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Sviluppo urbanistico di Foggia nel ‘600

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La dominazione spagnola vide importanti trasformazioni urbanistiche spesso regolamentate dalla superficialità e dalla improvvisazione. La mancanza di suoli edificatori entro il vecchio perimetro urbano, la mancanza di abitazioni e il continuo afflusso di nuovi forestieri, commercianti, artigiani e zingari dovettero sicuramente porre notevoli  problemi sia agli amministratori locali sia all’autorità regia. L’espansione nella fascia suburbana era quanto mai problematica e rischiosa a causa delle possibili scorrerie piratesche. Inoltre i Locati si ergevano a ad arbitri nelle decisioni in merito alle richieste di concessione di suoli a scopo edificatorio, opponendo quasi sempre rifiuti decisi onde tutelare i propri diritti su quelle aree e, in particolare, sulle ampie fasce tratturali.

Nel 1627 un violento terremoto colpì la Capitanata:  erano  all’incirca le 16 del 30 luglio 1627,in un pomeriggio afoso di piena estate, quando tutta la terra cominciò a tremare; a Foggia la scossa si udì netta e forte ma fortunatamente la città fu risparmiata dal conseguente disastro che viceversa interessò gli abitati di S.Severo, Torremaggiore, Serracapriola, Lesina e Sannicandro, mentre molto patirono quelli di Ascoli Satriano, Bovino e Orta.

Altri moti seguirono violenti nei giorni 8, 9 e 24 agosto. L’ultimo seguì il 6 di settembre. Le vittime furono 4000.

La grave tragedia tramandata ai posteri è tutta riassunta in poche frasi sufficientemente chiare nel loro funesto significato. D’altro canto, è impensabile pensare all’esistenza di una documentazione completa sui danni derivati agli abitanti e ai fabbricati. Qualunque siano stati gli effetti su Foggia, è certo che la città proprio dal secolo XVII vide alcuni suoi quartieri gradualmente modificarsi nel loro schema, che andranno sempre più perdendo le loro caratteristiche geometriche, per assumere quello vario denso e tortuoso tipico del medio evo. I foggiani da quel giorno si legarono ai due santi Abdon e Sennen la cui ricorrenza cade proprio il 30 luglio: la popolazione ritenne che l’aver risparmiato la città di Foggia fosse stato un miracolo dei due santi che a tutt’oggi vengono ancora considerati Santi protettori della città.

E forse proprio l’evento catastrofico del 1627 determinò uno sviluppo urbano senza una legislazione adeguata, con l’incompetenza dei Reggimentari, con i soliti favoritismi, con gli abusi e con una forte crescita demografica; ne derivò un forte arretramento dell’urbanistica foggiana su uno schema medievale, specialmente nel cinquantennio compreso tra il 1630 e il 1680. L’esistenza delle mura, alla cui manutenzione si dedicava gran parte dei proventi delle gabelle, consentirono una maggiore densità edilizia cominciando a prevedere maggiori altezze edificatorie sulla vecchia planimetria. All’antica denominazione di pittagio si era andata sostituendo man mano quella di loco e di strada per indicare l’ubicazione degli immobili oppure alla proprietà di qualche cittadino importante.  Tra le attività che avevano valicato decisamente le residue mura, occorre ricordare l’ampliamento della cappella del Carmine e il completamento delle cappelle delle Croci. Ma ovviamente l’attività edilizia cominciò ad uscire anche nella fascia suburbana e la popolazione, sempre crescente, involontariamente iniziò ad allargare la città costruendo i propri casalini, ormai dette baracche, utilizzando tufi, crosta, calce, qualche mattone e legname ma un po’ alla volta anche i nobili pensarono di uscire dalle mura della città per far erigere le loro ville.

In quegli anni erano i religiosi ad occuparsi di opere altamente meritorie nel settore sanitario ed assistenziale; erano proprietari di immensi territori e di molti immobili urbani, non sempre rispettosi delle regole vigenti; spesso  costituivano il bersaglio delle più veementi critiche ma bisognava appunto riconoscere la loro grande attività per i problemi sanitari della città: i Cappuccini fecero ampliare chiesa e convento ed in quest’ultimo fu sistemata un’infermeria che contribuì a far aumentare le strutture sanitarie già esistenti nell’ospedale di S.Caterina ed in altri edifici religiosi della città. Nonostante la presenza di presidi sanitari sul territorio, le condizioni igienico sanitarie venivano aggravate dall’arrivo di compagnie di soldati che sceglievano la città per soggiorni sufficientemente lunghi; le condizioni igieniche, come in altre città, erano al limite per evitare grandi epidemie ma l’arrivo dei soldati le peggioravano notevolmente oltre a causare un grande malcontento nella popolazione che subiva, tramite le decisioni del Capitano regio, la requisizione delle abitazioni e delle stalle esentando, tra l’altro, i militari dal pagamento di alcuna gabella.