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Se il caldo appulo rende baccanti le femmine

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Lo stesso Longano dir osa, che qui il caldo rende le femmine baccanti. La stessa infamazione ripetei io a chiusi occhi nel mio Ragionamento chimico fisico intorno al mefitismo della Città di San Severo. Io mi ritiro da questa opinione . Dicono , che i soli Eroi sanno piegarsi a cosiffatte ritirate. Io mi piego senza presumere di Eroismo .

Dico adunque,essere la proposizione del Longano una menzogna di rapido girovago. Le vaghe e spiritose donzelle appule, precise le Manfredoniane amano la danza; e ballano mirabilmente la vivave e movitiva Tarantella: ma la ballano per passatempo,e non perchè il caldo le rende baccanti.Ritiratezza, onestà, fatica, e modesta e discreta libertà; ecco la divisa delle donne appule. I Manfredoniani amano appassionatamente il Canto e l’ballo. Essi discendono dagli antichi Sipontini, i quali , come scrisse de’ medesimi l’Imperador Federico , erano furenti pel canto, e per la danza: Ad Cantum promptunt subsaltat molle Sipontum .Ad un buon uomo , il quale bramava , che da Mantredonia proscritta fosse la danza , io per risposta gli narrai ciò che Monsignor di Fenelon disse ad un Curato. Un dì un Curato vantavasi in presenza del Fenelon d’aver ne’ giorni festivi proscritta la danza dal suo villaggio. Signor Curato , disse l’umano Prelato , siamo meno severi verso gli altri; asteniamci noi di ballare, e che i contadini ballino. Perché non permetter loro, che dimentichino per qualche istante le loro sciagure?
Ma dicesi: le donne Foggiane non corrono ogni anno nell’ultima Domenica di Aprile alla Chiesa della Madonna dell’ Incoronata, dove tutto il giorno gozzovigliano e danzano, e tornan poi la sera a casa facendo in carrette le vere baccanti? Rattristante e vera obbiezione! Si; l’ultima Domenica di Aprile era un giorno di ubriachezze, di libertinaggio, di risse, e di omicidi. Oh profanazione! Sclamava il vero Cristiano; oh vitupero della santa Religione! Ho detto era; perché la profanazione della Festa è pressoché finita. Anni addietro era una vera manìa; perché non era il basso popolo quello, che portava la battuta, e dava il tuono e la voce in quella Musica, ma il Gentiluomo. Oggi i Gentiluomini portano in trionfo la moriggeratezza; ed ecco perché il popolo si è corretto, ed il baccantismo è terminato. Quindi le Foggiane erano baccanti non per ragion di clima, ma sibbene per ragion di educazione. Primamente, in Aprile il caldo non è in Foggia tale da render baccanti le femmine. Secondamente, se il clima le rendeva baccanti altre volte, perché non le rende tali anche al presente? Finalmente, perché sotto il medesimo clima non eran tutte baccanti, ma solo quelle, che amavano di portare in trionfo la scostumatezza? Dunque il cattivo esempio le rendeva tali, non già il clima.
Dicesi ancora, che Foggia sia un vasto bordello; quindi quel proverbio appulo: fuggi da Foggia. Ma questa è una vecchia calunnia ripetuta oggi solo da quei, che non conoscono i costumi de’ Paesi. Le donne pubbliche, che sono qui confinate in uno stretto vicolo detto Pontescuro, sono, forestiere: una o due sono Foggiane. Laonde siccome mal si giudicherebbe, a modo di esempio, della Filosofia Italiana dalle opinioni di tre o quattro Preti Calabresi, così non è da lodarsi la precipitazion di coloro, i quali per due donne pubbliche tutto il bel sesso Foggiano accusano di deboscia.
El vero: vi sono in Foggia, molte donne mantenute, che passano da una mano all’ altra: ma la deboscia di queste è l’effetto della miseria, e non già del feroce caldo, e del costume dominante. Voi difficilmente troverete donne di cattivo odore in quelle famiglie, in cui avvi da mangiare, da bere, da vestire, e da soddisfare onestamente gli altri appetiti della natura. Veggonsi donne brifalde solo nelle famiglie bisognose; e queste vendono i loro miserabili favori ai Soldati d’ Amore, non perché il caldo le rende baccanti, e le colafizza la carne, ma perché la fame rode loro le budella. Il perché le manierose, amabili e gentili Signore Foggiane, sono vergini modeste, mogli fedeli, e madri virtuose. Quindi ecco il senso del proverbio fuggi da Foggia; cioè fuggi da Foggja nella state ,e nell’autunno. Nella state, perché il caldo ti annoja, e le zanzare, i moscherini, ed altri impertinentissimi insetti ti mangiano; e nell’autunno, perché l’aria è incostante e la febbre terzana ti farà una ingrata visita.

