Monsignor Fortunato Maria Farina
Mons. Fortunato Maria Farina, nato a Baronissi (Salerno) l’8 marzo 1881, a sette anni entrò nel Convitto Fontano di Napoli, retto dai Gesuiti, dove compì anche gli studi liceali. Si laureò in lettere presso l’Università di Napoli e il 18 settembre 1904 ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu prevosto della parrocchia di S. Agostino in Salerno.
Nonostante le sue ripetute rinunzie, il 21 giugno 1919, all’età di 38 anni, fu eletto Vescovo di Troia e il 10 agosto successivo venne consacrato a Roma dal cardinale De Lai. Per ben per due volte fu Amministratore Apostolico della Diocesi di Foggia: la prima con decreto del 2 aprile 1921 per la traslazione di Mons. Bella e la seconda volta nel 1924 per la promozione di Mons. Pomares, ma per poco tempo giacché nel Concistoro dei 18 dicembre 1924 ebbe unita «ad personam » anche la Chiesa Cattedrale di Foggia.
In seguito a rinunzia, il 15 maggio 1951 dal Papa Pio XII f. r. fu esonerato dal governo della diocesi di Troia ed ebbe come coadiutore con diritto di successione Mons. Giuseppe Amici.
Appena entrato ufficialmente a Foggia, il 22.3.1926, come primo atto dovette affrontare il restauro della Cattedrale, colpita rovinosamente da un fulmine. Quest’opera, che rese la Cattedrale più bella e più ricca di prima, è immagine del grande risveglio religioso che Mons. Farina seppe suscitare con la sua attività pastorale.
Organizzò il Congresso Francescano nella ricorrenza del 7° centenario della morte di S. Francesco, nel 1926, e, nel 1931, il secondo centenario dell’apparizione della Madonna dei Sette Veli, celebrato con grande solennità e con fruttuosa Missione, predicata dai Redentoristi, furono occasioni di rinascita spirituale.
Negli anni trenta promosse e animò col suo zelo e la collaborazione del suo segretario D. Michele Scotto l’istituzione di due Opere, quella di “S. Pietro Canisio”, finalizzata alla preservazione della Fede cattolica minacciata dalla propaganda protestante, e quella di “S. Francesco Regis”, intesa a promuovere tante coppie, sposate solo civilmente, alla celebrazione del Sacramento del Matrimonio. I numerosi laici impegnati in queste due attività si costituirono in Pia Unione “Gesù Redentore”, che Mons. Farina riconobbe e approvò nel 1933, e volle dirigere spiritualmente. Sempre nel 1933 richiamò a Foggia le Monache Redentoriste, volendo ridare vita all’antica comunità religiosa di Sr. Maria Celeste Crostarosa, anche se non poté vedere realizzato il monastero.
Nel 1933 organizzò e guidò un imponente pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo; e nel 1937 consacrò la città alla Vergine SS. Addolorata, in occasione dell’anno centenario della miracolosa liberazione della città dal colera, attribuita, appunto, alla Vergine Addolorata, venerata nella Chiesa di San Giovanni Battista.
Fu sua grande preoccupazione assicurare l’assistenza religiosa alle zone nuove di Foggia e così fece realizzare la grande Opera S. Michele, sul suolo acquistato da Mons. Bella; restituì ai Frati Minori la Chiesa di Gesù e Maria, dando loro la parrocchia già istituita, sebbene precariamente, da Mons. Marinangeli; trasferì la Vicaria Curata di S. Maria delle Grazie, istituita da Mons. Bella, nella chiesa di S. Anna, eretta a Parrocchia e affidata ai Padri Cappuccini. Riedificò su Viale XXIV Maggio l’antica chiesa di S. Maria della Croce, demolita per far sorgere il Palazzo degli Uffici Statali e la elevò a Parrocchia per assicurare il servizio religioso al quartiere della Stazione.
Né trascurò le zone periferiche ed extra-urbane: eresse la Vicaria Curata della S. Famiglia presso la Cartiera e quella di S. Giuseppe, con l’annesso asilo, presso la stazione di Cervaro.
