L’evoluzione della mietitura
Giugno…Un mese da sempre importante ed atteso per tanti nostri contadini che , con ansia, aspettano i primi caldi per poter racogliere i frutti di un anno di duro lavoro: il frutto di quei campi sterminati che ha incantato scrittori, poeti e viaggiatori di ogni tempo e di ogni luogo: Il grano.
Da sempre la nostra terra è considerata il granaio d’Italia e non solo: produttrice del miglior grano e all’avanguardia nella sperimentazione di nuove varietà. Foggia, con le sue immense pianure. In questi giorni, nei quali il primo caldo comincia a farsi sentire, sembrano immense distese di mare color oro. Le spighe che ondeggiano, piegate dal vento, con il loro carico di chicchi pregiati. In questo scenario, ogni anno, iniziano, sin dai primi giorni di giugno i “riti” della mietitura”. Gesti che si ripetono da secoli e oggi convivono con i prodotti delle nuove tecnologie che, comunque, non potranno mai del tutto escludere il lavoro manuale, anche duro, dell’uomo, tra quelle immense distese. Uno dei mezzi oggi maggiormente utilizzato per la raccolta del grano è , come noto, la mietitrebbiatrice. In queste settimane le vediamo al lavoro nelle nostre campagne: grandi macchine che si muovono lentamente, occupando quasi tutta la sede stradale, per immettersi poi tra le stradine interpoderali fino a raggiungere il campo dove inizieranno a “tagliare il grano”, come viene comunemente chiamata dal popolo questa, in verità molto complessa, operazione. Ma se pensate che le trebbiatrici ebbero subito entusiastica ed interessata accoglienza tra i nostri agricoltori vi state sbagliando. Le prime trebbiatrici, la cui invenzione viene fata risalire a metà del 1700, allo scozzese Michael Menzies, e il perfezionamento ad Andrew Meikle nel 1786, al contrario delle moderne mietitrebbie, non mietevano il grano: operazione che veniva effettuata secondo gli antichi mezzi, ma provvedevano alla successiva trebbiatura che, fino alla comparsa di queste macchine, veniva fatta a costo di enormi sacrifici di uomini ed animali. Da vari articoli dell’epoca e dagli annali del Regno delle due Sicilie, apprendiamo che le prime trebbiatrici giunsero nel nostro tavoliere intorno alla metà del 1800: 1840, per la precisione. La trebbiatrice era di proprietà del Barone Vergara di Sicilia . La comparsa di questa macchina sulle nostre terre diede ben presto luogo ad una controversia tra il suo inventore e la “Società Economica di Capitanata”, nata a Foggia con decreto del 30 luglio 1812 di re Gioacchino, Napoleone. Benchè uno dei “credi” maggiori della Società fosse quello della necessità di introdurre e diffondere nelle nostre terre le macchine agricole, prevedendo i grandi vantaggi che dal loro utilizzo ne sarebbero derivati; specie nelle nostre terre quasi a monocutura, e quindi prestò grane attenzione alle nuove invenzioni provenienti dall’Italia e dall’estero, secondo la “ Società ” la nuova trebbiatrice oltre a essere inutile ed inefficiente, non rispondeva affatto a quanto si attendeva e all’esigenza di miglioria del lavoro. Dopo , soprattutto perche’ non si cofacieva ai principii, allora conosciuti, della fisica meccanica, vale a dire: “potenza, tempi, effetti”. quello che sarebbe dovuto essere il rivoluzionario mezzo agricolo, venne definito “..Di niun valore perché il congegno era assai difettoso e tale da non ritenere opportuno far bandire il calpestio dei cavalli” : affermazioni, queste, che erano l’opposto degli entusiastici e favorevoli pareri espressi invece dal “Regio Istituto di incoraggiamento di Napoli” , nato per promuovere e indirizzare gli studi teorici verso innovazioni ritenute utili dalla società. In particolare il fallimento degli esperimenti veniva addebitato alla grande differenza che passava tra le prove fatte in Napoli, su aie di piccole dimensioni e quelle successive sulle grandi estensioni di Capitanata. E’ del 1839 un resoconto del lungo e vivace dibattito intorno all’utilizzo della nuova macchina, nato tra le due importanti istituzioni sopra citate, “…causa del fatto che le esperienze dell’uno sono in perfetta opposizione con quelledell’altro”. Una relazione, presentata all’Istituto partenopeo, da parte dell’Intendente della provincia e presidente della Società : Cav Lotti, confermo’ che a nulla nerano valsi gli esperienti eseguiti nelle terre el foggiano. Nonostante tutto e dopo il parere del Barone Druini, incariato di verificare la nuova macchina di proprietà del Barone Giuseppe Vergara, l’invenzione della nuova trebbiatrice venne iscritta e autorizzata con la motivazione che “non si riteneva scemata dall’esperimento i Foggia l’importanza e utilità di detta macchina”. Anche negli anni successivi la Commissione spesso si trovo’ di parere difforme a quello dell’Istituto di incoraggiamento: per esempio assumeno una posizione contraria rispetto all’utilizzo di falciatrici provenienti da oltr’alpi; o, ancora, contro le trebbiiatrici di Pitts, trovate non prive i difetti..” Cio’ nonostante, la Società si mostra sempre molto attenta agli sviluppi e alle innovazioni nell’agricoltura, presentando, nelle varie campionarie che si tenevano, nuovi mezzi e attrezzi piu’ moderni per l’agricoltura. Le cose però presto sarebbero mutate , ed infatti, già nel 1870 venne autorizzato l’acquisto di 37 trebbiatrici per una sesa di 14.000 lire e , tra il 1920 e il 1929, come si ricava dai dati di “Capitanata Agricola el 1929”, il numero delle rebbiatrici aumento’ da 450 a 610. Contro le prime trebbiatrici, dobbiamo registrare anche un importante ed illustre pensiero del nostro concittadino, grande scienziato: Giuseppe Rosati. Questi , sin dal 1811, ancor prima, quindi, che arrivassero sulle nostre distese granarie, si espresse sulla trebbiatura del grano, con grande pessimismo , anzi, accomunando nella loro presunta “inefficacia”, non solo le macchine allora appena nate, ma anche quelle future. Nella strenua difesa dei tradizionali metodi di trebbiatura l’insigne studioso in realtà era pessimista non tanto sull’utilizzo dei mezzi meccanici in agricoltura, quanto sui principi della meccanica e fisica sino ad allora utilizzati per la costruzione e il funzionamento delle trebbie. Non per niente lo scritto cui sopra abbiamo fatto cenno, terminava con questa esortazione: “….In fin dei conti non si richiede una cosa impossibile ( n.d.a. per la costruzione di macchine agricole efficienti) quale il moto perpetuo o la navigazione negli spazi aerei…” Oggi, dopo due secoli dalla sua “profezia”, si può dire che le trebbiatrici di fine 900 e le moderne e super tecnologiche mietitrebbiatrici di oggi, hanno dato ragione alle previsioni del Rosati. Proprio a Foggia, che all’inizio le rifiutò, sin dai primi del 900, un industriale legato alla sua città e consapevole delle potenzialità economiche e di sviluppo che l’agricoltura poteva dare, iniziò la produzione di trebbiatrici utilizzate poi in quasi tutto il pianeta. Sue anche le prime trebbiatrici adatte anche per i terreni collinari. L’esposizione di queste prime grandi macchine, anche un po’ strane, nelle varie fiere, richiamava tantissima gente, come tanti di noi che, negli anni 70, andavamo alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura dove venivano esposti i macchinari per l’agricoltura più innovativi e sino ad allora sconosciuti e guardavamo, meravigliati, con il naso all’insù, quelle mastodontiche macchine mietitrebbiatrici, di colori sgargianti, che facevano bella mostra negli enormi piazzali del parco fieristico. E, come tutti i bambini, cercavamo qualcuno degli addetti affinchè ci facesse salire al posto di guida : la cabina, piccola ma super moderna, da dove, la nostra immaginazione, ci faceva pensare che da quella posizione si potesse dominare il mondo… (Salvatore Aiezza)