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Relazione del Vescovo al Papa sui bombardamenti

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Relazione di S. E. mons. Fortunato Maria Farina al Santo Padre Pio XII sui bombardamenti aerei subiti dalla città di foggia nell’anno 1943

II documento fu redatto in Troia, nel cui archivio capitolare si conserva la minuta firmata da Mons. Farina.

Fu spedito nei primi giorni del settembre 1943.

Non si sa se sia arrivato a Roma, dato lo stato caotico delle comunicazioni in quel periodo, né si ebbe alcuna risposta perché, dopo la fuga del Re da Roma, le comunicazioni con la capitale rimasero del tutto interrotte.

Beatissimo Padre,

col cuore stretto dalla grave angoscia del disastro immane che ha funestato la nostra povera Foggia a causa delle incursioni aeree, sento, più che il dovere, il bisogno di mettere a parte di tanto dolore anche la Santità Vostra, sebbene sommamente mi dolga di venire così ad accrescere il peso della grave croce di cui il Signore — nella Sua provvidenza—ha voluto gravare il Vostro travagliatissimo Pontificato.

Dalla prima incursione aerea, che si ebbe il 28 maggio u.sc., fino alla più recente che si ebbe il 25 agosto, sulla città di Foggia si sono susseguiti ben otto bombardamenti, con un progressivo crescendo di intensità, che è culminato nella devastazione operata con gli ultimi tre.

Le prime incursioni furono realmente dirette ad obiettivi militari; il 28, il 30 e 31 maggio furono distrutti l’aeroporto e la stazione ferroviaria, con un complesso di un paio di centinaia di morti e tre o quattrocento feriti.

Il 15 luglio l’incursione fu pure diretta sulla stazione, ma lo scoppio di alcuni carri di benzina e di munizioni produsse molti danni agli edifici, senza causare – grazie a Dio – molte vittime.

Prima di questa incursione, che cominciò a manifestare la persistente intenzione del nemico di battere sistematicamente gli obiettivi di Foggia, si pensò di mettere in salvo la veneratissima immagine della Madonna Incoro­nata, sita nel bosco omonimo, presso Foggia, in un piccolo Santuario che risale ai primi anni del mille, e che è ogni anno, nel mese di maggio, mèta di numerosissimi pellegrinaggi.

Il simulacro della Vergine, fu trasferito a Troia e fu esposto alla venerazione del popolo nella Chiesa Cattedrale.

La prima incursione, che fu veramente disastrosa per la città, fu quella del 22 luglio: l’obiettivo pare fosse la stazione ferroviaria, ma per riuscire nell’intento di annientarla, il nemico demolì rovinosamente un intero rione della città. E siccome l’azione aerea si svolse in pochi minuti, fulmineamente, nel momento stesso che sibilavano le sirene dell’allarme, sorprendendo la popolazione nel massimo affollamento lungo le vie per le attività mattutine, il mitragliamento, davvero barbaro e brutale, aggiungeva alle rovine ed alle vittime del rione demolito, una moltitudine di vittime abbattute per le strade, sui mercati, nella villa comunale, ove molti avean cercato di occultarsi sotto gli alberi.

Non si è potuto calcolare esattamente il numero delle vittime di quel giorno, poiché moltissimi resti umani furono rinvenuti sparpagliati e non riferibili gli uni agli altri; molti morti giacciono tuttora sotto le rovine non escavate. Si pensa che i morti non siano meno di duemila. Di quattrocentottanta cadaveri raccolti e sepolti al Cimitero, solo un centinaio sono stati identifìcabili.

In quella incursione il Seminario ove ha sede anche l’abitazione del Vescovo (non essendosi ancor costruito il palazzo vescovile cui per antica convenzione è tenuto il Comune) fu salvo per miracolo, poiché una intera zona dirimpetto a pochi metri fu preda delle fiamme.

Il Clero si comportò in maniera da guadagnarsi l’espressione di elogio da parte delle Autorità civili e militari: i Sacerdoti e i Religiosi non solo si prodigarono nell’assistenza spirituale dei feriti, ma assunsero addirittura la direzione dell’opera di seppellimento dei morti, divenuta oltremodo difficile, per l’assoluta disorganizzazione dei servizi e la mancanza di mano d’opera, per il che quest’opera si svolse quando già i cadaveri erano in piena decomposizione.

Il Clero di Troia si prodigò, inoltre, nell’opera di soccorso agli sfollati, coadiuvato dai chierici più grandi che stanno santificando così queste tragiche vacanze.

Dopo questa incursione, che annientò la stazione ferroviaria, si era andata facendo strada, nella popolazione, l’idea che ormai non era più probabile che si avessero incursioni notevoli, poiché anche l’aeroporto era stato trasferito. Difatti, l’incursione del 16 agosto fu tutta operata sui dintorni di Foggia, ma la città non fu toccata.