Affidò il Santuario dell’Incoronata ai Padri di Don Orione con l’impegno di assicurare anche il servizio religioso al vicino Centro Agricolo; a Segezia eresse la chiesa dedicata alla Madonna di Fatima e a S. Marco in Lamis, le Parrocchie di S. Maria delle Grazie, dell’Addolorata, di S. Giuseppe e della Madonna di Lourdes a Borgo Celano.
Nel suo lungo ministero pastorale mostrò particolare cura per il Seminario (quello di Troia, dove venivano formati insieme i seminaristi delle due Diocesi), avendo tantasensibilità per i seminaristi, che spesso aiutava anche economicamente. Nel 1937, per munificenza della N.D. Adele Anglicani, fu realizzato il “Piccolo Seminario”, che Mons. Farina affidò alle Suore Oblate del S. Cuore
Grande interesse ebbe per l’Azione Cattolica, per cui nel 1937 tenne la Settimana della Giovane e, l’anno successivo, la Settimana Religiosa per gli Uomini.
Sul piano sociale, durante il suo ministero pastorale, curò anche la realizzazione di opere sociali, come la “Fondazione M. Grazia Barone” e l’Ospedale Psichiatrico “Casa della Divina provvidenza” in Foggia, e l’Opera Pia “Gravina” a S. Marco in Lamis.
Durante la guerra fece trasportare il S. Tavolo a S. Marco in Lamis e la statua dell’Incoronata a Troia, perché le sacre immagini fossero di conforto alla popolazione foggiana che aveva cercato scampo in quei paesi, e nel periodo post-bellico, organizzò attività assistenziali per i foggiani sinistrati a causa dei bombardamenti e si interessò alla ricostruzione della Città.
Subito dopo i gravi bombardamenti del ’43 ebbe a scrivere la seguente lettera al Pontefice:
Beatissimo Padre,
col cuore stretto dalla grave angoscia del disastro immane che ha funestato la nostra povera Foggia a causa delle incursioni aeree, sento, più che il dovere, il bisogno di mettere a parte di tanto dolore anche la Santità Vostra, sebbene sommamente mi dolga di venire così ad accrescere il peso della grave croce di cui il Signore — nella Sua provvidenza—ha voluto gravare il Vostro travagliatissimo Pontificato.
Dalla prima incursione aerea, che si ebbe il 28 maggio u.sc., fino alla più recente che si ebbe il 25 agosto, sulla città di Foggia si sono susseguiti ben otto bombardamenti, con un progressivo crescendo di intensità, che è culminato nella devastazione operata con gli ultimi tre.
Le prime incursioni furono realmente dirette ad obiettivi militari; il 28, il 30 e 31 maggio furono distrutti l’aeroporto e la stazione ferroviaria, con un complesso di un paio di centinaia di morti e tre o quattrocento feriti.
Il 15 luglio l’incursione fu pure diretta sulla stazione, ma lo scoppio di alcuni carri di benzina e di munizioniprodusse molti danni agli edifici, senza causare – grazie a Dio – molte vittime.
Prima di questa incursione, che cominciò a manifestare la persistente intenzione del nemico di battere sistematicamente gli obiettivi di Foggia, si pensò di mettere in salvo la veneratissima immagine della Madonna Incoronata, sita nel bosco omonimo, presso Foggia, in un piccolo Santuario che risale ai primi anni del mille, e che è ogni anno, nel mese di maggio, mèta di numerosissimi pellegrinaggi.
Il simulacro della Vergine, fu trasferito a Troia e fu esposto alla venerazione del popolo nella Chiesa Cattedrale.
La prima incursione, che fu veramente disastrosa per la città, fu quella del 22 luglio: l’obiettivo pare fosse la stazione ferroviaria, ma per riuscire nell’intento di annientarla, il nemico demolì rovinosamente un intero rione della città. E siccome l’azione aerea si svolse in pochi minuti, fulmineamente, nel momento stesso che sibilavano le sirene dell’allarme, sorprendendo la popolazione nel massimo affollamento lungo le vie per le attività mattutine, il mitragliamento, davvero barbaro e brutale, aggiungeva alle rovine ed alle vittime del rione demolito, una moltitudine di vittime abbattute per le strade, sui mercati, nella villa comunale, ove molti avean cercato di occultarsi sotto gli alberi.
