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Ricordi di un ragazzo

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“IL PIANEROTTOLO…DI UNA VOLTA “ E……TONINO, “IL FRUTTIVENDOLO AMBULANTE”

“Tonino della frutta” al secolo Antonio, il cui cognome non è come può sembrare, cioè che non lo ricordi, ma è proprio che nessuno mai lo ha saputo era, per tutti, semplicemente “Tonino della frutta”. I suoi segni “particolari” erano due: un paio di baffi  stile anni 30 su un viso rosso di sole e l’inseparabile “sciroletta” alias “treruote, oggi “Apecar” di colore verde (all’inizio,  quando era nuova..). Arrivava ( non sempre puntuale….!)  ogni mattina e bastavano due trilli del motomezzo  per far uscire fuori dal balcone e dai pianerottoli le nostre mamme. Per chi non aveva sentito  il suono del clacson c’era il passaparola  “condominiale”. Ma di “Tonino” e  il  “rito”  dell’acquisto della frutta e verdura parleremo dopo.  L’introduzione era necessaria per raccontarVi di un altro rito, un’altra tradizione, altrettanto bella, che ha accompagnato la nostra gioventù e prima ancora la nostra infanzia ed oggi, purtroppo, solo i nostri ricordi, essendo del tutto scomparsa. Era una cosa che accomunava tutti i foggiani,era un modo di essere foggiani: Il  “ RITO DEL PIANETROTTOLO.”

“ IL RITO DEL PIANEROTTOLO”

Prima parte:  “La Comunella”

-Il pianerottolo era in sostanza una  “camera” comune alle famiglie che abitavano un determinato piano, dove si svolgevano le c.d. “comunelle”;  vale a dire gli incontri tra le donne ( ma anche  a volte tra gli uomini di casa) le cui porte di casa si affacciavano sul piano;  in pratica una specie di corridoio che univa tutti gli appartamenti. La “comunella” era, a volte, allargata alle donne dei piani superiori: o per interesse “comune!” dell’argomento , o per semplice curiosità circa l’argomento trattato,  che poco e spesso era un vero e proprio “zingriamint!”

Il momento nel quale aveva inizio la “comunella” era  verso l’ora di pranzo, o nel pomeriggio inoltrato, a volte, specie l’estate, quando la “riunione” si spostava fuori ai balconi, a causa del caldo, essa poteva avere inizio anche all’imbrunire, ma con  due varianti:  occorreva sporgersi dal balcone dei  piani superiori per partecipare al “dibattito” con le signore dei piani sottostanti e bisognava parlare a voce più alta per farsi sentire anche da  quelli che si affacciavano sui balconi adiacenti. Nel discorso poteva capitare però che si inserisse anche la famosa “vecchietta” del piano terra (prima a Foggia i piani terra erano quasi tutti adibiti ad abitazioni e molti, sotto casa mia succedeva, la sera diventavano anche garage) che veniva zittita con una frase che più ipocrita non poteva essere “ fatt i fatta tuij, semp mizz staj…” A volte c’erano “comunelle straordinarie” Accadeva quando  si doveva  da dare una notizia particolare o arrivava qualche venditore ambulante ecc.

Il motivo, invece, che dava lo spunto per incontrarsi, poteva essere il più vario. Il più banale era quello di chiedere in prestito qualcosa che il più delle volte non era affatto necessario. Di solito,  però, quello classico era legato alla cucina. Non bisogna infatti dimenticare che all’epoca vigeva la bellissima usanza, tra gli abitanti del pianerottolo, di scambiarsi le pietanze che le nostre mamme cucinavano.

La procedura era la seguente: 1) chi aveva già finito di cucinare, preparava la “mappitella” cioè un piatto con l’assaggio destinata alla signora frontista di casa, o con la quale c’era più amicizia.

2) la nostra dirimpettaia, senza che nemmeno, a volte, bussassimo, perché  aveva sentito!!! aprire la nostra porta (potenza delle orecchie di una volta!!), apriva la sua e allungava le braccia come se già sapesse quello che dovevamo fare.

3) Subito dopo aver ritirato la “mappitella” la nostra conpianerottolaia ci dava il suo piattino con quello che aveva preparato per noi. Insomma uno scambio alla pari.

