Osvaldo Anzivino
Recentemente è scomparso, alla veneranda età di 91 anni, Osvaldo Anzivino poeta dialettale, commediografo e paroliere; studioso delle tradizioni e della lingua foggiana, valente pittore (sue le illustrazioni presenti nei suoi libri). Isomma un’artista poliedrico di grande spessore. Per quella che è la mia conoscenza degli autori di poesia dialettale foggiana Osvaldo Anzivino si distingue, oltre che per la sua vasta produzione, a mio parere, per avere composto poesie dialettali non solo in vernacolo. Una sorta di precursore rimasto per lungo tempo inascoltato. Il taglio intimistico, la riflessione sul mondo e sulla condizione umana ecc. che connota la poesia, erano e sono, in larga parte, sconosciuti nella produzione dei poeti foggiani. Con Anzivino e più espressamente, ad esempio, nella poesia Acque e scoglje (Ma ije passarrìje i jurnate sane / guardanne quistu mare, quisti scoglje / guardanne questa rene che s’abbagne… tratta da “Quatte passe pe Ffogge” del 1975,), il poeta usa il dialetto come lingua poetica capace di raccontare uno stato d’animo con la tipica forza ed espressività che solo il dialetto, in molti casi, riesce ad evocare. Questo suo ispirarsi alla natura, con le emozioni che suscita all’osservatore poeta, è presente anche in altre composizioni dello stesso volume e su quello successivo “Archi sul tempo” del 1978. Ma se la poesia deve evocare significati poco evidenti e spingere il lettore a leggerli fra le righe o nella sinteticità del verso, molta strada c’è ancora da fare. La sua maniera di fare poesia scaturiva da una immediatezza del testo grazie all’uso di un linguaggio che, allora, era comune; lo si ascoltava nei vicoli, nei mercati, nelle case di tutti i foggiani. Questi suoni ora sono rari momenti struggenti che ti colgono spesso di sorpresa quando ti capita a volte di ascoltarli; la lingua italiana oggi giustamente la fa da padrona e il dialetto è diventato quasi uno slang che soprattutto i giovani usano come un valido intercalare, ma con un bagaglio si vocaboli molto scarno. Il poeta dialettale di oggi deve attingere alla sua memoria o fare un lavoro di ricerca se non vuole, come dice lo stesso Anzivino, nelle note del vuolume citato, fare ricorso “ad un lessico dialettale costituito da un insieme di vocaboli voltati dall’italiano” , dove per voltati intende l’uso dei vocaboli in italiano scritti e letti con l’inflessione dialettale. Di Anzivino si ricorda in modo particolare un’opera unica nel suo genere: “Si dice a Foggia” ( Grenzi Editore) che è una raccolta di motti, modi di dire e proverbi del dialetto foggiano in cui la saggezza, l’allegria o l’amara realtà della vita quotidiana tratteggiano il carattere di Foggia e della sua provincia. Spesso spassoso nei suoi testi, ironoco nello spiegare alcuni motti e modi di dire, ha rappresentato e rappresenta una fonte inesauribile per chi vuole immergersi ed attingere ai colori, agli odori di un passato recente ma allo stesso tempo così lontano visto come corre il tempo al giorno d’oggi e verrebbe voglia sempre, rileggendo i suoi testi e citando il Manzoni, di ricomprarsi il tempo, sperperato malamente.
(a cura di Gianni Ruggiero)