I cent’anni della Pia Unione di Sant’Anna (1910-2010)
Nell’anno 1579 Cola Zuccaro, un facoltoso e pio cittadino originario di Sant’Angelo Fasanella nel Cilento, e sua moglie Rosa del Vento, nobildonna di Cerignola, offrivano ai Cappuccini 1.500 ducati per la costruzione di un convento in Foggia.
I primi frati giunsero a Foggia nei primi mesi di quell’anno e trovarono provvisoria sistemazione in alcune casette fatte costruire da Cola a fianco della chiesa di Sant’Eligio.
Il nuovo convento veniva portato a compimento tre anni dopo, ma nel frattempo moriva Cola Zuccaro: sarà Rosa del Vento – “la mamma dei Cappuccini” – a continuarne l’opera benefica che si concretizzerà anche nella istituzione (1587) del “Sacro Monte di Pietà di Foggia”, …“a pro dei bisognosi, a fine potessero impegnare senz’interesse alcuno, con farne di più qualche maritaggio di povere zitelle honeste et virtuose ogn’anno, e constituire una cappellania d’una messa il giorno per l’anima propria e dei defunti suoi”.
Annessa al convento (a cui si aggiunsero in seguito una piccola infermeria e un laboratorio per la lavorazione della lana) era la chiesetta di Santa Maria delle Grazie, ma, all’atto della consacrazione, il 6 maggio del 1611, la chiesa fu dedicata a Santa Maria di Costantinopoli, plausibilmente per esaudire il desiderio dei molti abruzzesi – a quella sacra immagine particolarmente devoti – che per la Transumanza si concentravano a Foggia.
Il convento fu chiuso una prima volta nel 1811 dalle leggi eversive, per essere riaperto nel 1817; una seconda volta, e definitivamente, fu chiuso nel 1867 dallo Stato unitario con la soppressione delle comunità religiose. Venne allora adibito a caserma di cavalleria (ospitò l’XI Reggimento “Lancieri di Foggia” e successivamente un raggruppamento di artiglieria). Dopo essere stato rifugio di senza tetto nel secondo dopoguerra, negli anni ’50 era ormai ridotto ad un cumulo di macerie.
I Cappuccini fanno ritorno a Foggia intorno al 1880: esclusa la possibilità di riavere l’antica loro Casa e rimasta inevasa la richiesta (1879) alla Congregazione del Monte Calvario di costruire delle celle a ridosso della chiesa delle Croci, acquistano il 17 maggio 1882 una “palazzina che tiene avanti al frontespizio delle Croci di rimpetto a S. Eligio” di proprietà di Giuseppe Milano, duca di S. Paolo dei principi di S. Nicandro.
Il palazzo fu acquistato per 5.000 lire da Padre Donato da San Marco in Lamis e da Padre Nicola da San Nicandro Garganico e in pochi mesi, con la spesa di altre 2.400 lire, fu adattato a convento.
Era precisamente il 17 settembre 1882 quando la prima famiglia religiosa fu insediata nel convento di Sant’Anna.
In quell’anno, infatti, comincia la storia del nuovo convento, quello dedicato a Sant’Anna. E la madre della Madonna segna anche il legame tangibile e la continuità tra il vecchio convento e il nuovo: la statua di Sant’Anna, che oggi si venera nella chiesa annessa al convento, apparteneva infatti alla vecchia chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e fu riscattata all’asta per due carlini dai frati.
I Cappuccini riprendevano così il loro posto tra la gente umile del quartiere, svolgendo l’apostolato francescano ovunque ve ne fosse bisogno e il nuovo convento divenne ben presto il centro della Provincia cappuccina di Sant’Angelo. Infatti, dopo che nel 1891 venne costruita e aperta al culto (24 novembre) la chiesa di Sant’Anna, il convento venne dichiarato l’8 giugno 1892 sede del Commissario generale e quindi sede del Ministro provinciale. Il 6 maggio 1916 Mons. Bella, vescovo di Foggia, consacrò la chiesa dei Cappuccini dedicandola a Sant’Anna: era presente Padre Pio da Pietrelcina, giunto in convento il 17 febbraio di quell’anno per assistere una sua figlia spirituale, donna Raffaelina Cerase. Nel 1932, infine, Mons. Fortunato Maria Farina eresse a parrocchia la chiesa di Sant’Anna, perché meglio si provvedesse ai bisogni religiosi del popoloso quartiere.
E fu certamente un intento sociale, non disgiunto dalla necessità di creare un’associazione laicale che avesse veste giuridica e scopi “pratici” diversi dal Terz’Ordine Francescano, quello che spinse oltre vent’anni prima Padre Antonio da S. Giovanni Rotondo a costituire una Pia Unione intitolata a Sant’Anna: il verbale della prima assemblea reca la data del 18 ottobre del 1910. In quella prima convocazione vengono eletti il presidente ed i consiglieri del nuovo sodalizio; i presenti sono diciotto e, scorrendo l’elenco degli eletti, non sorprende più di tanto notare che certi nomi e cognomi sono ricorrenti e si tramandano fino ad oggi: indiretta conferma di una certa “immobilità sociale” del quartiere delle Croci, che ha conservato le caratteristiche quasi di “un paese nella città” fino ai giorni nostri.
