Le domeniche dei bambini foggiani negli anni 70
Cari ragazzi, parlare con voi e raccontarvi del nostro passato, di come eravamo, come trascorrevamo le domeniche ed i giorni di festa è un’esperienza affascinante per tanti motivi.
Prima di tutto perché ci fa tornare indietro con la memoria e, ripercorrendo a ritroso la nostra vita, non si può certo nascondere un senso di malinconia che ci prende quando ricordiamo taluni avvenimenti legati al passato, ma soprattutto perché il vostro interesse rende merito a tutti quelli che testardamente continuano a lavorare per tenere sempre vive le nostre tradizioni e la nostra storia.
Iniziamo,allora,questo viaggio nei ricordi con la consapevolezza che sono troppo diversi i tempi e le condizioni economiche, sociali e culturali nelle quali abbiamo trascorso la nostra infanzia rispetto a quelle di oggi per poter pensare ad un ritorno al passato ma con la speranza, almeno, di una riflessione da parte dei tanti di voi che oggi , si nota con piacere, grazie anche a siti come questo dell’orgoglio foggiano, cercano di conoscere e recuperare un passato che può senz’altro arricchire e rafforzare in modo positivo il vostro bagaglio culturale e mantenere vive, così da poterle trasmettere in futuro ai vostri figli, le emozioni, i sentimenti, le gioie ed i dispiaceri che ci procurava il nostro modo di vivere.Un avvertenza: quando leggerete queste righe immaginate di vivere nella Foggia degli anni 60/70 che avete visto nelle magnifiche cartoline pubblicate su questo sito. Quella Foggia dove le strade non erano ancora intasate dalle auto e dove i genitori passeggiavano ancora mano nella mano con i figli per quelle Via Lanza, P.zza Giordano,Corso V.Emanuele e nella villa comunale.
La domenica dei ragazzini e degli adolescenti foggiani iniziava molto presto. E sì, perché il sabato sera non c’era l’abitudine (e seppure ci fosse stata sarebbe mancato il permesso da parte dei nostri genitori) di uscire con gli amici. Il sabato sera, al massimo, si poteva andare al cinema in quella bellissima chiesa che è Santa Chiara nel cuore del nostro centro storico o si usciva con i genitori per andare, ma una volta al mese quando arrivava lo stipendio, alla (o,come si diceva a Foggia, allo) Standa. Gli ex grandi magazzini che hanno accompagnato la storia della nostra città e sui quali conto di tornare in un prossimo scritto.
Dunque, tornando a noi, il sabato sera si tornava a casa presto e dopo carosello, non per modo di dire ma davvero, si andava a letto, perché non c’era la playstation, il nintendo, sky o premium.
La domenica mattina la sveglia era dunque un po’ più tardi di quella solita per la scuola,ma comunque mai dopo le 8.00.
Dopo la colazione seguiva l’eventuale bagno (le docce non erano ancora diffuse come oggi) per chi non aveva fatto in tempo a farlo il sabato sera, e dopo aver indossato gli abiti consoni al dì di festa con le relative scarpe buone, alle nove meno cinque,puntuali come un orologio svizzero, bussavano alla porta i nostri amici (uno o due, difficilmente tre?!) che poi nella stragrande maggioranza dei casi erano coinquilini dello stesso stabile nel quale abitavamo noi e con i quali condividevamo la scuola ed i pomeriggi trascorsi a giocare con i soldatini di plastica dura o alla battaglia navale,oppure,ancora,giocavamo a “fiori e frutta”: era questo un gioco che si faceva in due o più persone (meglio se in buon numero); occorreva munirsi di un foglio e una penna ciascuno e dividere il foglio stesso in tante colonne ognuna dedicata ad un argomento (appunto: fiori, frutta, animali, nomi, personaggi storici e via dicendo secondo quello che ispirava la fantasia); su un altro foglio si scrivevano e si chiudevano in un cerchietto tutte le lettere dell’alfabeto (tranne la H e la Q); poi con la punta della penna, a turno e senza guardare, si bucava il foglio nel suo retro e si verificava a quale lettera corrispondesse il foro. A questo punto iniziava la gara: bisognava scrivere il maggior numero di parole, una per argomento, che iniziassero con la lettera estratta. Il primo che terminava dava il tempo che restava agli altri,scaduto il quale, si voltavano i foglietti e (per non fare i furbi) si posavano le penne. Si assegnavano quindi i punti: 10 per ogni nome scritto in modo corretto; 5 se lo stesso nome era stato scritto da più giocatori. Alla fine del gioco dopo un certo numero di lettere estratte,si tiravano le somme e si proclamava il vincitore.