Non si è potuto calcolare esattamente il numero delle vittime di quel giorno, poiché moltissimi resti umani furono rinvenuti sparpagliati e non riferibili gli uni agli altri; molti morti giacciono tuttora sotto le rovine non escavate. Si pensa che i morti non siano meno di duemila. Di quattrocentottanta cadaveri raccolti e sepolti al Cimitero, solo un centinaio sono stati identifìcabili.
In quella incursione il Seminario ove ha sede anche l’abitazione del Vescovo (non essendosi ancor costruito il palazzo vescovile cui per antica convenzione è tenuto il Comune) fu salvo per miracolo, poiché una intera zona dirimpetto a pochi metri fu preda delle fiamme.
Il Clero si comportò in maniera da guadagnarsi l’espressione di elogio da parte delle Autorità civili e militari: i Sacerdoti e i Religiosi non solo si prodigarono nell’assistenza spirituale dei feriti, ma assunsero addirittura la direzione dell’opera di seppellimento dei morti, divenuta oltremodo difficile, per l’assoluta disorganizzazione dei servizi e la mancanza di mano d’opera, per il che quest’opera si svolse quando già i cadaveri erano in piena decomposizione.
Il Clero di Troia si prodigò, inoltre, nell’opera di soccorso agli sfollati, coadiuvato dai chierici più grandi che stanno santificando così queste tragiche vacanze.
Dopo questa incursione, che annientò la stazione ferroviaria, si era andata facendo strada, nella popolazione, l’idea che ormai non era più probabile che si avessero incursioni notevoli, poiché anche l’aeroporto era stato trasferito. Difatti, l’incursione del 16 agosto fu tutta operata sui dintorni di Foggia, ma la città non fu toccata.
Quand’ecco che il 19 agosto, verso le ore 12, si abbattè su tutta la città, una incursione che, a detta degli stessi inglesi, è stata la più terribile da essi operata nell’Europa meridionale. Molte centinaia di apparecchi, in sei ondate successive, per lo spazio di due ore e mezzo, scaricarono su tutti i punti della città migliaia e migliaia di bombe.
E quasi ciò non bastasse, la notte ci fu una nuova incursione violentissima, ripetutasi poi il 25 mattina.
La rovina della nostra povera città è indescrivibile. Non c’è via che non presenti cumuli di macerie ed edifici squarciati. Dei rioni sono tutti una rovina. E quelle case che non furono abbattute, restarono quasi tutte così danneggiate, da apparire inabitabili.
Molte le Chiese danneggiate, sebbene, grazie a Dio, nessuna crollata. Il Duomo ha avuto un tetto abbattuto, e una volta forata, ed inoltre tutte le vetrate istoriate, opera di molto pregio inaugurata solo 15 anni orsono, danneggiate in maniera irreparabile. Fu necessario trasferire la veneratissima Icona della Madonna dei Sette Veli, protettrice della Città, e le Sacre Reliquie dei Santi Guglielmo e Pellegrino, e le trasportai in San Marco in Lamis, ove si era rifugiata una notevole parte della popolazione terrorizzata.
A Troia, invece, ove si era rifugiata una vera moltitudine, per la sua maggior vicinanza con la Città, ho trasferito l’immagine della Madonna Addolorata, insigne per il miracolo del 1873, quando, a vista di popolo, mosse più volte gli occhi, ponendo fine al colera che affliggeva la Città.
E a Troia ho trasferito, altresì la Salma della Ven. Maria Celeste Crostarosa, fondatrice delle Redentoriste, essendo la Chiesetta di Santa Teresa, in Foggia, ove la Salma si conservava, così lesionata, da far temere un crollo rovinoso della parete sinistra.
