Stagione 1992-93 Il miracolo di Casillo-Zeman-Pavone
La stagione nasce da una contraddizione del presidente Casillo fatta alla fine della stagione precedente: «Non faccio il commerciante di animali, non vendo nessun giocatore e l’anno prossimo anno farò una squadra forte come il Milan». Altra immagine indelebile dell’anno precedente: Zeman, solo, immobile sulla panchina, alla fine dell’umiliante 2-8 contro il Milan aveva la forza di pronunciare solo tre parole: «Mi sono vergognato». Tanto si disse su quella partita, si parlò di premi non intascati, di rottura squadra-società alla fine del primo tempo ma di certo c’era il fatto che un giocattolo si stava rompendo e che i calciatori rossoneri che avevano riempito le pagine dei giornali di tutta Italia, con in tasca contratti importanti, lasciavano Foggia per altri lidi più importanti: l’operazione “smantellamento” faceva intascare la bellezza di 53 miliardi alla società e scatenava una forte e veemente protesta nei confronti di chi, forse con pochi ritocchi, avrebbe potuto portare Foggia ai vertici del calcio nazionale. Ed in questo clima freddo ed ostile la squadra, guidata sempre da Zeman, parte per il ritiro di Campo Tures. La rosa è composta da illustri sconosciuti, alcuni con esperienze solo in serie C e tra l’altro sui giornali del Foggia si parla per una squallida vicenda: quattro calciatori, non piazzati al mercato estivo, vengono costretti a vivere in un albergo lontano dal quartier generale; si allenano a parte con mister Beniamino Cancian e sono Rosin, Codispoti, Consagra e Padalino. L’Italia calcistica si ribellava a quello che sembrava un affronto ai regolamenti; i giocatori, vincolati ancora da contratto, decidono di ricorrere all’AIC (Associazione Italiana Calciatori) per tutelare la loro immagine. Alla fine, l’Organo giudicante della Lega svincola d’ufficio Rosin, Consagra e Codispoti facendo perdere alla società il valore dei rispettivi cartellini; per Padalino la situazione sarà diversa perché lo stesso si era rifiutato di allenarsi per cui resta vincolato al Foggia. Nella rosa viene reintegrato anche Kolyvanov, finito per un breve periodo nel gruppetto degli indesiderati.
La fiducia del popolo rossonero nei confronti della nuova squadra vacilla ma Casillo, sfida la piazza non prevedendo abbonamenti e quindi non chiedendo fiducia a scatola chiusa: è convinto delle buone scelte del d.s. Pavone e della guida tecnica del boemo.
Comincia il campionato: il Foggia dovrà far visita al Milan dopo pochi mesi dal triste 2-8; Il Foggia schiera questa formazione: Mancini, Petrescu, Grandini, Di Biagio, Fornaciari, Di Bari, Bresciani, Seno, Kolyvanov, De Vincenzo (72′Medford), Biagioni; ci si aspetta il tracollo ed invece i nuovi calciatori sconosciuti, imponendo un pressing a tutto campo, riescono quasi a salvare la partita che viene persa solo per una sfortunata autorete di Grandini. Sui giornali del lunedì si parla di questa nuova squadra che, totalmente rifondata, riesce ad imporre il proprio gioco anche a campioni importanti come Maldini e Van Basten. Il partito degli scettici è però ancora molto folto e la settimana che segue la si vive tra la speranza e la forte paura di sprofondare: sta per arrivare a Foggia il Napoli ma non sembra un attesa spasmodica come chi vuol vivere con ansia la vigilia del derby del sud.