Il 22 gennaio del 1911 viene approvato un primo statuto della Pia Unione: gli scopi sono analoghi a quelli di altri pii sodalizi sorti in quel periodo e mettono più l’accento sui fini sociali e meramente “assistenziali” dell’associazione che non – piuttosto – su quelli di culto (più specifici delle confraternite propriamente dette). Una scelta non casuale ed “obbligata” dalla legge Crispi del 1890, che regolamentava le tante istituzioni benefiche sorte soprattutto all’interno della Chiesa cattolica. Non è un caso che le uniche associazioni laicali di questo genere nate in città in questo periodo si siano costituite come Pia Unione (“San Luigi” nel 1898, “Sant’Antonio” nel 1900).
Risale al 5 febbraio 1922, invece, l’adozione di un nuovo e più particolareggiato statuto (direttore spirituale dell’epoca era Padre Raffaello da S. Giovanni Rotondo); lo statuto fu approvato tre anni dopo da Mons. Farina.
Al primo anno di vita della Pia Unione risalgono due deliberazioni che stabiliscono l’abito e il simbolo distintivo della Pia Unione: il 12 febbraio 1911 si decide che i membri del sodalizio indossino “vestito nero con guanti neri, colletti uniforme (sic)” e siano muniti di “fanali” (lampioncini) durante le processioni; il 29 maggio l’assemblea ratifica l’acquisto dalla ditta Caccioppoli di Napoli di 30 medaglioni (all’inizio sostenuti sul petto da un nastro di seta gialla, sostituito da un cordone nel 1931) raffiguranti Sant’Anna. Sei di questi medaglioni vengono lasciati in sagrestia, per futuri nuovi consociati: a quella data, dunque, la Pia Unione contava 24 membri.
Un’annotazione sull’abito, che ben chiarisce quali tempi di ristrettezze economiche si attraversassero: poiché non tutti erano in condizione di procurarsene uno, si deliberò che il direttore spirituale potesse a sua discrezione esentarne chi non poteva…
Le deliberazioni del 26 ottobre 1911 e dell’8 e 20 gennaio 1912 rivelano chiaramente la sovrapposizione tra Terz’Ordine Francescano e Pia Unione (…“si fa consapevole tutta la corporazione di prendere possesso come Terziarii Cappuccini, restando sempre come fratelli della Pia Unione.”) e definiscono gli ambiti nei quali il sodalizio opera e intende operare: l’organizzazione della festa di Sant’Anna e la costruzione di una cappella cimiteriale, per la cui realizzazione si eleggono alcuni deputati.
Il 21 febbraio 1912 si delibera di aggregare alla Pia Unione anche le “sorelle di Sant’Anna”, sempre nella prospettiva, ormai esplicita, della realizzazione della cappella: il 2 marzo 1913, infatti, si fa domanda al Municipio di acquisto del suolo.
Sempre dai verbali delle deliberazioni emerge l’esistenza di tre casse e di tre distinte contabilità: della festa di Sant’Anna, della cappella cimiteriale e della stessa Pia Unione (che si autofinanzia con le quote annuali degli aderenti e, soprattutto, con le offerte ottenute per i ceri della Candelora e per le palme).
L’impegno economico più grosso resta sempre quello della cappella, per la quale si continua a mettere da parte danaro; che non basterà, visto che il 16 agosto 1919 (da aprile 1915 ad aprile 1919 non esistono verbali a causa della Prima Guerra mondiale) la Pia Unione chiede al fratello Andrea Marasco (che acconsente) di anticipare le spese per la costruzione della cappella, che sarà pronta però solo sette anni dopo: il 2 maggio del 1926 “il segretario dichiara [pronta] la nuova cappella”.
Da quella data (e già precedentemente…) molta parte delle deliberazioni del pio sodalizio ruotano sui piccoli e grandi problemi connessi alla gestione di quell’ “ultima dimora” dei consociati, tra richieste di nuovi beneficiari e proposte di allargare il numero degli aventi diritto.
È sulla spinta delle tante istanze ed esigenze emerse che ben presto si presenta il bisogno di aumentare la disponibilità di loculi e si prospetta la soprelevazione di un piano della cappella e – successivamente – di un altro piano ancora.
Ad un certo punto risulta evidente che sulla vecchia strutttura oltre non si può insistere e si perviene alla necessità della costruzione di una nuova cappella, che verrà elevata sul finire degli anni Sessanta in una zona di nuova espansione del cimitero cittadino.
Sullo sfondo di tante difficoltà, una sola immutabile certezza, sancita dal calendario, per la Pia Unione: la festa di Sant’Anna del 26 luglio, la sua organizzazione, la raccolta delle offerte, la processione, i fuochi pirotecnici, il concerto bandistico sinfonico (progressivamente soppiantato da cantanti o gruppi di musica leggera o napoletana).È questo il vero momento topico (per quanto vada sempre più perdendo il suo carattere di eccezionalità: oggi è festa ovunque e tutti i giorni…) nel quale il quartiere delle Croci fa sintesi delle sue tradizioni e di una religiosità che si manifesta in modo forte nella devozione alla madre di Maria.
Festa popolare, “condita” dal sapore delle “ciammaruchelle” e delle “pizze fritte”, una volta attesa occasione per mostrare il vestito nuovo o la fidanzata al braccio mentre su via Cappuccini, tra il fumo delle batterie e i suoni della banda, accompagnata da un fiume di devoti, Sant’Anna avanzava preceduta dal cerimoniere della Pia Unione: per un altro anno ancora, per altri cent’anni…
(a cura di Savino Russo)
(ved. anche Le confraternite a Foggia – La festa di S.Anna)