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Una storia di partigiani foggiani

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I partigiani foggiani Bratto e D’Agostino

Tommaso Bratto

Tommaso Bratto

Oltre ai fratelli Biondi, Foggia può annoverare nelle memorie dei propri figli partigiani altri due nomi: Tommaso Bratto ed Archimede D’Agostino.

I due, residenti a Torino, vengono ricordati assieme al torinese Marco Molino in una lapide posta sulla stazione torinese di Porta Susa per una azione che li portò alla morte, durante la lotta partigiana al nazifascismo, il 27 aprile del 1945.

Tommaso Brattao nacque a Foggia il 29 maggio 1928 ed era residente a Torino, dal gennaio 1944, in via Monginevro 46; proveniva da una famiglia di sette figli e lavorava come manovale presso le Ferrovie dello Stato, addetto al deposito locomotive di via Chisola.

Il 25 aprile 1945 aderì allo sciopero contro il nazifascismo e allontanatosi da casa non vi fece più ritorno.

Archimede D'Agostino

Archimede D’Agostino

Archimede D’Agostino nacque a Foggia il 23 settembre 1927, era ferroviere, e dall’aprile 1943 era abitante in via Feletto 55. Entrambi i foggiani erano partigiani dei SAP, ossia di “squadre di azione patriottica”, formazioni di circa venti uomini organizzate per espandere la partecipazione alla lotta condotta dai GAP, i gruppi di azione patriottica.

D’Agostino era partigiano nella 24° Brigata SAP, fu in questa formazione partigiana che conobbe il torinese Molino.

A conservare e ricordare la memoria dell’azione svolta dai tre è l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea che così riporta il fatto nel proprio archivio delle lapidi torinesi dei caduti per la lotta di liberazione:

Tommaso Bratto, Archimede D’Agostino e Marco Molino il 27 aprile 1945, verso le 15, entrarono con una locomotiva nella stazione di Porta Susa con l’intento di raggiungere la stazione di Torino Dora, dove un nucleo di tedeschi resisteva alle forze partigiane. «All’imbocco del tunnel di piazza Statuto, i tre giovani fermavano la macchina, indecisi sul da farsi, siccome un carro armato nazi – fascista dall’esterno della strada ferrata seguiva le mosse della locomotiva sin dalla sua partenza.

Improvvisamente il carro armato, dopo aver lanciato qualche scarica contro la locomotiva ferma, sfondava un cancello secondario e penetrava nella stazione, così i tre giovani venivano catturati, disarmati e immediatamente passati per le armi». (Tommaso Palermo)