13 settembre 1992, una delle pagina più brutte nella storia dello sport foggiano. Durante la notte della vigilia, un gruppo di teppisti entrava nello stadio Zaccheria oltraggiandolo: le due porte tagliate, il manto erboso devastato, poltroncine della tribuna imbrattate ed in mezzo al campo una scritta minacciosa: ” Casillo vattene”. Non si voleva in pratica far disputare la gara facendo multare la società e quindi il suo patron. Indipendentemente dalle motivazioni che avevano scatenato quel gesto inconsulto, quell’episodio fu una grande ferita della quale, come tifosi, dovremmo ancora vergognarci. Si riuscì comunque, in extremis, a ripristinare il tutto e la partita si svolse regolarmente: per due volte Bresciani, nel primo tempo, replicò ai gol di Zola e Fonseca ma, nel secondo tempo, Careca ed ancora Fonseca tagliavano le gambe alle speranze rossonere. Dopo la partita Zeman minaccia le dimissioni per il gesto vandalico della notte precedente ma don Pasquale riesce a convincerlo a rimanere alla guida del suo Foggia. La squadra cade anche la settimana successiva con la Roma in trasferta grazie al gol di Caniggia e alla doppietta di Giannini che vanificano il gol della bandiera di De Vincenzo.
La squadra è ancora a zero punti e a Foggia ormai solo il tecnico e don Pasquale la pensano in maniera ottimistica; La prima vittoria arriva in casa contro l’Udinese grazie al gol di Petrescu ma soprattutto alla tattica rinunciataria del tecnico friulano Bigon; ma il fosso non è stato ancora saltato, tanto è vero che a Brescia il Foggia ne prende 4 riuscendo a realizzare l’unico gol con il costaricano Medford.
Il bel gioco lo si comincia a vedere nel pareggio casalingo con il Genoa per 2-2; i tifosi cominciano a valutare le qualità dei nuovi beniamini come Seno, Di Bari, Biagioni, Di Biagio, Bianchini e via dicendo: quel giorno il Foggia per due volte in svantaggio riesce a riequilibrare l’incontro grazie a Petrescu e a Di Biagio.
Con la sconfitta di Ancona con un secco 3-0 il Foggia si ritrova all’ultimo posto in classifica, cosa che non turba minimamente Zeman che prepara la sfida interna contro il forte Parma di Scala: la partita risulta difficile contro Asprilla e compagni ma un rigore provocato dall’ex Matrecano ai danni di Biagioni, dà la possibilità a quest’ultimo di realizzare il gol che regala la prima vittoria in assoluto del Foggia contro il Parma.
Il Foggia vola a Bergamo ma ritorna a mani vuote grazie ad un altro ex, Rambaudi, e Porrini con il solo gol della bandiera ancora di Biagioni.
La squadra piace a sprazzi, ogni tanto si vedono le giocate dell’anno precedente ma il tifoso ritiene che i vari Signori, Baiano, Barone, Shalimov, Rambaudi non possano essere prontamente sostituiti e poi c’è una classifica che fa paura e che fa invocare i rinforzi al mercato di riparazione; ma Zeman, rigido come la Sfinge, non vuol sentir parlare di nuovi giocatori e decide di continuare con la rosa creata in estate. Il presidente,però, anche per placare una piazza delusa, decide di ingaggiare un nazionale olandese proveniente dall’Ajax, Bryan Roy. A Foggia arriva la Lazio di Signori e i tifosi regalano una calorosa accoglienza al loro beniamino di sempre tanto da emozionarlo e di condizionarlo probabilmente nel rendimento. Biagioni e un bel gol dell’esordiente Roy regalano la vittoria ai satanelli. Il Foggia vince ancora in casa con il Pescara grazie ancora a Biagioni e pareggia a Torino con i granata con un gol di Di Biagio che pareggia quello di Silenzi.
La domenica successiva spalti gremiti per l’arrivo della Juventus di Trapattoni che riesce sempre ad attirare le attenzioni anche dalla provincia nonostante l’annunciata indisponibilità di 6 titolari bianconeri. Le squadre si schierano con le seguenti formazioni:
Foggia: Mancini Petrescu Caini Sciacca Di Bari Bianchini Bresciani (Nicoli dal 35′ s.t..) Seno Roy (Mandelli) De Vincenzo Biagioni
Juventus: Peruzzi Torricelli D. Baggio Conte (Marocchi dal 17′ s.t.) De Marchi Carrera Di Canio (Ravanelli dal 23′ s.t.) Galia Vialli Moeller Casiraghi
Il Foggia quel giorno dà una lezione di calcio alla Vecchia Signora e al calcio nazionale: vincendo per 2-1 con il gol juventino di Ravanelli solo nel finale e con due gol di Bresciani e Mandelli; se con la Lazio la i tifosi cominciarono a capire che qualcosa di buono si poteva fare in quella stagione, dopo la vittoria con la Juventus tutti cominciarono a credere nel miracolo e nelle doti ormai indiscusse del tecnico boemo.