Ora Foggia è una città deserta. Gli Uffici pubblici, compresa la Prefettura, la Questura, il Municipio, si sono dislocati nei paesi della provincia.
Solo al mattino presto ferve per le strade una macabra attività: gruppi di soldati che scavano le macerie e cittadini scesi dai paesi vicini a salvare quello che si può delle proprie masserizie.
Nei comuni delle due diocesi, il Clero svolge lavoro intenso per assistere spiritualmente e — nei limiti del possibile – temporalmente i poveri sfollati.
Si sono costituiti Comitati, e si cerca di far tutto quello che si può per alleviare le indicibili sofferenze di tante povere creature. Ma è un cumulo così ingente di dolori e di bisogni, che quello che si può fare per lenirlo è ben poca cosa.
Solo Iddio, con la Sua Mano onnipotente, può riversare su tante piaghe il balsamo del conforto.
Ed io penso con immensa angoscia a quel che sarà l’inverno, se sorprenderà il mio povero popolo in questa condizione di disagio indescrivibile.
L’assistenza spirituale a quel tanto che ci può essere di viventi nella città di Foggia, è disimpegnata da generosi Sacerdoti e Religiosi che con mille disagi vi si recano al mattino dai poderi vicini o da Troia, e ne fanno ritorno verso le ore pericolose del meriggio, quando la città resta assolutamente deserta.
Voi, Beatissimo Padre, che portate nel Cuore l’angoscia di tutte le lacrime del mondo, potrete profondamente comprendere l’angoscia del mio povero cuore di pastore, al cospetto di tanta calamità del mio povero popolo.
Vogliate, Ve ne prego, degnarvi di rivolgerci la Vostra parola confortatrice, di impartirci la Vostra Apostolica Benedizione, ed Essa brillerà agli occhi nostri, come un raggio di speranza tra le tenebre dell’ora presente.
Un dono segnalatissimo Vi domando, Padre Santo, a consolazione del mio popolo: degnatevi di concedere l’indulgenza plenaria quotidiana a tutti i fedeli che, confessati e comunicati, pregando secondo le intenzioni di Vostra Santità, visiteranno l’effigie della Madonna Incoronata nella Cattedrale di Troia, e quella della SS. Addolorata che è custodita nella Chiesa di San Domenico pure di Troia, e parimenti l’indulgenza plenaria alle stesse condizioni ai fedeli che visiteranno l’Icona della Madonna dei Sette Veli e le SS. Reliquie dei Santi Guglielmo e Pellegrino, custodite nella Chiesa Collegiata di San Marco in Lamis, della Diocesi di Foggia.
Tanto dono, pegno sensibile della Vostra paterna pietà per la nostra sventura, mentre ci sarà di sommo conforto per l’amore che l’ha compartito, sarà altresì potente stimolo e fomento della pietà, sicché purificandosi sempre più le anime nostre nel salutare bagno della penitenza, si affretti l’ora sospirata in cui dal Cuore Divino del Redentore sgorghi l’effusione della Misericordia che ci ridonerà la pace.
Fortunato Maria Farina Vescovo di Troia e Foggia
Nell’Anno Santo del 1950 organizzò e guido il Pellegrinaggio Diocesano a Roma.
Nel 1951, per ragioni di salute, rinunciò alla Diocesi di Troia e nel governo Pastorale della Diocesi di Foggia fu coadiuvato da Mons. Giuseppe Amici. Nel 1954, a causa dell’aggravarsi della sua malattia, rinunziò anche alla sede di Foggia e in data l° febbraio 1954 venne promosso Arcivescovo titolare di Adrianopoli di Onoriade.
Morì a Foggia il 20.2.1954, lasciando fama di santità. Le sue spoglie mortali furono tumulate nella tomba monumentale, eretta nella navata della Cattedrale a sua venerata memoria. Vivo è il ricordo di Mons. Farina particolarmente nei sacerdoti anziani e in quanti fanno parte della S. Milizia, istituzione voluta e realizzata dal Ven. Presule per la vita comunitaria del Clero Diocesano.
(fonte: www.simtfg.it/chiesefoggia)