Quand’ecco che il 19 agosto, verso le ore 12, si abbattè su tutta la città, una incursione che, a detta degli stessi inglesi, è stata la più terribile da essi operata nell’Europa meridionale. Molte centinaia di apparecchi, in sei ondate successive, per lo spazio di due ore e mezzo, scaricarono su tutti i punti della città migliaia e migliaia di bombe.

E quasi ciò non bastasse, la notte ci fu una nuova incursione violentissima, ripetutasi poi il 25 mattina.

La rovina della nostra povera città è indescrivibile. Non c’è via che non presenti cumuli di macerie ed edifici squarciati. Dei rioni sono tutti una rovina. E quelle case che non furono abbattute, restarono quasi tutte così danneggiate, da apparire inabitabili.

Molte le Chiese danneggiate, sebbene, grazie a Dio, nessuna crollata. Il Duomo ha avuto un tetto abbattuto, e una volta forata, ed inoltre tutte le vetrate istoriate, opera di molto pregio inaugurata solo 15 anni orsono, danneggiate in maniera irreparabile. Fu necessario trasferire la veneratissima Icona della Madonna dei Sette Veli, protettrice della Città, e le Sacre Reliquie dei Santi Guglielmo e Pellegrino, e le trasportai in San Marco in Lamis, ove si era rifugiata una notevole parte della popolazione terrorizzata.

A Troia, invece, ove si era rifugiata una vera moltitudine, per la sua maggior vicinanza con la Città, ho trasferito l’immagine della Madonna Addolorata, insigne per il miracolo del 1873, quando, a vista di popolo, mosse più volte gli occhi, ponendo fine al colera che affliggeva la Città.

E a Troia ho trasferito, altresì la Salma della Ven. Maria Celeste Crostarosa, fondatrice delle Redentoriste, essendo la Chiesetta di Santa Teresa, in Foggia, ove la Salma si conservava, così lesionata, da far temere un crollo rovinoso della parete sinistra.

Ora Foggia è una città deserta. Gli Uffici pubblici, compresa la Prefettura, la Questura, il Municipio, si sono dislocati nei paesi della provincia.

Solo al mattino presto ferve per le strade una macabra attività: gruppi di soldati che scavano le macerie e cittadini scesi dai paesi vicini a salvare quello che si può delle proprie masserizie.

Nei comuni delle due diocesi, il Clero svolge lavoro intenso per assistere spiritualmente e — nei limiti del possibile – temporalmente i poveri sfollati.

Si sono costituiti Comitati, e si cerca di far tutto quello che si può per alleviare le indicibili sofferenze di tante povere creature. Ma è un cumulo così ingente di dolori e di bisogni, che quello che si può fare per lenirlo è ben poca cosa.

Solo Iddio, con la Sua Mano onnipotente, può riversare su tante piaghe il balsamo del conforto.

Ed io penso con immensa angoscia a quel che sarà l’inverno, se sorprenderà il mio povero popolo in questa condizione di disagio indescrivibile.

L’assistenza spirituale a quel tanto che ci può essere di viventi nella città di Foggia, è disimpegnata da generosi Sacerdoti e Religiosi che con mille disagi vi si recano al mattino dai poderi vicini o da Troia, e ne fanno ritorno verso le ore pericolose del meriggio, quando la città resta assolutamente deserta.

Voi, Beatissimo Padre, che portate nel Cuore l’angoscia di tutte le lacrime del mondo, potrete profondamente comprendere l’angoscia del mio povero cuore di pastore, al cospetto di tanta calamità del mio povero popolo.

Vogliate, Ve ne prego, degnarvi di rivolgerci la Vostra parola confortatrice, di impartirci la Vostra Apostolica Benedizione, ed Essa brillerà agli occhi nostri, come un raggio di speranza tra le tenebre dell’ora presente.

Un dono segnalatissimo Vi domando, Padre Santo, a consolazione del mio popolo: degnatevi di concedere l’indulgenza plenaria quotidiana a tutti i fedeli che, confessati e comunicati, pregando secondo le intenzioni di Vostra Santità, visiteranno l’effigie della Madonna Incoronata nella Cattedrale di Troia, e quella della SS. Addolorata che è custodita nella Chiesa di San Domenico pure di Troia, e parimenti l’indulgenza plenaria alle stesse condizioni ai fedeli che visiteranno l’Icona della Madonna dei Sette Veli e le SS. Reliquie dei Santi Guglielmo e Pellegrino, custodite nella Chiesa Collegiata di San Marco in Lamis, della Diocesi di Foggia.

Tanto dono, pegno sensibile della Vostra paterna pietà per la nostra sventura, mentre ci sarà di sommo conforto per l’amore che l’ha compartito, sarà altresì potente stimolo e fomento della pietà, sicché purificandosi sempre più le anime nostre nel salutare bagno della penitenza, si affretti l’ora sospirata in cui dal Cuore Divino del Redentore sgorghi l’effusione della Misericordia che ci ridonerà la pace.

 Fortunato Maria Farina Vescovo di Troia e Foggia