4) Una delle due “commare” avviava il discorso  solitamente con una di queste due frasi: “hhhm! E sntut che addor che ven da Signora ( e seguiva il nome dell’interessata) chissà che avrà cucnat?”, oppure: “ogg nz sent manc na’ddor, n’avrà cucnat a sgnor…( seguiva il nome dell’interessata)

5) Nel secondo caso iniziava subito una  sfilza di possibili cause per le quali l’indiziata non aveva cucinato. Esse erano di solito indicate nelle seguenti: a) poteva essere successo qualcosa a qualcuno di famiglia, nel qual caso si decideva che uno di loro  andasse a bussare  a casa dell’interessata per vedere o sapere cosa fosse successo; b) c’era stata una lite in famiglia per cui la moglie non aveva cucinato. In tal caso qualcuna delle “commari-pianerottolaie” subito si ricordava ( a torto o a ragione) che in effetti la sera prima aveva sentito un litigio provenire dall’appartamento.

La “querelle” aveva fine quando la signora di cui si parlava usciva anch’essa, avendo sentito le voci, sul pianerottolo, o scendeva da quello soprastante e, quasi come avesse percepito che si parlava di lei, si affrettava a precisare: “u vi’, oggj  nn agghih cucnat ancor, e quill Tonin ( il fruttivendolo di cui abbiamo parlato all’inizio e che aveva sempre una parte di colpa..) nn ma’ purtat i cos che avev ditt” E così si andava avanti nei vari discorsi che toccavano un po’ tutti gli aspetti e, soprattutto, i vari inquilini del palazzo, dal piano terra (la vecchietta solita fastidiosa che rimproverava i bambini che facevano rumore col pallone vicino alle serrande), alla signora dell’ultimo piano che disdegnava il saluto o era restia a parlare e trattenersi talvolta con loro; la qual cosa era spesso addebitata dalle altre donne del palazzo  ad un particolare lavoro del marito “ Eh! Fc accussij e s cred d’ess, sul pcchè  u marit fatic o trbunl “ o, altrimenti  diventava “additata”  di chissà quali cose sospette….

Quando cominciavano a tornare i figli da scuola il pianerottolo si movimentava ulteriormente. Infatti i bambini “lanciate” le cartelle sulla immancabile panca contenente il corredo, (mai usato!…e tramandato da sette generazioni, che solo una “fortunata” figlia femmina aveva potuto vedere e ascoltare dalla mamma la solenne frase: “a morte mia te lo prendi ma, mi raccomando, non lo usare che si rovina!!!” ) si riunivano  in uno degli appartamenti, le cui porte venivano lasciate aperte, mentre ci si tratteneva sul pianerottolo e cominciavano a giocare. Era questo il momento nel quale si decideva di porre fine alla chiacchierata e far rientro nelle proprie case per finire di cucinare ( di solito si doveva mettere sul fuoco l’acqua per la pasta). I bambini, rientrando malvolentieri in casa, si davano appuntamento per il pomeriggio in una delle abitazioni, dove, dopo i compiti, avrebbero continuato a giocare sino all’ora di cena. L’ora di cena, poco prima del suo inizio, diventava dunque l’altro momento per intrattenersi sul pianerottolo (con la scusa di richiamare il proprio figlio) e fare il consuntivo della serata. Se poi capitava che uno dei coabitanti del pianerottolo avesse preparato per cena qualcosa di particolare: per es. la pizza o una torta e simili, vigeva l’obbligo! (ma era davvero un grande piacere per tutti, ci si sentiva davvero soddisfatti) di farla assaggiare anche alle altre famiglie dello stesso piano.

Nel periodo immediatamente antecedente i giorni di festa o quelli di una particolare ricorrenza ( come tra qualche giorno sarà quella dei morti e di Tutti i Santi), il pianerottolo diventava un vero e proprio crocevia e andirivieni di massaie ( le nostre mamme) che come una comunità di mutuo soccorso, si scambiavano tra di loro ingredienti, consigli, assaggi di tutto ciò che si preparava. A ben vedere  le cose erano sempre le stesse in tutte le case (cartellate, pizza fritte e gli altri dolci tipici a natale, la squarcella a pasqua, il grano cotto ai morti), ma in ciascuna di esse  giacevano, in bella mostra, sul tavolo di marmo della camera da pranzo (attualmente chiamasi salone), dove c’era il divieto assoluto di entrare, anche per il pericolo serio di scivolare sui pavimenti marmorei tirati a lucido e “a specchio”, i vari piatti contenenti le varietà di dolci e salati preparati dai vicini di casa. Vi lascio immaginare i giudizi su quali fossero più buoni. Naturalmente la vicina che ci stava più simpatica, vinceva sempre!