I giornali sportivi e la nazione intera si interessa del fenomeno Foggia, di una società capace con pochi spiccioli di allestire una squadra capace di competere con squadroni come il Milan di Berlusconi e la Juve di Agnelli: tutti comunque concordano nella competenza nelle abilità del duo Pavone-Zeman.
Il campionato continua con un rocambolesco 3-3 a Genova contro la Sampdoria, con la sconfitta interna ad opera dell’Inter per 3-1 con doppietta di Shalimov. Il Foggia poi pareggia a Cagliari per 1-1 e conclude il girone di andata battendo in casa la Fiorentina grazie ad un gol di Kolyvanov. La squadra chiude la prima parte del campionato con 16 punti, uno in meno del Foggia dell’anno precedente.
Prima di ritorno: a Foggia arriva il Milan; la squadra di Zeman aggredisce subito gli avversari a tutto campo: passano con Bresciani chiudendo in vantaggio il primo tempo dopo aver fallito anche un calcio di rigore con Di Biagio. Ma nella ripresa il Milan ribalta tutto con un micidiale 1-2 targato Papin. Rijkard ma nel finale Seno mette il definitivo sigillo sul pareggio contro i più blasonati avversari.
Nelle giornate successive il Foggia perde a Napoli, pareggia in casa con la Roma, perde ad Udine a tempo ormai scaduto per 3-2 e pareggia ancora in casa con il Brescia. La tifoseria sa benissimo che in questo periodo dell’anno le squadre di Zeman andavano incontro a cali di tenuta atletica ma sanno anche che la primavera è vicina e aspettano fiduciosi la ripresa della squadra.
E la primavera regalerà le soddisfazioni attese dalla piazza come la vittoria per 4-2 in casa del Pescara ormai spacciato, poi un pari interno con il Torino, una prevedibile sconfitta esterna con la Juve, la vittoria allo Zaccheria con la Samp, l’ottimo pareggio a Milano contro l’Inter e quindi il pari interno con il Cagliari per 1-1 con gol di Mandelli e Francescoli che regalano a Foggia e alla Capitanata tutta un altro anno da trascorrere nella massima divisione: nel piazzale antistante lo stadio si festeggia con tarallucci, vino, arrosti e salumi in un abbraccio ideale tra le due tifoserie da sempre gemellate. Si continua con i caroselli d’auto festanti per la città e la grande baldoria derivava dalla scarsa fiducia data alla squadra ad inizio stagione e che era sfociata nell’azione teppistica del 13 settembre.
Per la cronaca, quel campionato finì come l’anno precedente, con una sonora sconfitta questa volta per 6-2 contro una Fiorentina che, con l’acqua alla gola e nonostante la vittoria, non riuscì ad evitare la retrocessione in B.
Si concludeva con una vacanza premio alle Tremiti quell’avventura di un manipolo di sconosciuti che aveva lottato e combattuto in tutti i campi d’Italia uscendo sempre e comunque tra gli applausi. Si era realizzato un miracolo che vedeva come primo attore il direttore sportivo Peppino Pavone il cui segreto era pescare giovani di belle speranze, vogliosi di emergere. «Se un giocatore è buono, è buono dappertutto: dal Trapani alla serie A», soleva ripetere alludendo a Nicolo Sciacca, prelevato nell’Interregionale e lanciato nella massima divisione. Ancora una volta i signor nessuno si erano trasformati in celebrità, sbalordendo l’Italia pallonara.