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Masseria Castiglione

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La Masseria Castiglione

La Masseria Castiglione

Il paesaggio rurale della  nostra Capitanata è stato modellato nel corso dei secoli dagli eventi storici e  delle radicali  modificazioni  socio-economiche che si sono succedute.

Si è passati  infatti da una economia silvo-pastorale nel medioevo ad una prettamente pastorale che per 357 anni è stata caratterizzata dalla Dogana della mena delle pecore, instaurata da Alfonso I^ d’Aragona  nel 1447 e proseguita dai Borboni sino all’avvento delle idee riformiste diffuse in tutta l’Europa a seguito della rivoluzione francese e recepite da G.Murat  nel 1806.

Dal “castrum”( villaggio fortificato) di  epoca romana si passa alle” massae” nel  medievo, alle poste ( masserie da pecore ) in epoca rinascimentale, sino alla nascita delle  cosiddette “masserie”legate allo sviluppo del latifondo ed al diffondersi della coltura cerealicola.

Alla fine del XVIII^ secolo, vi fu una ennesima  crisi del settore pastorale, provocato  dalle  frequenti guerre intestine  che lacerarono la nostra terra,  dalle devastanti epidemie che provocarono migliaia di vittime e diffuse carestie; inoltre vi fu l’avvento delle idee liberiste francesi che si diffusero anche nel nostro Mezzogiorno , ove a seguito dell’abolizione dei feudi, della confisca dei beni ecclesiastici si diede attuazione alla ripartizione delle “terre civiche”  agli assegnatari con l’obbligo della miglioria, ovvero in enfiteusi perpetua.

Queste alienazioni favorirono la nascita del latifondo   da parte della borghesia agraria che  in tal modo acquistò vaste estensioni di fertili pascoli  che vennero dissodati e  destinati alla coltura agraria ad indirizzo cerealicolo.

E’ appunto a questa epoca che risalgono le masserie, ove da generazioni  i massari gestivano con intelligenza e competenza  le antiche poste da pecore, dando conto del loro operato solo  al padrone–signore guadagnando spesso la loro fiducia incondizionata  e ….non solo, tanto da poter in molte occasioni entrare in diretta competizione con loro nell’acquisto di diverse”carra“ di terreno (una  carra equivale a  20 versure  e quindi a circa 25 ettari).

Si ha notizia infatti che nel 1825 fu venduta all’asta la “Posta Fontanelle“, nel tenimento di Castiglione, in danno dei fratelli D’Antino per la censuazione perpetua di 3 carra, 19 versure e 30 catene al prezzo di 800 ducati  per onorare debiti nei riguardi della Regia Dogana; ciò avvenne, ai sensi della legge 75/1806 (abolizione della Dogana) e legge 13/1/1817 n.599.

Nella ripartizione delle poste vennero favoriti sempre i ricchi in danno dei poveri e fu così che la ricca borghesia si arricchì e il proletariato divenne sempre più povero , la qualcosa provocò moti rivoluzionari, sanguinose  rivolte e la nascita del brigantaggio.

In tal modo il nuovo regime delle “terre feudali” favorì la crescita del ceto borghese e servì a legare maggiormente i proprietari alla terra ed ad incoraggiare nuovi investimenti ed a migliorare le aziende agrarie mediante la costruzione di nuovi fabbricati rurali o l’ampliamento  e la ristrutturazione  di quelli esistenti che consentì il proliferare di nuove masserie.

Generalmente  in Puglia ed in particolare nel  nostro Tavoliere   le masserie erano dei veri e propri fortini , con un grande portone d’ingresso sbarrato, torrette  di avvistamento di varia forma, anche con funzioni di  difesa; il primo piano era destinato all’abitazione del signore- padrone,  mentre al piano terra vi era l’abitazione del massaro con  accesso direttamente dall’esterno mediante una piccola scalinata.

All’androne erano  annesse le stalle  e la cosiddetta “cafoneria” locale attiguo al fienile dove dormivano i braccianti, i garzoni e gli stallieri.

 E’  facile  ancora oggi  percorrendo le strade consorziali, che attraversano le nostre campagne e ricalcano i vecchi tratturi e tratturelli, imbattersi in queste costruzioni; talvolta imponenti dal punto di vista architettonico  che si appalesano allo sguardo dei turisti della domenica  come dei veri “tesori nascosti”, che fanno parte di un patrimonio edilizio rurale che riveste una notevole importanza storico-architettonica.

La riscoperta di  questi” monumenti rurali” serve, come ha  già fatto in alcune occasioni il FAI e l’associazione Cicloamatori della nostra città, a promuovere una campagna divulgativa  per ammirare ed apprezzare il nostro inestimabile patrimonio simbolo dell’antica civiltà contadina, ma anche a stimolare la loro  tutela e conservazione di questi beni culturali.

Infatti è meritorio il  censimento di queste masserie storiche promosso dall’Amministrazione Provinciale, ma occorre adoperarsi a sensibilizzare il potere politico regionale  a legiferare per finanziare con fondi adeguati i lavori di  restauro conservativo e di interventi strutturali che richiedono un notevole dispendio economico e competenze specifiche; sarebbe auspicabile pensare  di  acquisire  al demanio pubblico quelle masserie storiche che furono erette su suolo tratturale, prima che cadano in rovina e siano preda di furti di materiale da costruzione d’epoca, che alimenta  un fiorente commercio illecito perché ricercato da ricettatori che poi  si fregiano di ornare le loro ville ed i casali del centro-nord Italia, disperdendo così pezzi della nostra storia, come è avvenuto per i  preziosi corredi funerari d ei nostri remoti antenati.

Con l’occasione    mi preme ricordare che a soli  5 Km.  dal centro abitato di Foggia, lungo  il  Tratturo Castiglione o del Nazzaretto, che secondo una antica planimetria del 1334 partiva dal Piano della Croce, meglio conosciuto come Piano delle Fosse, e precisamente dalla Chiesa di San Rocco, appartenente al tenimento del Duca Bartolomeo Castaldo, esiste ancora la Masseria  Castiglione, antica costruzione in cui si possono osservare alcune delle  caratteristiche sopra descritte.

Il fondo sul quale nasce , nel periodo compreso fra il 1.600 ed il 1.700. è appartenuto ai Principi di Leporano che edificarono la costruzione originaria.

 Fra il 1.750 ed il 1.760 questa  azienda subì una profonda trasformazione fondiaria passando da pascolo al seminativo; è quindi ipotizzabile che proprio in occasione di questo ristrutturazione fu necessario adeguare l’edificio a residenza stabile dei padroni.

Quel che resta dello stemma araldico

Quel che resta dello stemma araldico

Attualmente appartiene alla famiglia Frattarolo e funge da centro aziendale nelle cui adiacenze si nota ancora una porzione dell’originario  muro di cinta  e altri fabbricati minori ,in parte diroccati o trasformati in depositi di macchine agricole ed attrezzi;  peccato che la bella vista del sito  viene  deturpata   dalla presenza, nelle immediate vicinanze, di un elettrodotto  da 150KW  che determina un grave impatto sull’ambiente circostante. L’edificio principale è  l’unico rimasto integro in prossimità della nostra città ed a mio parere merita di essere annoverato quale“tesoro nascosto” della nostra civiltà contadina , da inserire fra i monumenti da visitare , perché  esempio di una architettura rurale facente  parte del patrimonio storico-culturale che, dagli Aragonesi ai Borboni, fece  della  nostra ubertosa  Capitanata e di Foggia in particolare,  la seconda capitale del Mezzogiorno seconda solo alla città di  Napoli.

(a cura di Fernando Faleo)