Approssimandosi il periodo della festa dei morti c’era e, per fortuna, resiste ancora oggi, grazie alle nostre mamme, le nostre suocere, le amate nonne e le tantissime ragazze volenterose tra le quali le vostre e  nostre mogli  che, grazie a Dio, ancora amano molte tradizioni della nostra città, l’usanza di preparare il “grano cotto”. Una pietanza  a base di grano appunto, lessato, sul quale si spande cioccolato fondente ( riporto la ricetta di mia suocera) tritato, melograno, noci sminuzzate e l’immancabile vin cotto.  Su questi ingredienti fior di generazioni di donne hanno a volte troncato drasticamente anni di amicizie. Si deve sapere, infatti, che  durante il consueto e sopradescritto scambio di questi piatti tra le donne  dell’oramai famoso pianerottolo, si elencavano gli ingredienti utilizzati e ciascuna difendeva ostinatamente, sino alla rottura che poteva durare da giorni a mesi, la propria ricetta: ci vuole la cioccolata fondente; no! Quella al latte; le noci no, mai! Solo a piacere; il grano doveva  essere morbido per alcune, restare al dente, per altre; più o meno asciutto; condito caldo o al momento, ecc,ecc. Insomma c’era materia di ampia discussione. Ma dove non si transigeva era sul VIN COTTO! Mai, vin cotto di fichi o altro genere vietatissimo. Puro vin cotto di vino rosso. E ricordo ancora le corse nelle campagne circostanti che i nostri genitori facevano ( molti lo fanno ancora) per accaparrarsi le poche scorte di “vero” Vin Cotto. Mai! Una nostra nonna avrebbe usato il vin cotto che si vende oggi al supermercato. Piuttosto niente grano cotto…..!

“ IL RITO DEL PIANEROTTOLO”

Seconda parte: “La Funzione Sociale”

Il pianerottolo abbiamo visto come fosse un punto di ritrovo e un elemento distintivo delle famiglie appartenenti a quel piano. Ogni piano era, infatti, autonomo e ristretto alle famiglie che vi avevano l’affaccio. Abbiamo detto però che c’erano occasioni diremo così “open”; allargate cioè agli inquilini degli altri piani. Nelle quali il “pianerottolo” diventava un vero e proprio “Centro di Assistenza Sociale e di  Mutuo Soccorso”

Una di queste occasioni era quando capitava una malattia o un infortunio ad uno qualsiasi degli abitanti del palazzo. Allora tutti si stringevano intorno ala famiglia del malcapitato  (anche per una banale influenza) per dare il loro contributo. A volte capitava però che il contributo fosse assolutamente inutile o addirittura dannoso per la persona malata o infortunata, come, per esempio, quando si portavano cibarie di ogni specie mentre l’interessato poteva si e no mangiare solo riso e bere acqua; oppure  si stava ore e ore con le porte aperte sul pianerottolo  ( perché dimenticavo di dire che spesso le case diventavano  tutt’una   e si entrava e usciva da ciascuna di esse senza problemi. Ricordo che a volte si diceva: “No! Lascia aperto che tanto mo deve venire la signora di fronte…”)  dimenticandosi del povero convalescente  lasciato in mezzo alla corrente sino a quando non era proprio costui a gridare: “La porta per piacere! Ho la febbre!!” Al che qualcuno la chiudeva, le donne più ostinate l’appoggiavano solamente.

Un’altra tipica funzione sociale era “L’assistenza alle vedove”, prima e dopo il funerale e, poi, ancora per alcuni mesi, fino a quando le “vedove” dopo un po’  di tempo cominciavano a disertare le riunioni condominiali di pianerottolo perché  passavano molta parte della giornata a casa dei figli.

