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L’incendio della chiesa di S.Tommaso a Foggia

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da “Il Giornale Patrio” riguardo ad un evento del 14 agosto 1839 :

S.TommasoDispiacevolmente è da notarsi che questa mattina, nel mentre era annunziata la gioia pubblica nella continuazione della festa nella chiesa di S.Tommaso Apostolo cominciata ieri, e si era già dato principio alla solenne messa, intonata per poco la Gloria in excelsis, per infausta combinazione una candela, mossa forse dal vento, ha toccato il panneggio del galante e ricco padiglione di veli ricamati e stoffe e lo ha acceso. Le voci e le grida di ognuno per spegnere il fuoco attaccatovisi e la premura de’ falegnami e di ognuno che vi assisteva non sono stati sufficienti a riparare a tale danno, abbenchè strappato il detto padiglione, e tirato a basso quanto vi era di combustibile; poiché il fuoco colla sua violenza progrediva e si attaccava di mano in mano ad ogni oggetto, non escludendo la sedia ove era collocata la sacra Icona, locchè ha formato uno spavento generale fra i pianti, le grida, le fiamme inoltrate e la fuga degli astanti, i quali a gruppi e senza più guida cadevano, e gli altri li passavano per sopra sino a salvarsi fuori la porta maggiore ove il popolo era già accorso alla voce del fuoco e dell’incendio, e paventando la perdita di quella miracolosissima Vergine che da secoli Foggia conserva troppo cara nelle sue mura, ricovero delle sue disgrazie ed appoggio della sua fede.

Ma fortunatamente un fabro per nome Raffaele Angiolillo, assistito da compagni, gittatosi tra le fiamme e sotto le già cadenti catene del soffitto della chiesa, si porta sulla macchina dell’altare, ed a guisa di un fulmine salva la miracolosa Immagine, perdendosi la sola corona di argento di cui era decorata, oltre quella d’oro che fu salva; se le brugia un portiere di damasco bianco ricamato in oro che ne copriva le spalle, ma nel portarla al basso della chiesa, cade per la scalinata colla Vergine istessa… Oh Dio! Oh Dio!

Ivi è presa da avviliti sacerdoti accorsi alla disgrazia, e miracolosamente la salvano per la porta della sagrestia, fuggendola in testa del canonico don Giuseppe Fiscarelli, di don Gabriele Cicella, ex scolopio, e don Antonio Ruggiero con due chierici, che le diedero rifugio nella vicina chiesa delle monache di S.Chiara.

In allora il popolo si calma alquanto da’ suoi dispiaceri e non rimbomba per le strade che una sola voce la nostra Vergine si è salvata, è ancora con noi la nostra madre Maria; ma le fiamme della incendiata chiesa si aumentano, annientano il tutto, e non vi resta che fuoco, polveri e fumo, che destava terrore al vicinato per le case contigue ed avvilimento nel popolo intero, vedendo cadere travate, finestre e la porta istessa della chiesa, di cui non rimangono che le sole e nude mura di un desolato edificio.

L’Intendente, il Comandante della provincia, il Vescovo, il Comandante la gendarmeria erano accorsi, e davano disposizioni per la cessazione dell’incendio, e per evitare l’attacco alle vicine case la gendarmeria fu messa tutta sotto l’armi, gli offiziali delle guardie d’onore vestirono l’uniformi ed accorsero pure a qualunque bisogno; ma il fuoco, che si fa strada senza guida, fece ridurre in polvere quanto ivi vi era, distruggendo così anche i confessionari, l’orchestra, l’organo, un controbasso ed un violoncello ivi rimasti, non che i quadri degli altari, e tutt’altro, tra quali furono appena salvate le due statue, cioè della Vergine Immacolata e di S.Biagio, come due cenci senza raffigurarsene la loro bellezza.

In questo frattempo di confusione e d’orgasmo non si era pensato alle sagre pissidi, deposito del Sacratissimo Corpo di Nostro Signore. In allora che destandosi tale idea, non vi era chi tra le fiamme e le rovine ardisse portarsi verso quell’altare; ma un bracciale, armato di accetta e con quel coraggio che l’Altissimo gl’ispirò nella circostanza, a guisa di un baleno penetra le fiamme, colpisce il sagro ciborio, e toglie la sacra pisside nel mentre una catena incendiata gli cade a’ piedi, e consegna nella vicina porta della sagrestia l’incruento sacramento nelle mani di uno spaventato sacerdote, per nome don Michelangelo Novelli, che coprendolo devotamente sotto il suo cappotto lo porta celatamente a ricoverar nella vicina chiesa delle Orfanelle.

Il Vescovo quindi, avvertito di tutto, accede nella chiesa delle monache Chiariste, ed ivi facendo collocare devotamente la ricuperata sagra Icona sulla mensa dell’altare maggiore, fa recitare agli astanti l’inno ambrosiano in ringraziamento al Signore sì per la salvata Immagine che per il non perduto tesoro del Sagratissimo suo Corpo. Quindi l’istesso prelato discende alla chiesa delle Orfanelle a farvi altrettanto. Nell’istesso tempo dispone di passarsi provvisoriamente la parrocchia nell’altra vicina chiesa de’ soppressi Agostiniani, che si tiene aperta dalla congrega di S.Monaca. E così finisce una festività di tanto preparamento nella già chiesa di S.Tommaso.

Ora dovendosi continuare la festività della giornata, alle sei pomeridiane si annunzia con i sagri bronzi l’uscita della processione già disposta secondo il solito, e colla massima gala e decenza viene continuata senza punto alterarsi il sistema, menocchè invece di rilevarsi la sagra immagine della non più esistente chiesa di S.Tommaso, si rileva da quella di S.Chiara, e con tutta pompa e divozione nel suo solito giro per la città ritorna alle ore 24 nella sua chiesa, ove tutto era preparato con elegante e nuova macchina tra il pianto di gioia e di pubblica commozione. Ivi il nostro accurato Vescovo accede, sale sul pergamo, ed in pochi accenti rammemora al popolo l’accaduto triste avvenimento, ed implorando da tutti il perdono de’ propri peccati, causa di ogni flagello, si batte acerbamente con disciplina, che commuove gli animi di tutti, e non si sentiva echeggiare per la chiesa che la sola voce del pianto e del pentimento. Quindi continuò la funzione de’ primi vesperi con ogni eleganza, e col concorso di tanti forestieri, che forse fuori del solito si trovano a godere di tale festa.

Intanto il popolo gira per la città tra brillante illuminazione di tutte le strade con obelischi elegantemente conformati, orchestri collocati sulle piazze con le replicate bande musicali; ed infine si accende un fuoco artificiale nella piazza di Gesù e Maria, oggi largo del reale Orfanotrofio, che chiude la sera di un giorno così solenne, che si renderà viepiù memorabile per i suoi avvenimenti.