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Pesi e misure locali

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ANTICHE MISURE LINEARI

Passo = mt. 1,85185

1 Passo = 7 Palmi (napolitani)

Palmo = cm. 26,455

ANTICHE MISURE AGRARIE

1 Carro o Carra = mq. 246.900 = 20 Versure

1 Versura = mq. 12.345 (Ha. 1.23.45) = 36 Catene

1 Catena = mq. 343 = 49 Canne

1 Canna quadrata (di 10 Palmi per lato) = 7 mq.

1 Pezza = 3.600 Passi quadrati (Passi 60 x 60)

1 Passo di mt. 1,85185 x 60 = metri lineari 111,111

Ml. 111,111 x 111,111 = mq. 12.345 = 1 Versura

ANTICHE MISURE DI CAPACITA’

(Per cereali, granaglie, biade e legumi)

1 Tomolo = litri 55,5459

1 Mezzetto = 1/2 Tomolo

VECCHIE MISURE POPOLARI

‘Na pìccele = 1/2 decilitro = 50 ml. (olio)

Nu quàrte = 250 ml. (vino)

Mìzze quìnde = 100 gr (pasta, legumi)

Nu quìnde = 200 gr.

Nu quìnde e mìzze = 250 gr.

La consuetudine di vendere generi alimentari allo stato sfuso, privi di confezione, per alcuni poi proibito, l’impossibilità di conservarli nel tempo e ancor più la miseria di un tempo, costringevano ad acquistare volta per volta il necessario in piccole quantità. L’olio di oliva, condimento raro e prezioso sulle tavole dei meno abbienti, che invece usavano lardo e sugna di maiale, si acqusitava a “pìccele”, volendosi intendere la misura e quantità più piccola misurabile. Così per il “concentrato” di pomodoro (mìzze quìnde) che veniva venduto sfuso in grossi barattoli di latta per dare forza e colore al ragù specie quando non era il periodo del pomodoro.

Modi di dire come “nu quàrte de vìne e ‘na gazzòse” sono ancora ricorrenti. Quella miscela, per alcuni più gradevole, permetteva comunque di “allungare” il vino.

Era uso diffuso acquistare “a credènze”, a credito, con pagamento differito, ‘o quaratìne, perchè di Corato i primi pizzicagnoli e gestori di generi alimentari, o do’ chianghìre, il macellaio che lavorva le carni sulla chianga, grossa lastra di pietra, di  mano in mano il costo della spesa veniva annotato su un quaderno e poi cancellato a fine settimana, quindicina o mese, all’atto del pagamento.

Ancor prima la spesa veniva “annotata” su un pezzo di legno leggero, tenero e spugnoso, ‘a frèvele. Un ramo abbastanza robusto di questa pianta, 50/60 cm., veniva tagliato di lungo, trasversalmente, e sui bordi, sia del pezzo che restava al venditore che di quello che portava via l’acquirente, venivano praticate delle tacche in misura convenzionale. Ad avvenuto pagamento, con un coltello si pareggiava il pezzo di legno eliminando le tacche e si iniziava di nuovo, finchè poi, ridotto al minimo, il pezzo di legno andava sostituito con uno nuovo.

Presso l’ex mercato Arpi, mercato coperto, vi era la rivendita di carni di “bassa macelleria” per i più poveri, frattaglie, polmoni, ‘a mennùzze, teste di animali per fare a brodo, e quant’altro le tavole di chi poteva disdegnava. Questa scritta, di recente è scomparsa, forse coperta da una mano di pittura murale. Era inutile, superata, disdicevole!!?? Era un’altra “traccia” del nostro passato scioccamente cancellata. ( Raffaele de Seneen )