Ma la funzione sociale più apprezzata dalla comunità locale del pianerottolo e  oggi più rimpianta, era senza dubbio quella dell’antifurto…

Ancora oggi è di uso comune ricordare che in passato si potevano lasciare le porte aperte o andare a fare le compere oppure, ancora, andarsene in vacanza senza paura dei ladri. L’antifurto era un sistema ben congegnato. Ogni inquilino del palazzo aveva il o i suoi referenti, dei quali lo era a sua volta. Tra di loro a volte ci si metteva d’accordo addirittura sui turni di ferie estive, pur di non lasciare “sguarnito” il pianerottolo. Giammai capitava che  andavano via tutti insieme. Chi partiva dava precise indicazioni: 1) lasciava le chiavi di casa e della posta; 2) non essendoci i cellulari sarebbe stato compito del “vacanziere” telefonare di tanto i tanto dalla cabina pubblica per sapere se c’era posta urgente. In  caso arrivassero le bollette ( ma già il buon padre di famiglia sapeva quando e quali bollette sarebbero arrivate in quei giorni) si lasciavano preventivamente i soldi per pagarle;

3) Il nostro “antifurto/persona di fiducia, aveva diritto al libero accesso alla casa che, anzi, doveva aprire di tanto in tanto per far arieggiare; aprire l’acqua per non far incrostare rubinetti e sanitari ed altre incombenze di tipo casalingo; 4) far trovare il frigo con la roba sufficiente per mangiare il primo giorno di ritorno dalle vacanze, essendo stato lasciato vuoto alla partenza;

5) Nel caso si fossero lasciati a casa figli più grandi, per motivi di studio, lavoro o altro, il vicino di casa doveva, quando riceveva la nostra telefonata, notiziarci punto per punto sui suoi spostamenti e/o eventuali “strani” movimenti  nella nostra abitazione. ( Ma tanto le nostre mamme se ne accorgevano immediatamente se il lenzuolo o la coperta del letto fosse stata “manomessa”) .

6) Avvisare il nostro “Tonino della frutta” che per un certo tempo la signora tizia sarebbe mancata per cui non doveva calcolarla nella roba che avrebbe portato con la sciroletta.

Al ritorno dalle vacanze, seguiva l’aggiornamento di rito di tutto quello che era accaduto sul piano in nostra assenza e delle novità più salienti dell’intero condominio.

Un momento molto sentito e partecipato che, ancora rivivo con piacere nella mia mente, non essendo più possibile praticarlo, era quello delle feste pasquali e di natale. Ma mentre a Pasqua ci si limitava agli auguri ed allo scambio di dolci e pietanze della festa, a Natale c’era l’attesissimo  rito della nascita di Gesù bambino. Sul nostro pianerottolo, a mezzanotte, dopo la cena della vigilia, tutte le 4 porte che vi si affacciavano restavano aperte. Il più anziano prendeva il bambinello Gesù e tutti, ma davvero tutti i componenti delle quattro famiglie, in processione giravano per tutti e quattro gli appartenenti portando il Bambin Gesù in processione e adagiandolo in ciascun presepe per qualche minuto. A turno, ogni anno, poi restava in uno dei quattro presepi. Indimenticabile!

Non pensate, cari amici, che tutte queste cose  fossero  ristrette e limitate ai soli componenti delle famiglie, in senso stretto, del pianerottolo, sbagliereste. Infatti nel pianerottolo si condivideva tutto, non solo le amicizie che divenivano strettissime tra figli dei coinquilini e tra i loro genitori, anche, ed era questa l’altra sua funzione sociale, le relazioni  di parentela dei vari inquilini. Quando giungeva  uno zio, un nipote, il nonno o la nonna, un parente qualunque, la tradizione voleva che lo si presentasse a tutto il vicinato. In tal modo  egli entrava di diritto a far parte della “comunella” e vi assicuro cari amici, che ancora oggi, l’ultima proprio qualche sera fa, un mio parente, mentre eravamo a telefono, mi ha chiesto di come stavano e cosa se ne facessero di bello  alcune persone che abitavano nel nostro pianerottolo quando io ero ragazzo, ricordandomi alcuni episodi accaduti al tempo, a dimostrazione di come ancora oggi, dopo tantissimi anni, sia rimasto vivo il loro ricordo. E questo accade spesso  a tanti di noi. Non era raro e qui gioco in casa e vado facile perchè è capitato a me personalmente, come sul pianerottolo nascessero “amori” che, grazie a Dio, durano ancora oggi. Attenti! L’amore poteva nascere tra figli di dirimpettai o degli altri abitanti del pianerottolo ma anche, come capitato al sottoscritto, tra figli  e parenti  della vicina di casa. Mia moglie infatti era ( ed è) la nipote dell’Avvocato Pecorella e, avendo la stessa età dei suoi cugini e di quella di mia sorella ( io sono un po’ più grandicello) spesso restava a dalla zia a mangiare o a dormire perché magari si faceva tardi, così   grazie  al pianerottolo ho avuto la fortuna di   frequentarla conoscerla e…sposarla ed essermi, ovviamente, imparentato con la famiglia che abitava di fronte al nostro appartamento. Più funzione sociale di questa, credo che non ci possa essere……

