Nel 1946 un comunista diventa sindaco di Foggia
Ecco cosa successe nella città di Foggia nella tornata elettorale amministrativa dell’ottobre del 1946 subito dopo l’elezione della Assemblea Costituente di giugno: in città, oltre al problema dell’occupazione, le condizioni igienico-sanitarie erano ancora seriamente compromesse dalla guerra e dall’occupazione americana. Alle elezioni si presentarono sei partiti (Dc, Pci, Psi, Uq, Trotskisti, lista “Città di Foggia”) con candidati che rappresentavano le varie fasce sociali e che incitavano alla partecipazione al voto popolare; a Foggia poi si verificò un caso strano in quanto oltre seimila certificati elettorali non furono di fatto consegnati impedendo ad altrettanti cittadini la possibilità di partecipazione all’evento; pertanto, non ci si sorprese per il dato dell’affluenza ai seggi: votò poco più del 60% degli aventi diritto. Il partito maggiormente suffragato fu l’“Uomo Qualunque”, ancora una volta risultato rispondente alle richieste della popolazione; 14 i seggi conquistati dai qualunquisti, 5 in più dei socialisti; 8 furono ottenuti dai comunisti, 7 dalla Dc, 1 a testa per le due liste indipendenti;
Qualunquisti: Michele Bisceglia (12.924 voti) che risultò essere il più suffragato, Paolo Telesforo (9.840 voti), Giulio De Petra (8.636 voti), Vito Ciampoli (7.842 voti), Giacomo Celentano (7.730 voti), Gennaro Russo (7.724 voti), Giuseppe Radogna (7.720 voti), Umberto Liguori (7.711 voti), Domenico Titta (7.700 voti), Michele Surdi (7.690 voti), Tullio Mancini (7.683 voti), Oreste Fasano (7.683 voti), Giuseppe Cardellino (7.676 voti), Coriolano Casalanguida (7.674 voti);
Partito Socialista: Alessandro Avitabile (5.365 voti), Anna Matera Di Lauro (5.327 voti), Mario Natola (5.237 voti), Edmondo Bucci ( 5.126 voti), Alfredo Borgia (5.026 voti), Matteo Azzarone (4.956 voti), Luigi Cucci (4.943 voti), Luigi Triggiani (4.938 voti);
Partito comunista: Giuseppe Imperiale (7.227 voti), Arturo Casarelli (5.070 voti), Luigi Maccione (5.020 voti), Michele Metta (4.857 voti), Michele Palumbo (4.757 voti), Emilia Da Lima (4.730 voti), Savino Quadraro (4.660 voti), Gino Acquaviva (4.654 voti);
Democrazia Cristiana: Luigi Turtur (4.353 voti), Antonietta Acquaviva (4.335 voti), Pasquale Antonucci (3.916 voti), Emilio Benvenuto (3.829 voti), Silvio Nobili (3.858 voti), Claudio Cecchini (3.881 voti), Ettore Rossi (3.627 voti);
Troskisti: Romeo Mangano (979 voti);
Lista Città di Foggia: Luigi Sbano (867 voti);
La Democrazia Cristiana, come sentenziarono le urne, fu il partito che perse maggiore consensi, passando dai 12.875 voti delle elezioni di giugno ai soli 3.767: la sconfitta fu clamorosa, il calo fu di quasi diecimila voti e non bastarono nemmeno i certificati mancanti per giustificare una batosta così netta; si tentò di dare una giustificazione ma che non fu credibile e cioè che ci furono ben 4000 schede annullate che portavano il voto di lista alla DC ma la preferenza all’esponente qualunquista Bisceglia. Il Partito Socialista non ebbe un calo come quello democristiano ma perse circa 2000 consensi passando 6.774 di giugno, a 4.794. Chi vinse allora? Sicuramente i comunisti ed i qualunquisti passando i primi da 3.056 voti a oltre 4.500 e i secondi, che si erano presentati con i liberali, giunsero a 7.676 preferenze mentre a giugno, quando si presentarono da soli, totalizzarono 4.788 voti.
Furono ovviamente quaranta i consiglieri eletti, e tra loro sarebbe stato eletto il futuro sindaco; tra i quaranta, anticipando quella che sarebbe stata la volontà delle istituzioni in futuro, si registrò la clamorosa presenza addirittura di tre donne: Anna Matera Di Lauro, eletta tra le fila del Partito Socialista con 5.327 voti, Emilia Da Lima, tra quelle del Partito Comunista con 4.730 voti e, infine, Antonietta Acquaviva, democristiana, con 4.335 preferenze.
Si assistette subito comunque a numerosi contrasti all’interno del consiglio e soprattutto tra le varie formazioni politiche: Romeo Mangano, eletto da solo nella lista indipendente quartinternazionalista, venne invitato dal consiglio a rassegnare le dimissioni poiché veniva accusato di aver avuto contatti diretti con l’Ovra, la polizia segreta di Mussolini. Liberali e qualunquisti, coloro che avevano vinto le elezioni, non risposero alle convocazioni del Consiglio boicottando di fatto così l’elezione del sindaco: per questo motivo lo stesso Michele Bisceglia, praticamente il nome più papabile per la poltrona di primo cittadino essendo stato il più suffragato, considerando l’ostruzionismo della propria fazione, abbandonò: in pratica si ritirava colui che era stato scelto dai foggiani come il primo sindaco libero del dopoguerra. Dopo oltre un mese e mezzo di scontri per la mancanza del numero legale, il 9 gennaio 1947, il Consiglio Comunale decise finalmente di procedere alla votazione per la carica di Sindaco.
Bisognava fare in fretta considerando l’impossibilità di continuare nell’immobilismo in una città che doveva ripartire. E quindi, con la maggioranza di destra che continuava a disertare i consigli e con il banco di sinistra affollato da comunisti, socia- listi e democristiani si diede inizio alla votazione rigorosamente segreta. Sui 25 consiglieri presenti 24 diedero il proprio consenso all’onorevole Giuseppe Imperiale che alle ore 18.27 diventò sindaco di Foggia.
Quindi, se prima delle elezioni si poteva pensare ad un sindaco democristiano e se subito dopo si poteva invece ipotizzare un liberale, il primo sindaco “libero” della città di Foggia fu un comunista.
Di certo, anche se si era perso tempo nella elezione del primo cittadino, alla fine venne scelto un uomo capace, considerata anche la sua partecipazione alla Costituente.
Bisognava svoltare, ormai a Foggia e in tutta la provincia bisognava affrontare prove dure ma necessarie e senza più l’aiuto dei militari Alleati che cominciavano ormai a lasciare la nostra nazione.
(fonte: Alberto Mangano – I mille anni di Foggia – Il Castello edizioni)