(fonte: “La Fisica Appula” di Michelangelo Manicone trascritta dal sig. Domenico S. Antonacci)

Biografia di Michelangelo Manicone (fonte www.wikipedia.org)

Padre Michelangelo Manicone nacque a Vico del Gargano (FG) il 4 marzo 1745, ma la data, le circostanze e le cause della sua morte, fino a qualche anno fa, erano avvolte da una fitta nebbia come – del resto – molti periodi della sua vita; tuttavia è stata stabilita come data di morte il 18 aprile 1810 nel convento di San Francesco ad Ischitella.

La bibliografia che lo riguarda è scarna e lacunosa, nonostante il fascino della sua persona e delle sue idee. Era definito il “monacello (a causa della sua bassa statura, sembrerebbe di 1,40 m.) rivoluzionario”. La sua indole illuministica consisteva in una sete di sapere che non si placava con il dogmatismo, ma con l’esperienza diretta, lo studio approfondito dei fenomeni naturali e della scienza, un’osservazione empirica che poteva fornire una risposta valida e concreta alle varie problematiche e quindi un aiuto pratico all’uomo, al suo benessere e sviluppo, alla sua felicità. Ciò gli costò l’inimicizia di chi, seppur in pieno illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza.

Lo sviluppo economico-sociale che teorizzava Padre Manicone consisteva in uno sviluppo connesso e, per certi versi, dipendente dall’ambiente, perché egli riteneva che la natura fosse una fonte primaria di ricchezza e la sua distruzione avrebbe potuto segnare la fine dello sviluppo.

Manicone può essere considerato un profeta dello sviluppo sostenibile, perché in pieno Settecento, quando le industrie erano inesistenti, ebbe un’ampiezza di vedute che gli consentì di prevedere le conseguenze disastrose che avrebbe portato l’uso improprio e scriteriato delle risorse naturali.

Le opere in cui Manicone tratta, tra gli altri, il tema dello sviluppo sostenibile, sono La Fisica Appula (cioè dell’Apulia) e La Fisica Daunica (cioè della Daunia). Secondo il “monacello”, uno dei peggiori atti compiuti dall’uomo del suo tempo era la cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un tempo rigogliosi, come anche attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire putes nemus».

Manicone riferisce che il disboscamento del promontorio iniziò nel 1764, con il taglio “barbaro” dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del Gargano e la cesinazione degli ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad inizio Ottocento, l’Abate Longano denunciò la carenza di legna da ardere per gli ischitellani.

La causa di questo disboscamento fu la volontà di destinare i suoli a coltura, anche quelli non adatti a questo scopo e più utili al pascolo e alla produzione di legname, vista la “rocciosità” della terra sul promontorio del Gargano.

Manicone spiega anche la diminuzione della fauna selvatica nel Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i nascondigli per gli animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili.

Ne “La Fisica Appula”, il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità dell’aria) e alle cause che lo generano. Egli sostiene che l’inquinamento può avere cause naturali o accidentali (provocate dall’uomo), può essere anche indigeno (proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il Manicone le principali cause accidentali del mefitismo erano:

  • 1. Le condizioni igieniche precarie delle strade e delle abitazioni;

  • 2. L’insana abitudine di depositare gli escrementi nelle strade;

  • 3. La sepoltura dei morti nel centro abitato (consuetudine abolita nel 1804 con l’Editto di Saint-Cloud ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da Pietro de Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro);

  • 4. Il taglio dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono ossigeno e assorbono anidride carbonica).

Lo studio del frate sul territorio garganico fu talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla metà del Settecento all’Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi di temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell’arrivo della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento, esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”.

Viaggiò molto per l’Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e Scienze Naturali a Bruxelles.

È noto soprattutto per il suo trattato, La Fisica Appula (1806), un’opera di cinque tomi, in cui analizza le caratteristiche fisiche delle terre di Puglia e soprattutto del Gargano.

Al Manicone è intitolato il Centro Studi e Documentazione del Parco Nazionale del Gargano sito presso il Convento di San Matteo a San Marco in Lamis.