eletto pubblico foggiano e dei forestieri venuti a Foggia per la Fiera.

Questa prima stagione lirica del nuovo teatro lasciò però i conti in rosso in quanto le uscite superarono di gran lunga le entrate e il Pascalino si trovò in un mare di debiti: non furono onorati completamente i contratti della coppia Catalano-Pozzi e quello del Cocchi. Molti fornitori non furono pagati come i fornai Nicola Parisi e Giacomo Romanelli (avevano fornito il pane alla compagnia); si decise quindi di creare una società tra un gruppo di locati della Dogana per tentare di organizzare la stagione teatrale dell’anno successivo  Nessuna notizia abbiamo però su tale nuova stagione ma restava il fatto che il nuovo teatro cominciava a muovere lentamente i suoi primi passi.

da “A.Vitulli – I teatri di Foggia nei secoli XVIII e XIX – Daunia editrice”