Anche, purtroppo, la “vita”  del pianerottolo a volte finiva e non necessariamente  a causa della morte di qualcuno, ma più spesso perché qualche famiglia si trasferiva  in un’altra abitazione. Il momento era davvero molto triste. Già quando lo si annunciava spuntavano le prime lacrime e si implorava il nostro amico di pianerottolo di restare, ci si interrogava sulla effettiva necessità di andare via non mancando di far presente tutta una serie di cose che gli sarebbero venuti a mancare ( riguardo ai riti del pianerottolo). Purtroppo a volte non c’era niente da fare. Ma l’amicizia restava ed ancora oggi con alcuni di essi, resta, forte ed indelebile. Molti vengono invitati ai matrimoni o alle ricorrenze dei vari componenti della famiglia, una volta dirimpettaia, anche se si vive distanti. Questi erano i legami che un semplice pianerottolo, pochi metri quadrati di spazio comune erano capaci di generare. Oggi, invece? Ciascuno vive isolato, chiuso nel suo appartamento. A volte senza nemmeno sapere, accade purtroppo nelle grandi città, da noi per fortuna ancora no, se il vicino è vivo o morto. Il pianerottolo. Luogo in cui ora ci si incontra e, forse!! Si scambia un “buongiorno” vicino all’ascensore……

TONINO IL FRUTTIVENDOLO

Torniamo ora al nostro Tonino il fruttivendolo che ha dato il “la” a questa  “remember story”

Mia madre e tutte le donne che abitavano il palazzo di Viale primo maggio ( di fronte al nuovo tribunale) dove, quando ero piccolo e poi ragazzo c’era solo tanto grano (quello del compianto Ingegner Scaramella del quale , dal mio balcone, potevo vedere la sua bellissima villa, su Viale degli Aviatori, oggi naturalmente abbattuta  per far posto ad un enorme palazzo!!), per acquistare la frutta e la verdura aspettavano ogni mattina l’arrivo di Tonino. Devo anche dire che essendo costui  un bell’uomo, molti mariti erano gelosi e non guardavano tanto di buon occhio questa faccenda, ma era una gelosia, ovviamente, di facciata perchè in realtà  il signor Tonino era un simpaticone ed è rimasto ancora oggi  nella nostra memoria. La frutta e la verdura veniva ordinata il giorno prima e , se lui poteva, la portava! A volte si dimenticava o diceva che non l’aveva trovata di buona qualità e la massaia di turno restava senza la frutta per il pranzo o doveva cambiare pasto. Certe volte era lui che proponeva le “primizie”; per es. i fiori di zucca, o le prime ciliegie e noi ragazzi tornando da scuola quando ci siedevamo a tavola chiedevamo alle nostre mamme: “Mamma che ha portato Tonino oggi?” A volte capitava che  non fosse venuto per i più svariati motivi e allora restavamo delusi  dalla risposta delle nostre mamme: “ Eh! Oggi non è venuto!” Così il giorno dopo, la solita “comunella” condominiale “circondava” la sciroletta del povero fruttivendolo tempestandolo di domande sul come e cosa fosse successo. A molte signore, quelle più costanti nel fare la spesa, Tonino portava  la merce fin sopra casa ed era un sali scendi non indifferente; a volte, ricordo, lo faceva anche per solo un chilo di arance. Ma il rapporto con la clientela andava comunque salvaguardato ed era al primo posto…altri tempi.

Oggi, purtroppo, di Tonino il fruttivendolo non ce ne sono più. Ci sono tanti ambulanti con le loro bancarelle, ma non à la stessa cosa del “fidato” fruttivendolo che veniva fin sotto casa nostra ed con il quale non si badava  se i soldi bastassero, se avremmo potuto pagarlo oggi anziché domani, nemmeno si chiedeva se le cose erano buone, fresche, ecc. Ci si fidava e basta. Era, Tonino, diventato uno di famiglia, di una delle tante famiglie del “palazzo”………

(Salvatore Aiezza)