Quel Palazzo dei misteri
da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 19 giugno 2008
In via Le Maestre tracce di vicende boccaccesche e di suicidi
Di un decoroso palazzo gentilizio di Via le Maestre si parla in un vecchio processo del Tribunale Doganale, tra le cui carte non è difficile ritrovare vicende quasi boccaccesche.
All’inizio dell’antica Via Maestra di Sant’Angelo, si erge in un tratto molto poco illuminato di questa vecchia strada del centro storico, un tenebroso e massiccio palazzo decorato con un severo portale ornato con bugne tonde a punta di diamante.
Il palazzo, di forma rettangolare, è uno dei più vasti del centro storico e conserva ancora i suoi due piani e nel complesso appare abbastanza immune da grossi rifacimenti; l’edificio appartenne a vari casati, tra cui si ricordano i Villani, i Trisorio, i Lignelli e, tra i più antichi proprietari, i Della Posta, duchi di Grottaminarda.
Il palazzo ospiterà spesso vari alti ufficiali dell’esercito con le loro bellissime consorti, tra esse si ricorda la splendida Eve, moglie del generale Salignac, nipote di un altro famoso generale napoleonico, G.B. Jourdan.
Una donna, la bella e giovanissima donna Silvia del Vasto, rampolla sedicenne di una delle più importanti casate gentilizie della Capitanata, abiterà negli appartamenti di questo sontuoso palazzo, ovvero in un misero stanzino, ove suo marito Giambattista della Posta, duca di Grottaminarda, l’aveva relegata, come espone nel 1748 la stessa Silvia in una sua supplica al governatore della Regia Dogana di Foggia.
La bella Silvia, stanca della sua disperata situazione, era riuscita a far pervenire segretamente la sua supplica lanciandola da una finestra posta sul retro del suo palazzo ad alcuni passanti, pregandoli di farla recapitare al governatore.
Dal testo manoscritto veniamo a sapere che il duca aveva cacciato di casa la suocera e consumava il suo patrimonio in scelleratezze e bagordi di ogni genere in compagnia della sua servitù e voleva far rinchiudere in convento la bella e giovane moglie Silvia del Vasto; il duca viene tratteggiato come una persona che ormai non era più in grado… di regolare gli affar suoi domestici e per la inclinazione che fa allo spendere senza riflessione si è reso in uno stato troppo deplorevole che gli manca spesse volte il modo di alimentare sé e sua moglie, ed oltre a ciò viene di continuo minacciato di carcerazione da suoi creditori.
Il duca era già orfano del padre e la madre, Saveria Coccia, è indicata come persona inferma, incapace di gestire il patrimonio del figlio, per la cui amministrazione il Tribunale della Regia Dogana sarà costretto a nominare un curatore speciale.
Il duca, intanto, già labile mentalmente, pare sia impazzito e si sia poi suicidato buttandosi per le scale del palazzo, che da allora ha fama di essere un edificio maledetto; infatti, proprio dopo la prima rampa delle scale che partono dal piccolo cortile interno, nel ballatoio del mezzo piano, in un angolo è possibile ammirare un grottesco mascherone che secondo la leggenda è la testa pietrificata del duca; esso è sorretto da una piccola mensola bombata ed ha una bocca molto larga e sproporzionata: un prezioso e raro spegnitorcia, antico strumento in cui venivano inserite le torce.
a cura di Carmine De Leo