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Terremoto del 1627

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La quiete di quell’afoso pomeriggio del 30 luglio 1627, rotta discretamente dai colpi intervallati di qualche artigiano già all’opera, fu improvvisamente scossa da una prima terribile mossa tellurica, mentre verso nord-ovest, sulla direttrice per S.Severo, il sole pareva avvolto in densi vapori. Erano le ore 16: la rovina più completa si ebbe negli abitati di S.Severo, Torremaggiore, Serracapriola, Lesina e Sannicandro, mentre molto patirono quelli di Ascoli Satriano, Bovino e Orta. Foggia fu salva per miracolo.

Altri moti seguirono violenti nei giorni 8, 9 e 24 agosto. L’ultimo seguì il 6 di settembre. Le vittime furono 4000.

La grave tragedia tramandata ai posteri è tutta condensata in poche frasi, tanto chiare nel loro funesto significato quanto generiche in relazione alla conseguente situazione urbanistica. D’altronde, è impensabile esigere da quei tempi una documentazione completa sui danni derivati agli abitanti, tale comunque da consentire almeno l’individuazione parziale di nuovi assetti urbani. Qualunque siano stati gli effetti su Foggia, è certo che la città proprio dal sceolo XVII vide alcuni suoi quartieri gradualmente modificarsi nel loro schema, che andranno sempre più perdendo le loro caratteristiche geometriche, per assumere quello vario denso e tortuoso tipico del medio evo.

(fonte: Foggia – Città, territorio e genti – Vincenzo Salvato)

Ulteriore curiosità legata a quel terremoto:

Foggia annovera tra i suoi santi patroni i santi martiri Abdon e Sennen, vissuti nel III secolo e la cui ricorrenza cade proprio il 30 luglio, giorno del terribile terremoto. Poiché la città di Foggia fu risparmiata dal devastante evento, i foggiani si legarono a questi due santi responsabili, secondo la popolazione, del miracolo di quel giorno