Tornando al nostro argomento principale, eravamo rimasti ai nostri amici con i quali ci vedevamo la domenica mattina e, alle 9, puntuali, andavamo alla messa dei fanciulli. La mia parrocchia è stata prima la chiesa di San Tommaso, dove ho anche ricevuto il battesimo e dopo la chiesa del Carmine Nuovo. Nuovo per dire perché quando eravamo ragazzini noi Il Carmine nuovo ancora non era stato costruito e la chiesa era ricavata in due locali a piano terra in Via Luigi Sturzo. In quei locali, con l’indimenticabile Padre Marcello, prete giovane, dinamico, attivo e bravo oratore, passavamo interi pomeriggi e la domenica servivamo la messa dei fanciulli. Subito dopo la messa ci recavamo all’edicola dove potevamo acquistare le figurine dei calciatori Panini. Compravamo 5 o 10 bustine secondo la disponibilità dei soldi che la mattina ci avevano dato i nostri genitori, poi, quando frequentavamo San Tommaso, andavamo a vedere il film che si proiettava nel cinema della chiesa di Santa Chiara e, all’uscita ci intrattenevamo a fare scambio delle figurine dei calciatori giocando “al muro” o “al soffio”: in pratica si poggiavano le figurine vicino al muro e si lasciavano cadere: se le stesse finivano, anche parzialmente, su altre figurine già a terra, si guadagnava l’intero mazzetto. Lo stesso avveniva con il “soffio”: si soffiava sulle figurine dei calciatori sino a farle girare nella speranza di riuscire a coprire altre figurine per vincerle tutte.
Così aveva termine, cari ragazzi, la nostra uscita domenicale. Si rientrava a casa e si aspettava il pranzo che la mamma, con tanta bravura aveva preparato. Il pomeriggio si passava a ripetere qualche compito per l’indomani a scuola o ad ascoltare, per radio, l’indimenticabile “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Queste erano le nostre “domeniche tipo” ma ve ne erano alcune che si trascorrevano in modo diverso e davvero indimenticabile, tanto che ancora oggi, il loro ricordo mi riempie di emozioni. Erano le domeniche, rare purtroppo, che trascorrevo insieme a mio padre il quale a causa del suo lavoro (era nella Polizia Stradale) la domenica quasi sempre era in servizio. Quando però era libero, la domenica mattina passavamo insieme meravigliose giornate alla villa comunale. Dovete sapere, cari ragazzi, che all’epoca la villa comunale era un pullulare di bambini che con i loro genitori passeggiavano, giocavano e trascorrevano ore felici e spensierate; la cosa più bella era poi prendere a noleggio all’interno della villa, dove ora ci sono i giochi a gettone, i calessini con i cavalli e le auto a pedali con le quali ci divertivamo un mondo a camminare per i viali alberati. Non mancavano, naturalmente patatine o pop corn. Grande fu poi la nostra gioia quando venne aperto il parco giochi nel quale potevamo dar sfogo liberamente alla nostra fantasia. Dopo la villa andavamo a comperare i dolci (le pasticcerie più gettonate erano: Cupo, il Sottozero e poi il Catalano all’angolo tra Corso Roma e Via Bari), perché la domenica a Foggia comprare “le paste” era ed è una tradizione anche se c’è una bella differenza tra ieri e oggi visto che noi dovevamo aspettare il giorno della festa per mangiarle mentre oggi, ringraziando Iddio, i dolci non mancano mai sulle nostre tavole.
Ecco, cari ragazzi, come trascorrevano, così, semplicemente, le nostre domeniche ,ma anche le altre giornate festive, in questa nostra città. Spero che leggendo queste righe si accendano nella vostra mente tantissime lampadine ognuna delle quali Vi porti a riflettere ed a fare un raffronto tra come vivevano i vostri genitori e come lo fate, oggi voi. Dal confronto tra vecchie e nuove generazioni non può non nascere qualcosa di positivo e costruttivo per il futuro che deve assolutamente vedere la rinascita di Foggia. (Salvatore Aiezza)
( ved. anche Un bimbo foggiano negli anni 70)